FUSSATOTI RITORNATE VIRTUALMENTE ALLE VOSTRE ORIGINI"

 

DOMENICA 19 FEBBRAIO 2012

Percorso Trekking ad anello, tra uliveti e siti d’interesse storico-culturale, della collina fossatese.

  

Una tiepida giornata di sole ha accompagnato il I° percorso trekking del 2012 organizzato dall’Associazione Culturale dei Fossatesi nel Mondo che ha avuto come escursionisti un nutrito gruppo di soci e simpatizzanti del CAI sezione di Reggio Calabria, 37 persone in tutto. Gli ospiti, puntuali all’appuntamento alle ore 9.00 del mattino, erano già pronti attrezzati del necessario per affrontare la lunga passeggiata tra gli uliveti e i siti di interesse storico paesaggistico delle colline di Fossato.

La passeggiata è iniziata dall’interessante  sito di Santastasi, i partecipanti hanno ascoltato con interesse la storia dell’affresco bizantino e hanno immortalato con numerose foto le nicchie che ospitano le sacre raffigurazioni e le costruzioni circostanti quali il vecchio “trappito” il tutto ricadente sulla proprietà del Sig. Antonino Crea di Fossato che gentilmente ha consentito l’accesso ed il passaggio per raggiungere il posto.

Alle ore 9.45 è cominciato il percorso che si è snodato lungo i tornanti della strada interpoderale che dalla località “pirara papala” ha portato gli escursionisti su per Ramundino fino a Puntu d’Argento e Fasulari dopo circa 2 km di salita per passare dai 480 metri del greto della fiumara S. Elia alla cima più alta di circa 850 metri.

Lungo il percorso gli uliveti e le reti di colore verde e rosso, stese per la raccolta delle olive, hanno fatto da cornice agli incantevoli panorami di cui poteva godere la vista del gruppo di persone tra cui anche bambini ed anziani. Giunti alla vetta più alta in località Smiroddhu e prima di iniziare la discesa che porta all’abitato di S. Elena l’orizzonte del panorama si è allargato su tutte le montagne circostanti, spaziando dallo stretto di Messina verso ovest con la vista mozzafiato dell’Etna innevato, verso Sud di tutta la costa ionica reggina fino a Bova marina e verso nord est con S. Lorenzo, Roccaforte e Bova Superiore.

La vista dei centri abitati di Fossato con le sue numerose frazioni, di Montebello e Masella completava a 360 gradi la visione delle nostre splendide colline.

Attraversato l’abitato di S. Elena il gruppo raggiungeva l’imboccatura dello Stretto di Montebello con le sue alte pareti rocciose a picco sul torrente S. Elia. Risalendo il letto del torrente il gruppo ha raggiunto la località Annunziata e qui una gradita sorpresa per gli ospiti organizzata dai membri dell’Associazione, una ricca e gustosa tavola imbandita con i prodotti tipici fossatesi ha deliziato il palato di tutti. Pane ancora caldo fatto in casa, capocollo, formaggio, buccularu, curcuci, miele stottaceti vari e naturalmente frise condite con l’olio fossatese e vino a volontà magistralmente serviti dagli amici e dai soci che hanno soddisfatto l’appetito degli amici del CAI.

La colazione a “scjabbucca” è stata completata da champagne francese e spumante italiano offerto da Mario e Melina per assaporare meglio le deliziose “chiacchiere” della signora Gianna e l’immancabile caffè finale. Dopo una vista alla chiesetta patronale eretta dalla famiglia Mazzacuva nel 1742 che custodisce il quadro rappresentante l’Annunciazione.

Raggiunte le auto il gruppo ha fatto visita all’esterno del Palazzo Piromallo, “A Turri” e alla chiesa di Fossato per ammirare gli splendidi mosaici che la impreziosiscono.

Era già quasi buio quando gli amici, soddisfatti per l’accoglienza e l’ospitalità avuta sono rientrati in città, con la richiesta di organizzare altra simile escursione già dal mese prossimo.

Il presidente Mimmo Pellicanò ringrazia, Carmelo, Mimmo, Fabio, Gianni, Salvatore, Peppe, Luciano, Nino, Mario, Melina per la collaborazione e l’impegno dato ed i fornitori delle vettovaglie mangerecce.

