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La Borgata Casaluccio |
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Questa immagine, scattata nel 1950 evidenzia il gruppo di case che facevano parte della Borgata Casaluccio quasi nella sua totalità. Ancora non si vedevano edifici nuovi, in cemento armato con relative solette. Tutte le abitazioni erano con il tetto a tegole, ancora ben curate e quasi del tutto abitate. La presenza dei casaluccioti era abbastanza densa. Bisogna dire che, a quell'epoca ancora le palazzine e l'asilo non erano stati costruiti e verso il torrente Maranina esisteva un piccolo e sparuto gruppo di case. Tutte le traverse e i vicoli erano pieni di bambini e ragazzini che festosamente giocavano all'esterno delle proprie abitazioni. Il vociare allegro e spensierato faceva da compagnia anche agli anziani che per la loro età non uscivano più di casa. La mattina i rumori svegliavano il borgo prima della luce dell'alba. Era un calpestìo di quadrupedi ferrati che tintinnava ciondolante, quando si scendeva qualche gradino, il belare delle capre e delle pecore spinte dai loro proprietari a lasciare le stalle per raggiungere le campagne, era tanto familiare che, se talvolta qualche vicino ritardava la partenza ci si preoccupava della sua salute. |
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Partire la mattina e ritornare la sera in gruppo era sintomo di amicizia, di rispetto se non addirittura di affetto. Capitava anche che ci si attardava qualche minuto per fare la strada in compagnia. Erano momenti di serenità collettiva, anche se la vita dura della campagna segnava fisicamente la maggior parte delle persone. A distanza di circa quaranta anni il Casaluccio mostra qualche nuova abitazione ma il nucleo originario è rimasto lì, abbandonato dai suoi abitanti nei primi anni '60, quanto moltissimi partirono in cerca di fortuna, direzione Nord, abbagliati dal miraggio del boom economico. Quasi tutti ebbero abbastanza fortuna con il lavoro, si trapiantarono a Torino, Milano e nelle grandi città. Da modesti contadini, diventarono provetti operai in fabbriche sempre più grandi, artigiani ed imprenditori. Le loro famiglie non soffrivano più la quotidiana ricerca della giornata per poter sfamare la numerosa prole. |
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E tornarono, nelle estati calde a fare i bagni sulle nostre splendide spiagge. Non più in treno, ma in macchina, sempre più comoda, sempre più veloce, sempre più costosa. Quattro settimane al massimo, il tempo di dare una sommaria pulita alla vecchia abitazione, salutare qualche amico o parente, e poi di corsa verso il mare a crogiolarsi sotto la calda protezione dell'amico sole che al Nord per quasi tutto l'anno è un opzional. E' quasi un frenetico accaparrasi il tepore, fare una scorta da portare via nelle immense e nebbiose periferie urbane, un pezzo della propria terra. Portano con loro i propri figli, i propri nipoti, orgogliosi nel loro intimo di far conoscere le proprie origini. Di far vedere loro la casa dove sono nati, le vie dove sono cresciuti, rendendosi conto che la nostalgia è l'ossigeno che li fa sopravvivere, nel loro cuore vorrebbero tornare a rivivere il proprio passato, ma non hanno il coraggio a riprendere i sacrifici e gli stenti della loro gioventù. E tornano alle fredde nebbie, che gli hanno dato il benessere. |
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