"FUSSATOTI RITORNATE VIRTUALMENTE ALLE VOSTRE ORIGINI"  

 

Si racconta che .....

In questa pagina sono pubblicate le testimonianze di nostri paesani che hanno sentito raccontare dai loro genitori, dai loro nonni, dalle persone anziane del paese di "fatti" più o meno veri della storia di Fossato

Giuseppe Musolino La vite di Calabria
   

Carissimo,

ho letto la storia del signor Giuseppe Musolino. Che riposi in pace. E questa è la mia versione.

Mi hanno sempre raccontato i miei nonni e i miei genitori che veniva chiamato “bandito”. Forse non era così. Si sbagliavano, secondo il mio racconto e secondo la storia che ho letto quando ero piccolo nel libro che avevo comprato.

Quel libro in seguito l’ho perso, ma per fortuna poi ho recuperato una copia di un altro libro di storia  che un caro amico, di cui per educazione e per riservatezza non posso rivelare il nome, mi ha fatto avere.

Voi me lo salutate, che sapete di chi si tratta.

Un saluto a voi tutti dal vostro amico Carmelo.

La storia si svolge nel modo che segue.

Un giorno nelle nostre montagne, che tanto  ricordo e dove  ho passato la mia  prima infanzia, si trovò a passare un uomo. Quello stesso giorno domandò a mio zio se poteva stare con lui qualche tempo. La quale gli dissero mio nonno Annunziato Scaramuzzino e mio zio Giuseppe  che poteva restare con loro in montagna nel posto dove stava mio zio con gli animali. Che anticamente si stava in montagna. Ma mio nonno gli disse che doveva andare a casa per portare da mangiare. Allora Giuseppe Musolino prudentemente si nascose per propria sicurezza, per appurare se quando arrivava mio nonno non arrivavano anche  i carabinieri. Quando vide che non arrivarono i carabinieri, si fece vedere e restò bastante tempo con i miei nonni e mio zio Giuseppe.  Quando Giuseppe Musolino decise di partire, chiese a mio nonno: “Quanto vi devo pagare?” Il nonno gli rispose: “Non mi dovete pagare niente, solo volevo sapere una cosa: come vi chiamate?” Allora lui rispose: “Mi chiamo Giuseppe Musolino, il nominato Bandito.” Gli strinse la mano e se ne andò per il suo cammino.
Così termina la storia di mio nonno e della famiglia con Giuseppe Musolino, che resterà sempre nei nostri ricordi. La storia, come sapete, è lunga e ingiusta. Alla fine della sua vita Musolino si fece ricoverare perché non voleva più creare dei problemi a nessuno. Ma si può dire che veramente è morto per difendere la libertà. Perché quando si poteva trasferire in America non l’ha fatto e pertanto ha voluto  prima difendere la sua innocenza.

Racconto del ricordo di una storia vera.

Carmelo dalla Spagna  

P.S. Carissimo Domenico, se puoi pubblicare questa storia lo farai per tutti noi che ci ricordiamo di un caro amico che si può dire che è morto per difendere una forma di lotta continua e di giustizia e libertà. Grazie.

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  Giuseppe Musolino

LA VITE DI CALABRIA 

A noi bambini contava il nonno - e accanto al focolare di pietra aveva il fiaschetto del vino - che ci fu in Calabria un tempo remoto in cui la vite si coltivava solamente per bellezza. La piantavano per le donne ed esse si adornavano con i tralci, abbellivano i muri delle case vecchie, impergolavano i cortili e ombreggiavano gli scoverti. Era una pianta che non dava frutti e non fioriva e i contadini la relegavano nei terreni aridi e secchi, ai margini dei coltivi. Ma albero che non dà frutto taglialo dal piede. Con gli anni le viti si ridussero sempre più fin quando in tutta la Calabria ne rimase una e una soltanto. Venne la primavera ed era tutto un trionfo d’erba, di foglie e fiori. Il contadino decise di tagliarla perchè le foglie della vite davano ombra ai seminati. Lo disse alla moglie che, memore della gioventù quando con le amiche si ornava di tralci il petto e i capelli, lo pregò di risparmiarla.

“Non la taglio“ le rispose. “Ma la poterò in modo da farla diventare piccolissima e limitare il danno. Il più possibile.”

Così disse e così fece. Cominciò a potarla e alla fine rimase della pianta soltanto un ramo corto e nudo. La vite pianse, pianse tanto che le sue lacrime impantanarono la terra attorno e un risignolo, che si era avvicinato a bere, si impietosì della sua sorte.

“Non piangere” le disse. “Io canterò per te fino a quando le stelle del cielo non si muoveranno a compassione.”

Quella stessa notte volò fino alla pianta. Con le zampette si afferrò al povero tronco e si mise a cantare. Cantò tanto dolcemente e con amore che la vite si sentì tornare a nuova vita. Cantò per dieci notti e il suo canto appassionato salì fino alle stelle del firmamento. E le stelle si commossero e fecero calare un po' della loro forza sulla povera vite mutilata. Allora la vite sentì scorrere in sé una linfa nuova. I suoi nodi si gonfiarono, le sue gemme si inturgidirono e si schiusero. I primi pàmpini tremarono al vento tiepido della primavera, e teneri riccioli si allungarono come per avvolgersi in una delicata carezza attorno alle zampe del risignolo.

Quando il risignolo volò via, già i grappoli cominciavano a prendere colore, a indorarsi alla luce del giorno. La vite era diventata una pianta da frutto. I suoi grappoli avevano il calore del sole, la forza delle stelle, la dolcezza del canto dell'usignolo, la luminosa grazia delle notti estive e il profumo dell’alba.

Se venite in Calabria, vedrete queste piante. Hanno nodoso ceppo basso e  grossi tralci aggrovigliati sulla terra,  affollati di pàmpini verdi.

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