"FUSSATOTI" RITORNATE VIRTUALMENTE ALLE VOSTRE ORIGINI"

PERSONAGGI FOSSATESI

La storia di Fossato è stata scritta nel bene e nel male con il passare degli anni da gente comune, contadini, braccianti, qualche professionista, qualche insegnante comunque attori diretti ed indiretti della evoluzione economica, sociale e culturale del paese stesso. Per quanto la mia memoria ricordi, senza fare torto a nessuno per gli anni che vanno dagli anni 40 agli anni 70 i personaggi famosi secondo un mio modesto giudizio sono:

  Paolo Scaramozzino (Calenda) Domenico Minniti (Micu u Lupu) Donna Marianna Priolo

Nucera Cristina (A Signurina)

   

 

Paolo Scaramozzino (Cumpari Paulu Calenda) 

Cumpari Paulu Scaramozzino, inteso “Calenda”, ebbe assegnata la casa popolare alla fine degli anni ’50. E così la numerosa tribù (clicca qui per le vedere foto) a stento trovò sistemazione nell’alloggio di piccole dimensioni delle Palazzine.

Don Paulu aveva sempre il sorriso sulle labbra, caratteristica ereditata dai suoi numerosi figli. Faceva il mestiere di “sceccaru”. Comprava e rivendeva asini, muli e qualche cavallo. Vicino alla sua casa aveva impiantato la “Concessionaria”. I quadrupedi allora erano molto richiesti in paese sia come mezzo di locomozione che come mezzo di trasporto. Oltre agli animali vendeva anche le attrezzature necessarie: barde, cinghie, petturali, suttapanza, capizzi e capizzuni,  Aveva attrezzato anche una fornita forgia per la ferratura e i ferri li faceva di persona sagomando il metallo arroventato.

 I figli maschi fin da piccoli collaboravano con il padre. A turno quasi tutti incorrevano in cadute rovinose mentre allenavano e facevano  la manutenzione dei mezzi con conseguenti fratture ed escoriazioni.

In un passato lontano, per la festa della Madonna del Buon Consiglio, si organizzavano le corse di scecchi, dei muli e dei cavalli. La partenza era nella fiumara sotto il Serro e l’arrivo in Piazza Municipio. Inutile dire che quasi sempre i vincitori delle varie categorie e cilindrate erano i suoi giovani figli.

Da bambino e poi ancora da giovane, quando incontravo don Paulu e mi fermavo a salutarlo, ricordo la sua cordialità e l’interessamento che manifestava, con l’eterno sorriso sulle labbra. Per portare avanti la prole si dava anche da fare con il commercio delle olive con i “coccialori”, una volta che era finita la rimazzatura, e con l’olio all’ingrosso che rivendeva al dettaglio a clienti forestieri.

Il commercio degli equini comunque restò  sempre la principale attività di don Paulu. Non a caso in seguito due dei suoi figli sono diventati rivenditori di automobili, naturale evoluzione del mestiere paterno: sempre di mezzi di locomozione e trasporto si tratta! 

Cumpari Paolo Scaramuzzino

 

Minniti Domenico ( Micu u Lupu) 

Uno dei primi autisti del Cavaliere Tripodi, “U Bossu”, concessionario del servizio di trasporto pubblico tra Fossato e Reggio, fu cumpari Micu Minniti, detto “U Lupu”. Abitava al Casaluccio, esattamente “O cunduttu”. Aveva sposato donna Catina Vigliarolo, originaria della Piana. Militare in Africa con tanti altri amici e paesani, fece ritorno a casa trascinandosi dietro un’automobile che riparava lungo il fortunoso tragitto con i più strani mezzi di fortuna. Oltre che esercitare il mestiere meccanico/autista, aveva anche una vacca da latte, una mula e poi una cavalla.

 Era un ottimo meccanico e guidava il famoso e mitico Lupo del fiume(cliccare qui per vedere la mitica foto mentre guada lo Stretto di Montebello) tra Fossato e Montebello e l'altra al capolinea del Casaluccio. Allora  la strada non arrivava al paese e il viaggio si faceva lungo la fiumara e attraverso lo stretto. Dal “Dodge”si trasbordava sul pulmann che faceva capolinea al ponte di Montebello. Tantissime volte, con Cumpari Carmelu u Biglittaiu, suo compagno di lavoro e avventure, traghettava la fiumara in piena con i paesani che andavano a Reggio o a Melito. Senza la benchè minima paura, almeno non la faceva trasparire per dare sicurezza ai viaggiatori, affrontava i marosi della fiumara in piena, saltando all’occorrenza anche le timpe alla guida del vecchio residuato bellico  a tre assi con trazione integrale. Tante volte l’acqua della fiumara arrivava oltre le ruote all’altezza delle sponde.

U Lupu aveva prima comprato una seicento e poi una millecento TV con le quali si era dato al mestiere di autista di piazza. Viaggi in città, a Gambarie e alla Madonna della Montagna e qualche volta corse veloci verso l’ospedale a ricoverare con urgenza paesani colti da malore improvviso.

