"FUSSATOTI RITORNATE VIRTUALMENTE ALLE VOSTRE ORIGINI"

 

Le Borgate ed i Rioni

Alla Processione del Carmine  del 2005, ho percorso il vecchio itinerario - tradizione che però, potrebbe risalire a qualche anno addietro – e mi sono smarrito in un nuovo che nuovo non è, in un vecchio che antico non è diventato. Diverso, scostante. Le case erano case: abitazioni o stalle, ma dentro una voltavi si trovavano esseri viventi, esseri umani o bestie. Ora, invece pietre e calce vecchia, cemento armato, inanimato, morto, inerte.

Resiste solo qualche cimelio che, per la verità, bisognerebbe saper conservare per indicarlo ai posteri.

Uno o due tetti "a ciaramiti" che stanno per crollare, nessuna viuzza "’a nsilicata".

Mi si è accompagnato per qualche ora un giovane, per dire, quasi cinquantenne imprenditore edile. Il quale, però, non conosceva il termine "’nsilicata", ma, poverino lui, è nato con il cemento armato! Qualche sospiro e, forse, ripensandoci, la notte, anche qualche lacrimuccia.

È scomparsa una parte della mia vita! Irrimediabilmente inghiottita dal moderno.

Per dire delle denominazioni dei rioni non occorre grande sforzo; piuttosto, ora, riesce difficile inquadrarli nella mente, tornando indietro di almeno 50 anni.

Esistevano - come esistono, ma sembrano annullate dalla possibilità che, oggi, offrono "i motori" - le distanze, e alcune anche notevoli.

Ogni rione aveva una sua fisionomia: varie classi sociali, una parlata sia pure all'interno di un comune linguaggio dialettale; di ognuno c'erano modi e persone particolari. Spesso la sola citazione di un nome, o di un soprannome riconduceva alla definizione del villaggio.

Alcune denominazioni sono state riprese dall'attuale toponomastica, altre ignorate, altre scomparse perché integrate o perché, morti i vecchi, i giovani hanno cercato altrove migliore sistemazione. Altre si sono estese in virtù delle strade, intanto aperte e rese agibili all'interno e da quelle di maggiore importanza, lungo le quali sono sorte, via, via, abitazioni e caseggiati di vario uso.

Pare opportuno seguire la direzione mare - monti, arrivando in paese.

Quasi in ogni borgata esisteva una sottodenominazione. Giungendo, ora, dalla strada provinciale, in tempi antichi, dal greto del torrente che verso il basso si può ben chiamare S. Pietro, si incontra il primo gruppo di case.

Serro: (Serroti gli abitanti)

Sorge sulla confluenza tra il Calamaci (che assume la funzione di affluente) ed il S. Pietro, che continua ad essere il principale. Abbarbicato sulle primissime falde di una collina che finisce in cima al "Maru Brunu”. La sua denominazione potrebbe (e perché no?) significare "chiudo" (dal verbo serrare, chiudere), giustamente, essendo l'ultima borgata, lasciando il paese. Ma potrebbe anche essere una storpiatura dello spagnolo SERRANO, di collina. Negli anni '50 era abitata da circa 30 famiglie.

Marcelluzzo: (non aveva un proprio attributo di denominazione; taluni abitanti ritenevano di appartenere a Fossatello e altri a S. Luca) alla base dell'omonima collina: poche famiglie. Ora s'è ingrandito con le abitazioni della finitima contrada Panghiddu, che, in altre epoche era stata soltanto "seconda casa", in campagna, ed ora abitazione principale.

Cicinini: alcune famiglie, proprio alcune, in cima al colle Mizziseri. Ora case diroccate e disabitate: visibile ancora qualche scheletro. Secondo alcuni in queste "case sparse" (così censite nel 1951), avevano trovato rifugio profughi albanesi i quali, a causa del loro linguaggio, incomprensibile per gli indigeni, venivano chiamati "ci-ci-ci-ni": probabilmente era il fonema di maggior uso. Una volta si estendeva solamente al di sopra della strada stessa. Negli ultimi anni ha avuto una espansione sia a monte che a valle della Provinciale. Le abitazioni dell'antico borgo sono ormai diroccate. In passato nella zona c'erano tre frantoi.

