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I masculedhi nd'hannu u vilenu
Nel mese di gennaio (2004), in casa di un comune amico, incontro una
mia coetanea, nata, cresciuta e residente in Francia : Costa Azzurra,
figlia di emigrati italiani ed alcuni compagni d'infanzia.
Ci eravamo conosciuti, ancora bambini, quando, poco prima della guerra
(1940/45 ) e subito dopo, ogni anno, in estate, lei veniva a passare qualche
mese di vacanze con i vecchi nonni: periodi lunghi talvolta anche di tre
mesi. Le difficoltà del viaggio, 36 ore da Ventimiglia a Reggio,
le relative spese, la possibilità di vivere bene all'aria aperta
in campagna, di alimentarsi con cibi genuini.
Avevamo giocato insieme con la semplicità e l'ingenuità
degli anni nostri, ma, poi, gli studi, il lavoro e le attività
della vita hanno dilatato i periodi delle sue visite e…, la morte dei
suoi nonni… e, gli impegni personali di lavoro … E, questa ragazzina,
biondiccia, un po’ slavata, occhi celesti, magrissima non l'ho più
rivista.
Insomma non ci vedevamo da circa 50 anni. E' stato bello riabbracciarsi
dopo 50 anni con la spontaneità e la semplicità dell'infanzia.
Naturalmente, dopo qualche lacrima di commozione si da la stura al vaso
dei ricordi : quegli amici che ci hanno già preceduto e riposano
in pace, quelli che, in salute, stanno peggio di noi e noi.
Lei è bisnonna di tre bis nipoti; ha insegnato in un liceo per
circa 40 anni, lingua e letteratura italiana; suo marito (anche lui figlio
di emigrati dal Sud Italia) è stato Ingegnere, imprenditore edile,
ma da qualche anno anche lui…al riposo eterno, per un brutto male al fegato.
Da qualche tempo ha acquistato un appartamentino in questo paesino di
mare e, di solito, viene a passare i mesi freddi dell'inverno e quelli
eccessivamente caldi dell'estate in compagnia - in estate - delle nipoti
ancora impegnate negli studi; ma, d'inverno, è quasi sempre sola.
Si trova bene, ha molte amicizie, frequenta la Chiesa… Non è facile
frenare la corale urgenza dei ricordi d'infanzia.
Si cerca di ricostruire a pennellate di colori sfocati, ma vivi, quell'ambiente,
fisico ed affettivo, di ricercare quei momenti di allegra spensieratezza,
nonostante la guerra e le difficoltà: i nonni, gli amici, i giochi,
i primi studi elementari, la sua erre moscia alla francese; ognuno aggiunge
un particolare ricordo.
E lei ricorda:
Una sua bis nonna che viveva, in casa della nonna: vecchissima, senza
denti, con i pochi capelli bianco lanosi, con una corona in mano biascicava
delle preghiere in dialetto: "peccato non ricordarle, e non averle
trascritte allora"
Questa bis nonna era sempre prodiga di consigli e, spesso anche di rimbrotti
per tutti: sapeva di tutto o, le si dava la possibilità di esprimersi
su tutto: rispetto assoluto per i vecchi ! Ma era sempre uno stampo antico,
di una mentalità superata, di una…cultura tradizionale…
La bambina passava intere giornate in sua compagnia. Si, perché
ancora non è chiaro (anche a lei) se la portavano in Italia per
tenere compagnia alla bis nonna, almeno durante l'estate, quando tuta
la forza lavorativa, nonni compresi, era impegnata nei lavori di campagna,
o se, invece, come le si faceva credere, per passare un periodo di vacanze.
Avevamo fatto masnada con tutti i ragazzi del rione: facevamo, ancora
l'età ce lo consentiva, dei giochi idonei sia alle bambine che
ai maschietti. I vecchi ci tenevano a bada e ci rammentavano non solo
le ore del pranzo, della merenda, ma anche quelle della preghiera: alla
squilla del mezzogiorno, e a quella dell'Ave Maria.
Mah! La bis nonna….voleva tenere la bambina sempre a portata del suo
occhio, per eventuali impellenti sue (della vecchia) necessità
ma anche per sorvegliare, questo era anche il suo precipuo compito, diceva
le sue (della bambina) azioni.
Ad ogni richiamo, invito del gruppo, la bis nonna inventava una necessità
o un'occasione che impedisse alla bambina di allontanarsi, di partecipare
ai giochi comuni con gli altri ragazzini della sua età.
Eh, la vecchia sapeva distinguere e bene! Se la voce di richiamo era
vicina, lontana, di Maria, di Giovanna, di Caterina…e, se invece era di
un ragazzino a dar di voce.
Voleva assolutamente, impedire alla pro nipotina di partecipare a giochi
promiscui, di trovarsi con i maschietti, di parlar con loro, di gioire
di semplicità, così come tutte le altre, con loro e, ne
inventava di tutti i colori per impedirle… fino a quando, un giorno, assolte
tutte le incombenze, non avendo altre risorse, usò la frase (scolpita
a grossi caratteri nella mente e negli affetti di questa anziana signora,
ora bis nonna) "i masculeddi nd'hannu un vilenu";
e, lo disse con tale atteggiamento e tono di voce da produrre intanto,
e immediatamente, l'obbedienza, ma anche la curiosità di sapere
cos'era "u vilenu" dei ragazzini (coetanei) italiani e perché
quelli francesi non lo avevano o non era tanto pericoloso sapere che potessero
averlo!
Certamente non capivo il linguaggio, anche se comprendevo perfettamente
le parole, della vecchia. Mi rammarica pensare che né i nonni,
né le zie, ai quali mi sono rivolta per chiedere spiegazioni abbiano
saputo, o, voluto, essermi di aiuto …
Ancora oggi, circa sessant'anni dopo, questa signora, ora anche lei bis
nonna, si domanda e lo chiede anche a noi (eravamo presenti una mezza
dozzina tra donne e uomini: una bella piccola rimpatriata) quale fosse
il vero significato di "i masculeddi nd'hannu u vilenu", visto
che lei educatrice, mamma, nonna, bis nonna, non è ancora riuscita
a capirlo.
"Forma mentis", cultura, atteggiamenti ipocriti, ignoranza
producevano quel che producevano …. con le conseguenze che, anche ora
è difficile immaginare, sia sul sistema educativo che su chi recepiva
queste formali ipotesi di segregazione sessuali….
Eravamo negli anni a tra il 1937 ed il 1947: dai tre ai tredici anni!
Eh!, siamo sopravvissuti anche a ben altre difficoltà! … giungendo
a superare anche gli attuali…oltre … i settanta!
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