Comprendo bene la sofferenza di chi vive accanto a chi sta male e la
sofferenza di chi sta male accanto a chi vive.
Ma nessuno di noi può e sa misurare il dolore. Nessuno può entrare
nel merito dello stesso. Si tratta di un fatto molto personale e per
questo non lo si può codificare dentro una scala di valori.
Al di là di tutto non si può stabilire se e quanto sia giusto
soffrire.
A volte soffrono molti "non malati" rispetto ai "malati". Quindi,
forse, bisognerebbe chiedersi che cosa è la sofferenza.
Bisognerebbe chiedersi se un bambino soffre nei primi stadi di vita,
dopo la fusione del gamete maschile con quello femminile e durante
la divisione, quando da una cellula se ne formano due e poi molte.
I fenomeni di divisione, di distensione e di accrescimento cellulare
sono velocissimi e numerosi. Bisognerebbe chiedersi se in queste
fasi si prova dolore; bisognerebbe cercare di capire se il feto
prova gioia o sofferenza durante l'evoluzione dei propri tessuti.
E se veramente soffrisse cosa bisognerebbe fare? impedire la nascita
di nuove generazioni? Bloccare e fermare il dono della vita?
Quel bambino ancora non nato, quel feto che assomiglia ad un uomo è
una vita, è un dono di Dio che vive attimi e battiti nel momento
presente.
In ogni caso e al di là di tutto, certamente, il bambino durante il
parto prova dolore ma a nessuno è mai venuto in mente di impedire le
nascite sol perché l’affaccio alla vita è preceduto da sofferenza
sia per il piccolo che per la madre. Questo è il parto della vita
che dura nove mesi.
Vi sono altri parti che si protraggono più a lungo e che suscitano
la sensibilità di chi vive momenti di grande e comprensibile
tensione ma certamente ciò non può portare il "soggetto pensante" a
staccare una spina.
Se il parto della vita dura nove mesi e altri non sappiamo quanto,
dovremmo prendere coscienza che il “tempo” è una convenzione umana
perchè per Dio mille anni sono come un giorno ed un giorno sono come
mille anni.
Non si può annullare una vita perchè si stabilisce il limite ed il
tempo della sofferenza.
Non si può e non si deve perché, magari, la persona amata vive nella
pace e nella serenità.
E' forse troppo il dolore di chi le sta accanto. Proprio per questo,
si tende a voler mettere la parola “fine” ad una storia durata
troppo.
Ciò, spesso, si giustifica come desiderio di voler fare del bene a
chi sta male.
Bisognerebbe affermare con chiarezza, invece, che si intende
decidere per chi non può decidere; per chi vive su un letto o per
chi, come un feto, dentro il “pancione” della madre.
Entrambi sono indifesi e non c'è differenza tra quella ragazza stesa
ed intubata su un letto e quel piccolo bambino che vive dentro la
propria madre.
Per entrambi si ha la possibilità di decidere. Ad entrambi si può di
far del bene o del male.
L'importante è ricordarsi che si tratta di figli.
Eluana, spero che nessuna persona decida al posto tuo e che tu possa
riaprire gli occhi ed il cuore a questo mondo. Nulla è impossibile a
Dio.
Vincenzo Malacrinò |