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(foto di N.
Battaglia)
In anteprima la foto
inviata dall'amico Nato Battaglia che con tempestività ha immortalato la
nuova struttura edificata a difesa del
sito del famoso affresco di Santastasi. Ne do notizia con grande
soddisfazione, finalmente dopo lunghissimi anni, qualcosa si è mosso,
almeno il prezioso manufatto sarà preservato dalle intemperie e potrà
avere ancora vita lunga.
Come si vede dalle foto
l'area archeologica, donata in comodato d'uso gratuito dall'attuale
proprietario Sig. Antonino Crea all'Amministrazione Comunale, si estende
per circa 100 mq., delimitata da una rete metallica ancora provvisoria.
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Il sito
archeologico è facilmente raggiungibile. Lungo la Fiumara San
Pietro, poco dopo (circa 150 metri) la confluenza delle fiumare
del "Loco" e quella di "Virgo", sulla sinistra della fiumara,
una stradina in terra battuta abbastanza agibile dopo qualche
centinaio di metri conduce ad una radura olivetata, da lontano
si scorge la vecchia costruzione del frantoio. |
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si vede dalle foto
l'area archeologica si estende per circa 100 mq., delimitata da
una rete metallica ancora provvisoria. La costruzione della
piccola chiesetta, lunga quasi 8 metri e larga circa quattro
risalirebbe secondo gli esperti a circa l'anno 1000, epoca in
cui tanti monaci eremiti, provenienti dalla Grecia e dalla
Turchia, trovarono rifugio e luogo di meditazione nelle nostre
terre. La parte absidale è formata da tre nicchie, due laterali
di circa 50 cm. di larghezza per un'altezza di 130 cm. e quella
centrale di circa 110 cm. di larghezza e circa 150 cm. di
altezza. Nelle due nicchie laterali sono presenti ed ancora ben
visibili tracce di affreschi rappresentanti figure maschili,
presumibilmente
icone di santi del culto orientale bizantino
portato dai monaci basiliani. Una tettoia in tegole rosse,
sostenuta da quattro centine in ferro, preserva dalla pioggia
tutto il rudere.
L'affresco di
destra, quello meglio conservato, con l'immagine di S. Anastasio
o di un Cristo Pantacratore, ha dimensioni dipinte di circa
35x45 cm. così come conservatosi nel tempo nella parte superiore
della parete leggermente concava. La nicchia di sinistra in
condizioni molto precarie, fa intravedere solo la figura
stilizzata in linee curve che partono dalla base fino alla
sommità della stessa. Nella nicchia centrale, quella più
rovinata, restano solo pochi indizi di una volta celeste
costellata di piccole stelline bianche. La parte verso il basso
crollata è stata ricostruita alla meglio con materiali reperiti
sul posto, pietre dello stesso tipo e colore di tutta la
costruzione.
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Alle spalle
dell'edicola i ruderi un vecchio "Trappitu" all'interno del
quale sono presenti, coperti dalla ruggine alcuni vecchi
macchinari: una pressa a vite azionata dalle braccia dei "Trappitari",
una vite senza fine sempre in ferro e delle ruote in pietra
bianca in posizione verticale adibite a macina, anzi ad elemento
schiacciatore, se si può definire così, sopra un supporto in
muratura "schedha". Le ruote fissate su un asse centrale fatto
girare a trazione animale, una vacca, un asino o un mulo, con il
loro movimento roto/traslatorio schiacciavano le olive con il
loro peso, poi il pastaccio inserito in contenitori circolari
fatti di corda grezza "Le sporte" veniva pressato a forza di
braccia facendo ruotare una piattaforma metallica circolare su
di un perno a vite "la Pressa" che comprimeva il pastaccio, da
cui fuoriusciva olio e morchia "Murga" che poi per decantazione
veniva separato. L'olio con peso specifico minore di quello
dell'acqua, restava nella parte alta dei contenitori "tinedhi" e
facilmente travasato nei "bumbuluni" con il "micagno, misura di
capacità di circa due litri e mezzo.
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