Con il mozzone di Nazionale tra le labbra, la voce impastata e gli occhi chiari semi chiusi, quasi come ad allontanare il sonno che lo attanagliava. Provetto giocatore di scopa, la sera lo si vedeva quasi sempre al bar di Ngeniu Tripodi a sfidare l’eterno rivale don Carmelo Scaramozzino, ”Bumba”, per una sola bottiglia di birra fino a notte avanzata.

 

Domenico Minniti

Donna Marianna Priolo

 A Fossato non c’è stato mai  albergo o ristorante perchè rarissime volte capitavano forestieri che si fermavano a mangiare e a dormire. Però c’era la locanda di donna Marianna che faceva anche da pensione.

 Nel 1947 iniziò il servizio di trasporto passeggeri diretti a Reggio. Per un po’ di tempo le corse giornaliere degli autobus erano solamente due; poi con il passare degli anni, aumentarono in considerazione dell’aumentato traffico. Incominciarono a viaggiare i primi studenti. Le corse giornaliere diventarono tante. Quella delle sei di mattina addirittura si faceva con due autobus per l’elevato numero di passaggeri. Di conseguenza aumentò il personale della Ditta Tripodi. Non tutti i dipendenti erano di Fossato. Alcuni autisti erano di Motta, Lazzaro, S. Lorenzo e finito il servizio pernottavano e mangiavano a Fossato per ripartire presto la mattina successiva. Per questo la locanda di donna Marianna Priolo si sviluppò fino ad avere cinque posti letto e da posto dove dormire divenne anche posto dove mangiare. La donna cucinava per gli autisti e utilizzava  prodotti locali. Ottimi i  minestroni di verdura e fagioli, pasta asciutta a volontà, ma la carne era un piatto costoso e e raro. Qualche gallina vecchia per fare il bollito e utilizzare anche il brodo, qualche coniglio. La carne, in pochissime occasioni, era di capra o di pecora. Allora le macellerie  fossatesi non vendevano che quella. Per i vecchi la carne bovina “puzzava”.

Donna Marianna era una donna robusta, portava i capelli raccolti a “tuppu” sulla nuca e, se non ricordo male, aveva anche un grosso neo sulla guancia destra. Con la sua locanda acquisì notorietà, non solo a Fossato, ma anche nei paesi vicini. Quasi certamente negli anni ’60, quando ancora la macchina era un lusso, ospitò anche cacciatori che, giunti in paese con l’ultimo autobus la sera verso le ore 8, pernottavano e mangiavano per poi alzarsi il mattino di buon’ora e recarsi ai “passi” delle marbizze per occupare i posti migliori. La sua locanda si trovava all’inizio della Filanda, subito a destra in una piccola e buia vinedha che mai vide la luce del sole.

 

La Signora Cristina Nucera 

Chiamata da tutti “a Signurina” per doveroso rispetto al casato cui apparteneva. Era la mamma dei medici  Antonio e Francesco Gullì. Originaria di Gallicianò, finchè visse parlava con forte accento gallicianotu. Aveva sposato molto giovane il don Nicola Gullì, detto “U Farmacista” perchè aveva il brevetto di speziale e con le erbe officinali presenti nel territorio fossatese preparava ogni tipo di rimedio per qualsiasi malore. A Signurina imparò presto il mestiere del marito e si adattò alla preparazione di ‘mprasti, sinapi e cataprasmi, misture di erbe e decotti che vendeva ai paesani. Non c’era scavigghjatura, slogatura, infiammazione, mulingiana, scottatura, flussione, focu di santantoni, mal di pancia, doglia colica, matruni, sgargiatina, puntura di zecca, lapa o scalambra a cui non trovava rimedio con l’erba adatta.

Mi permettete un piccolo ricordo personale? Quando avevo circa sei anni, come tanti altri bambini presi “u maulà”, ovvero in lingua italiana, gli orecchioni, con febbre altissima e tosse. Donna Cristina preparò con fichi secchi, noci, mandorle e scorcia di rangiu un portentoso sciroppo, a dire il vero dal gusto molto dolce, che nel giro di pochissimo tempo fece sparire la tosse e la febbre ed attenuare il rigonfiamento delle parotidi, le ghiandole ingrossate.

Vicino alla sua abitazione alla Torre c’era anche una brigattiera, dove allevava il baco da seta. Negli ultimi  anni di vita, ogni volta che mi vedeva - abitavo lì vicino - mi diceva affettuosamente:

“Ledhu, veniti accà mi viu si crisciti bonu o si ‘ndaviti bisognu di sciroppu ricostituenti.”

Fino a parecchi anni fa il passaggio attraverso il piazzale della Torre era consentito solo a poche famiglie che andavano negli orti di Pampogna. La sera i grossi cancelli venivano chiusi e non di rado provvedeva la Signurina stessa serrando i robusti battenti in ferro e lamiera con grossi catenacci e catene. Lei era la sola custode delle chiavi. Nel suo pollaio da bambino vidi per la prima volta i tacchini che chiamavamo genericamente “nnuzzi”

La Signorina Cristina Nucera

 

 


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