Passeggiata Grecanica - Pensieri, Note e Riflessioni di Mimmo Principato

 

Sono salito insieme agli altri, facendo leva solo sulle mie gambe. Lungo i sentieri odori di nepitella fresca, artemisia, ruta e poi gradevoli geometrie di ortiche, fichi d'India, rovi raggrumati. Il vociare allegro e sincero di una compagnia. Dalla prima altura la fiumara nodosa si intersecava dormiente. Malgrado il mal di gola che mi tormentava sono salito in cima, il fruscio degli alberi parve a tutti una dolce carezza. Il paese si apriva largo per i nostri occhi, per un attimo da lì, da così lontano, ebbi soddisfazione nel pensare che quel paese così pieno di tradizione, di cultura, così nostro, non fosse cambiato; che ci fossero le stesse cose di sempre, gli stessi suoni, gli stessi rumori, gli stessi odori. Poi ho guardato l'opera dell'uomo, le zozzure industriali e quel ricordo è scoppiato come bolla di sapone. Mi ridesto dal sogno. Un amico tira un sigaro ammezzato dalla giacca, il gesto mi ricorda molto il Guevara medico, non è un cubano è forse un più semplice ma non meno ricco toscano. Il rumore delle scarpe sulla terra mi ha rimandato all'epoca dei "barbudos" castristi, alle altre marce di meno fortunate soldatesche: qualcuno fuggì dai lager di Berlino e arrivò in paese a piedi. Al Guevara piacevano molto questo genere di uscite, appuntava tutto sul suo taccuino accompagnato dalla più intellettuale pipa dalle quale non si separava mai. La prossima volta anch'io mi ricorderò di portare un taccuino e una matita e al limite una pipa assai più romantica della volgare sigaretta che ora fumo sulla salita. L'amico del sigaro, nonché architetto Salvo Cuzzucoli mi fa una battuta alla Vincenzo Granado, mi ricorda che al mondo la nota filosofia fossatese insegnò le tre categorie dei fessi: quelli che fanno le minzioni contro vento, coloro che danno da bere agli asini che non hanno sete ed infine quelli che fumano in salita. Lo guardo e cerco di rispondere sincero alla bella provocazione ironica: la salita è solo un'apparenza se volti le spalle e cammini all'indietro diventa discesa. Aspettiamo un amico, per rifiatare un poco, vogliamo vedere se anche lui come noi è sfatto allo stesso modo, invece arriva sfregandosi le mani fresco come le rose di maggio, lo complimentiamo, ammette sorridente di avere anche fumato una sigaretta, purtroppo anche lui in salita. Risate generali. Il nostro occhio cade sulle erbe di campagna quelle commestibili, molto buone, mangiate di gusto da parte mia quando ero bambino e addirittura gradite. Ascolto i ricettacoli dell'architetto che mi pare persona esperta nell'arte culinaria delle nostre tradizioni. Ricette di cucina povera, che in pochi ora conoscono forse perché non più tramandate o forse perché non più gradite ai palati raffinati della cucina moderna. Perdiamo infine il nostro occhio nel classico equilibrio del volo di un falco alto sopra le nostre teste, lo guardiamo stupefatti osservandone l'apertura alare e la sua dinamica scocca, progetto forse di un più abile ingegnere: ditelo Dio, ditelo natura, ditelo evoluzione della specie: risultato è sempre quello. Continuo a ragionare sulla battuta che mi aveva detto qualche ora prima, di gente che (a valle da dove or mi trovo) ha fatto minzioni contro vento non perdo neppure il tempo di contarle perché troppe sarebbero, per loro, io spero ci sia stata, una specie di contrappasso apocalittico: inesorabilmente impiccati a testa in giù, incappiati dall'organo da cui fanno minzione; per una volta si bagneranno solo loro. Di gente che diede da bere agli asini che non avevano sete, se mi guardo intorno ne posso riconoscere alcuni volti, a loro concedo un sommesso purgatorio: potevano perseverare, ma risaputo è che quando l'asino non vuol bere inutile il fischio del padrone, non so ben dire se abbiano ceduto o se siano stati piuttosto intelligenti. Chi fuma in salita o è un nichilista o non ne può proprio fare a meno e se non può farne a meno e perché sopporta fin troppo. L'ingegnere Macheda ci viene in soccorso ad offrirci dei baci perugina, non sia mai che ci calino gli zuccheri. Il giochino delle frasi intorno ai baci ci fa tornare bimbi e iniziamo a leggere tranne l'ingegnere che non si sa come abbia fatto il suo bacio non aveva massima nemmeno un prestampato da compilare, forse gli arriverà via email. Continuiamo a scherzare all'ombra degli ulivi poco lontano da una "nizza" di finocchio selvatico cerchiamo di essere seri e continuiamo a camminare: arriviamo a dei ruderi, rimaniamo a bocca aperta: sappiamo dentro di noi che sono le vestigia degli antichi padri, che abbiamo dimenticato in troppi. Non so proprio dirmi se siamo noi la civiltà o se fossero piuttosto loro i popoli civili che quelle case le avevano abitate. Si discute del maledettissimo 1860 dico qualcosa ma preferisco rilassarmi arrivati lungo il crinale più alto vediamo la Sicilia e l'Etna innevati, stupore generale, sembra un'unica nazione da Napoli a Palermo e par che il mare non ci separi. Mi chiedo perché i vespri del popolo di Sicilia non siano più di moda e pur ne avremmo bisogno. Arrivati alla roccia di Sant'Elena il paesaggio sembra surreale, sembra di non essere più in Calabria ma sui monti delle Ande, Pentidattilo sembra invece il pan di zucchero. Da lì si vede il mare la roccia di Sant'Elena è un enorme mammella erosa e scavata, l'antico la volle depositaria della mitica gallina dalle uova d'oro: l'antico digiuno sei mesi all'anno ne andava in cerca oggi è quasi sconosciuta. A noi piace pensare che quella gallina ancor si nasconda. Mi siedo, osservo e penso alla filastrocca degli occitani di Ferretti, Fossato è già dietro sotto di noi si alza Montebello. Penso alla strage degli Alberti e a quella dei Mazzacuva stragi fatte per amore e per morte "di lato al mio crinale, da cui si vede il mare d'autunno in primavera con il tramonto sale l'odore degli orti,  il suono delle corti un gusto di equilibrio, di misura“mezura” che non dura, s’intristisce la sera tra echi di dolore e canti di preghiera: è l’Occitania, che ancora si dispera. Occitania: le donne, i cavalieri, i trovatori i Catari, le corti d’amore. OCCITANS tous OCCIS La notte inghiotte la sera, sfiora la rosa, sfiora la lavanda il giglio di Lorena con la croce di Roma qui massacra e comanda: non s’osi vivere, se non in penitenza ubbidienza indulgenza. Guai alle donne che devono servire, partorire in dolore, guai a chi le difende e guai, guai a chi si arrende. Monsegur anno 1244.

