Eccellenze calabresi in Virginia. Tripodi al vertice de “Lejeune Leadership Institute” 24 febbraio 2015 Cristina Cortese
Da studente universitario a direttore dell’Ufficio di Etica “Lejeune Leadership Institute” dell’Università dei Marines a Quantico, in Virginia (Usa). Una storia di determinazione e tenacia tipica del popolo calabrese, che porta da secoli nel suo Dna le tracce di quella cultura magnogreca che tutt’oggi lo distingue in ogni angolo del globo. Tenente Colonnello Ndore Rurindda e il prof. Paolo Tripodi davanti a ministero Difesa a Kigali Paolo Tripodi, reggino di 49 anni, figlio di ferroviere e insegnante di scuola media, ha trascorso la sua adolescenza in riva allo Stretto prima di decidere oltrepassare quella cortina invisibile scegliendo di dare una svolta alla sua vita. Dal 2002 vive a Richmond, in Virginia, con la moglie Jenny, originaria dell’Ohio (Usa), e con il figlio Antonio di cinque anni. E’ docente di studi strategici e direttore del programma di studi regionali presso la Scuola di Guerra dei Marines e insegna Etica e Leadership per tutte scuole ufficiali. Prima ha insegnato studi della sicurezza nell’Università di Notthingam Trent e studi della difesa nella Pontificia Università Cattolica del Cile, Santiago, diventando poi ricercatore presso l’Accademia della Marina Militare degli Stati Uniti, nel centro per lo studio dell’etica militare. Una serie di traguardi raggiunti con sacrifici e che hanno come genesi quel minuscolo lembo di terra chiamato Calabria. Professore com’è nata la sua passione per gli studi politici e militari? Sin da ragazzo nutrivo un certo interesse per la storia militare della Seconda guerra mondiale e decisi di coltivare questa passione in maniera professionale perfezionandola con il mio percorso di studi. Dopo la laurea in Scienze Politiche all’Università di Messina, decisi di proseguire con un master in Relazioni internazionali al London Centre of International Relations dell’Università di Kent, seguito da un dottorato di ricerca. Nell’arricchimento del mio bagaglio culturale in materia ha giocato un ruolo determinante anche l’esperienza come ufficiale di complemento in ferma volontaria biennale nell’Arma dei Carabinieri.
Cosa l’ha spinta a lasciare la Calabria? Paolo Tripodi con ufficiali dell’esercito Ruadense in Ruanda Era il 1990 l’anno in cui decisi di fare nuove esperienze e vivere altre realtà prima di tutto per realizzarmi professionalmente, lasciando una terra bellissima che, purtroppo, offre poco. La mancanza, inoltre, di un sistema meritocratico ha un impatto maggiore su coloro che come noi calabresi vengono da famiglie in cui si lavora sodo ma senza privilegi, siano essi economici o di conoscenze. L’importante è non scoraggiarsi mai, essere determinati e sapersi mettere in gioco ogni volta che si presenta l’occasione. Quali sono le difficoltà con cui ci si scontra una volta lasciato il luogo d’origine? Il momento più duro da affrontare è stato quando ho partecipato e vinto, restando fuori graduatoria, il concorso per passare in servizio permanente quale ufficiale nei Carabinieri. Oggi, senza dubbio, considero quel momento difficile la mia più grande fortuna, perché a quasi 50 anni ringrazio la mia buona sorte per avermi fatto perdere quel concorso spalancandomi nuovi orizzonti. Nel momento in cui si decide di lasciare la Calabria e l’Italia per scelta o necessità, la prima sfida da affrontare è di tipo economico. Per mantenermi agli studi a Londra nei fine settimana andavo a lavorare come commesso, anche se l’aiuto dei miei genitori è stato fondamentale. La seconda sfida ha due aspetti: la lingua che all’inizio può essere difficile da comprendere e l’assenza di una rete di supporto, famiglia, amici e conoscenti. Questa sfida, se affrontata con determinazione