San Luca (Santu Luca, santulucoti, gli abitanti): grossa borgata a nord-ovest, a mezza collina, a vocazione agricola, a poche centinaia di metri dai resti, tuttora riconoscibili, di quella che sarà stata la "basilica" di S. Luca; nel comune parlare di qualche persona anziana del posto, ricorre di frequente la denominazione "a cresia i Santu Luca". Il vecchio borgo, ora è abitato soltanto da qualche famiglia; quasi tutti hanno preferito costruire nuove abitazioni ai margini del torrente "Signore", in basso, speculazione non giustificata, o giusti timori circa la sicurezza del terreno, piuttosto di aspetto franoso. Negli anni '50, e, soprattutto dopo il tremendo alluvione del 1952-53 s'è parlato di probabile, possibile, quasi
certa… frana… forse facendo riconoscere uno stato di pericolo, quindi la necessità di trasferire a valle l'intero villaggio per ottenere i contributi dello Stato? per facilitare la vendita, come locali da costruzione, dei terreni adiacenti al greto del torrente? Valutazione errata? Ancora non sufficiente il tempo per giudicare! La denominazione è comunque attribuibile alla chiesa basilica!

Rovere: (Rovere. Rruvuloti, gli abitanti): alcune case sommerse da una foresta di annose querce, alla base del gruppo collinare di Angioluta.

Calamaci (calamacioti gli abitanti): ultima borgata, mare - monti, sulla parte destra del torrente omonimo. Sia il torrente che la borgata potrebbero avere avuto questa denominazione a causa della presenza, attuale ancora, nelle parti alte delle colline retrostanti, della pianta aromatica spontanea dell'origano: "CALAMANDRIA o CALAMANDRINA", e, secondo i naturalisti " ORIGANUM MAJORANA "

Fossatello: (Fussateddu; fussatiddoti, gli abitanti), superato il torrente Calamaci, per il ponte del Serro, la borgata cosideddetta: quasi un piccolo fossato, sorge incastonata tra diversi ruscelletti di piccola portata. Esistono alcune case che danno ancora l'idea dell'antico! Secondo alcuni potrebbero risalire al XVII sec. Antico? fino a quando? Di recente la borgata è stata arricchita di una piazzetta ed un monumento a S. Pio (Padre Pio!), opera voluta dall'attuale Parroco, Don Carmelo Perrello e dagli abitanti del posto e realizzata con la partecipazione di tutto il paese. Ne "Il Quotidiano" del 16-10-2002 : "Momenti di devozione in Provincia. Festa a Fossato per Padre Pio: la prima statua eretta in onore del Santo in territorio montebellese" così esordisce V. Malacrino':

" A volte basta poco per cambiare gli angoli, le strade e persino la nostra vita. Infatti là dove prima c'era una curva con un semplice muretto ora invece i Fossatesi hanno eretto un piccolo monumento per accogliere la statua di Padre Pio. "

Casaluccio: (Casalucciu; Casaluccioti, gli abitanti), popolosa borgata all'inizio del paese; ma c'era una bella e netta separazione dal…Paese! Il nome? Potrebbe essere stato un "CASALE" medioevale abitato da un solo signore e dai suoi famigli. La disposizione a forma piramidale, mare monti , potrebbe farcelo pensare. Poi ingrandito ed allargato, alla base.Si estendeva dal torrentello Maranina, affluente del Jovani e la parte olivetata detta "Manti", perché, sembra proprio che i Guarna-Sgro abbiano acquistato (o affrancato dal "gravame fiscale") da un certo Manti.

Sottodenominazioni: "Cunduttu", la parte bassa dove era tracciato un condotto per lo scorrimento delle acque irrigue verso gli orti di Manti e più giù quelli di Fossatello; "i nsilicati" , (le strade con fondo a selciato), delle salite ripide e spesso pericolose dalle quali si diramavano, in senso orizzontale, a pettine, altri vicoletti; "i bbarracchi", su un pianoro, probabilmente artificiale, nella zona alta; "maranina" le abitazioni adiacenti al ruscello: "u jadduni i maranina".Ogni vicoletto, poi, (ma in quasi tutti i paesi) assumeva il nome della famiglia maggiormente rappresentativa sia in senso buono che cattivo, spregiativo.

Bbarracchi: che indica (tuttora, dove esistono!) la zona dove erano state costruite case - rifugio in legno con copertura in lamiera di zinco, dopo il terremoto del 1908, subito dopo. Appartiene allo storico stabilire tempi e modalità. A noi resta il serio dubbio, per avere appreso così, che le prime costruzioni di tal fatta, siano state realizzate proprio poco prima dello scoppio della "Grande Guerra", circa cinque o sei anni dopo. Tali case rifugio sono state (giurerei che esiste ancora qualcuna…e, …eh ben utilizzata!) usate per varie generazioni.

Turri: Il palazzo del Barone Piromallo e gli spiazzi antistanti, con qualche costruzione abitata da una o due famiglie, oltre, s'intende, alle due che abitavano la Torre. Non avevano attribuzione di località.