OCCITANS tous OCCIS al rogo gli occitani: vecchi donne bambini vivi morti feriti, malati e sani. Al rogo gli Occitani! e ancora gli par poco: se ne infanga la memoria, sbagliando la materia. Il fango si fa terra, germoglia e fiorisce la storia, la notte inghiotte la sera: sfiora la rosa, inacidisce il miele le donne d’Israele s’intristiscono in lor cuore sanno che va male, va male a peggiorare sanno di già che diaspora diventa shoah. I forni crematori sono il progresso dei roghi. I forni crematori sono il progresso dei roghi."  

Noi aggiungiamo che l'oblio è il progresso delle fosse comuni. Se a Occitania mettete Grecania nulla cambia. lì seduto mi vengono in mente scene del film "I cento passi", il monologo di Impastato sulla bellezza, il lancio della pietra lungo i tre spuntoni di roccia in Baaria di Tornatore. Alla fine dopo i lauti pasti e i sensi molli per il buon vino si fa sera. Palazzo Piromallo ci vede stanchi ma felici qualcuno domanda "si può entrare?" "No, oggi no!". Finiamola così, con le spirali di fumo di un architetto che ci avvolgono la faccia e con i nostri occhi muti su una facciata barocca non ancora uccisa del tempo. Una note di colore: "Ma il ferro di cavallo trovato lo mettiamo nella sede, vero?!"

 

Da "La Gazzetta del Sud"