FOSSATO IONICO 8 NOVEMBRE 2017 LA COMUNITA' FOSSATESE RICORDA IL DR. GIUSEPPE GULLI' VITTIMA INNOCENTE DELLA MAFIA
Era il 21 febbraio del 1980. Giuseppe Gullì aveva 62 anni, viveva a Fossato ed era il farmacista di Montebello Ionico. Era sposato con Maria Sapone e la coppia aveva tre figli: Paolo, 30 anni medico a Pavia; Domenica, 27 anni, che aveva seguito le orme del padre diventando farmacista; e la più piccola, Natalia, di 16 anni, che era ancora studentessa liceale in un collegio a Messina. Negli ultimi tempi accusava dei disturbi cardiaci e perciò era in cura da uno specialista. A parte questo, conduceva un’esistenza tranquilla tra la sua Fossato e Montebello, dove gestiva la farmacia insieme alla figlia. Professionista conosciuto e stimato, non solo in paese, anche per le sue doti umane.
Fervente cattolico, ha anche partecipato
attivamente, quale esponente di spicco della
Democrazia Cristiana, alla vita politica del
territorio comunale fino alla fine degli anni ’60.
Gli anni ‘80 erano gli anni bui dei sequestri di
persona e la tranquillità dei professionisti reggini
era relativa, la categoria dei farmacisti in
particolare stava già pagando un pesante tributo.
La sera di quel
giovedì 21 febbraio 1980, il dottore Giuseppe Gullì
stava rientrando a Fossato. Nel pomeriggio era stato
in contrada Sant’Elia dove aveva partecipato al
funerale di un’amica di famiglia ed era ormai a un
paio di chilometri da casa subito dopo l’abitato di
Montebello, quando è stato intercettato da un
commando formato da quattro sequestratori armati di
fucili a canne mozze e pistole, a bordo di un
pulmino rubato.
Secondo la
ricostruzione, uno dei banditi ha aperto il fuoco
contro l’auto del farmacista colpendo la portiera
posteriore e costringendolo così a fermarsi. A quel
punto si sono avvicinati all’auto e lo hanno
costretto a seguirli, caricandolo sul pulmino
bianco. I sequestratori hanno così ripreso la fuga
risalendo rapidamente la montagna attraverso i piani
di Embrisi, portando con loro Gullì legato e
imbavagliato, forse narcotizzato. Il professionista
ha opposto una disperata resistenza, perdendo nella
colluttazione gli occhiali e il cappello, ritrovati
a terra vicino alla sua auto.
Chi ha percorso la strada per Fossato dopo
l’accaduto non ha potuto fare a meno di notare
l’auto di Gullì abbandonata in mezzo alla
carreggiata, un colpo di pistola nella portiera, lo
sportello rimasto aperto e il cappello per terra.
Difficile non intuire cosa fosse successo, immediato
l’allarme alla famiglia e ai carabinieri che hanno
fatto scattare i posti di blocco, senza riuscire ad
intercettare il pulmino dei sequestratori.
Dalle prime ricerche non è emersa nessuna traccia
del dottore Gullì, nel frattempo è arrivata invece
una prima telefonata con una richiesta di un
miliardo di lire come riscatto. Alla prima
telefonata sono seguiti altri contatti, con lettere
e foto del sequestrato e, pochi giorni prima di
Pasqua, una lettera a firma dello stesso Giuseppe
Gullì in cui si dichiarava “prigioniero di un gruppo
di terroristi dell’ultrasinistra”. La pista politica
non è apparsa tuttavia convincente per gli
investigatori che l’hanno subito interpretata come
un tentativo di depistaggio.
A inizio maggio è
arrivata la svolta sulle indagini con l’arresto di
Caterina Corse, fermata con l’accusa di aver fatto
le telefonate per le richieste di riscatto. Da
allora si sono susseguiti gli arresti (per concorso
in sequestro di persona e favoreggiamento) di
numerosi esponenti della banda che è risultata
capeggiata dal super latitante di Gallico Domenico
Martino, coinvolta anche la cosca Rodà di Condofuri.
Ha avuto inizio il processo, le accuse reciproche
tra gli imputati, mentre continuavano le ricerche
del luogo dove era imprigionato Gullì. Si
moltiplicavano gli appelli per la liberazione
dell’ostaggio, le ricerche continuavano, ma senza
esito e più il tempo passava, più aumentava la
preoccupazione per la vita di Giuseppe Gullì, anche
a causa delle sue condizioni di salute.
Il processo nei
confronti di tutti gli imputati si è concluso nel
1987 con 8 condanne definitive tra le quali quelle
del boss Domenico Martino, di Tommaso e Domenico
Rodà e della telefonista Caterina Olga Corse.
Giuseppe Gullì non ha mai fatto ritorno a casa.
 
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