ed impegno si supera, la comprensione della lingua si rinforza giornalmente, e la rete di amici si crea in maniera rapida. Forse è nella natura di noi calabresi, che da una “sconfitta” invece di abbatterci diventiamo più determinati e tenaci. Fare il docente universitario è stata una scelta o un’occasione? Il prof. Paolo Tripodi tiene una lezione ai Marines della base di Okinawa in Giappone Un po’ dell’uno e un po’ dell’altro. Ho deciso di percorrere questa strada perché mi piace molto e mi gratifica professionalmente, ovviamente si sono anche create le condizioni per farlo. La cosa importante per me era quella di esercitare la docenza con studenti con un profilo professionale specifico. Ho sempre inteso e desiderato interagire con i leader del presente e del futuro appartenenti al mondo militare. Per raggiugere tale obiettivo ho scelto di diventare un esperto in alcuni temi della sicurezza, ho studiato la diffusione delle armi di distruzione di massa e le operazioni di pace con un particolare interesse per l’Italia. Negli ultimi anni ho condotto studi e sviluppato corsi di istruzioni sulle sfide etiche che i leader militari affrontano quando operano in missioni di stabilizzazione e di guerra. Lei insegna Etica, una materia alquanto delicata e difficile da conciliare con l’essenza stessa degli scenari di guerra, eppure i tuoi testi sono adottati in tante scuole e forze armate britanniche e australiane. Perché è così strategico l’argomento? L’obbiettivo delle mie lezioni e di sviluppare la capacita di comprendere come il nostro sistema reagisce quando operiamo in situazioni estremamente complesse e di grande stress. Durante i corsi, insieme agli ufficiali e sottufficiali, consideriamo in maniera attenta scenari e decisioni possibili da prendere. Operare in “maniera etica” in certe situazioni richiede una forte preparazione mentale e una presa di coscienza delle nostre potenzialità e, cosa più importante, delle nostre debolezze. In uno dei miei saggi pubblicato in un’antologia curata da un collega inglese della scuola della difesa britannica, ho identificato alcune delle ragioni che possono creare le condizioni che causano crimini di guerra e, nello stesso saggio, spiego il ruolo importante giocato dai comandanti per prevenire tali crimini. Oggi, tracciando un bilancio pensa di aver realizzato il sogno nel cassetto? Paolo Tripodi accolto dal Colonnello Smith a Okinawa Per anni ho creduto che il sogno più grande, quello di diventare un docente in una struttura formativa militare di grande prestigio come l’Università della Fanteria di Marina, si fosse realizzato. Poi è nato mio figlio, e ho capito che lui è la mia più grande realizzazione. Essere padre è la sfida più dura. Considerati i numerosi impegni che richiede la sua professione, riesce a dedicare abbastanza tempo alla famiglia? Mi capita spesso di dover lavorare o di viaggiare per lavoro nei periodi di ferie o nei fine settimana, ma questo tempo lo recupero appena possibile, perché non esiste cosa più importante della famiglia. Adesso sono passati tanti anni da quando ha lasciato la Calabria, cosa le manca di più? Resterò sempre legato alla mia terra e lo dimostra il fatto che mi sono voluto sposare a Reggio. Purtroppo le distanze non mi permettono di tornare spesso e chiaramente soffro la mancanza della mia famiglia, ma anche del clima e della cucina. Mio figlio Antonio adora fare le vacanze in Calabria, ha una predilezione per i cornetti con la marmellata a colazione, il gelato sul Lungomare insieme al nonno Nino e la salsa di pomodori di nonna Ausilia. Tanto per far capire agli amici che vedranno questa il Dr. Paolo Tripodi è figlio del nostro compaesano Nino Tripodi da Filanda (detto Troccula) e mi perdoni se mi sono permesso di citare il soprannome di famiglia.
|