Burgu: (esisteva come denominazione toponomastica e gli abitanti erano detti chiddi du bburgu, non era stato coniato alcun attributo) va dal cancello Nord della Torre, attraverso a nsilicata verso la casa canonica e la piazza della Chiesa.

L'Isula: era un modo di dire per indicare sia le abitazioni che gli abitanti (coniato soprattutto per loro e da alcuni di loro voluto!) del gruppetto di case (ora via IV novembre) antistante il Municipio, oltre il torrente Jovani. Caratteristica la presenza di un enorme albero di noce(*), di alcune piante di fico e di "zzimbi" (stalle per i maiali) davanti alle abitazioni, abitate. Nessuno ha mai reclamato per le flautolenze. Eh… flautolente era anche il linguaggio della gente che ivi abitava Ma per questo alcuni reclamavano!

 
(*) Ricordo: durante la canicola di luglio/agosto qualcuno assicurava con robuste funi, tra i rami del noce, una materasso e relativa protezione laterale, e riusciva a dormire a lungo la notte! Mah, intanto, per addormentarsi, verso le ore piccole della notte si canticchiava la ninna- nanna.

o Purtuni: era la strada antistante il palazzo Guarna/Sgro; il palazzo disponeva di un grande portone in legno in una grande apertura ad arco, ed era l'unico, in paese, così grande e così scolpito. Opera di artigiani anche gli stipiti e l'arco in pietra, sormontato da uno stemma: uno scudo con alcune palle e due leoni. La parte esterna della strada, verso gli orti, era protetta da un robusto muro fino all'altezza di circa 50 cm., comodo per potercisi sedere e goder della frescura prodotta da enormi alberi, alcuni piantati all'interno del muro, altri dalla parte esterna. Era la zona di facile raggruppamento sia di persone anziane che di giovani, a gruppi separati: si sparlava di politica, di sport, di attualità. Normalmente non vi si trovavano uomini ancora capaci di lavorare, almeno durante le ore lavorative della giornata, anzi, chi sostava, soltanto, pochi minuti, rischiava di esser considerato un poco di buono, un nullafacente.

Filanda: Rione Filanda A Filanda: la parte interna adiacente al torrente Jovani, dove, in epoche antiche, ma visibili ancora negli anni '50, erano stati costruiti dei capannoni per l'allevamento del baco da seta e per la filatura, manuale, del prodotto.

Juvàni: la parte esterna, quella corrente lungo l'omonimo torrente: poche case, all'origine, utilizzate come stalle o rifugio - ricovero per gli animali. V'erano, vicinissime, alcune fonti - sorgive di acqua: a funtana, juvani, a funtanedda. L'acqua d'a funtana era la migliore: leggera, fresca, ma era sempre affollata e bisognava attendere, attendere il proprio turno: ognunu a so' vicenda; a juvani e a funtanedda c'era meno gente: l'acqua sapeva di piombo, in ogni caso si prelevava per gli usi igienici e per l'alimentazione delle bestie. A funtana erano frequenti i litigi tra gli astanti a causa del "turno" di attesa, e non era raro rompersi qualche bbumbulu in testa.

Proseguendo verso il nord, dalla parte alta: Culetta, era la zona dove abitavano il vecchio medico Gullì (Paolo), e il Dittereo, suo fratello, (Don Giacinto, morto nel 1952).

Verso 'a Guardiola: Guardiola

A Gguardiola: ancora verso il nord, dall'alto, gruppetto di case abitative arroccate quasi a "posto di guardia", da cui il nome, per l'intero paese.

Gianduni: Via Giandone

Gianduni (Gurguroti i suoi abitanti): proseguendo dal centro (che era anche il nome della via Giandone, proseguimento lineare della via Leone Sgro che aveva origine dalla porta laterale della Chiesa, su per la salita du Maru Abbucatu si arriva al piano. Su quest'ultimo insistevano i rioni S. Marco, con una stradella principale (omonima) a discesa ripida ‘nsilicata ed altre parallele alla Via Giandone, e perpendicolari alla S.Marco. Nei muri in rovina, nell'ultima parte, verso la campagna, esistevano ancora, i segni di " muro dipinto", secondo alcuni resti di quella che sarà stata la Chiesa di S.Marco.
In soluzione di continuità, verso il nord, la via e rione Urgori o Urgheri.

San Marcu: Via S. Marco

Appena iniziato il piano della Via Giandone sulla sinistra si sale sulla Via S. Marco. Andando su si incontravano tre traverse una volta abitate da numerose famiglie. Oggi quasi del tutto deserte.

Un altro rione, proprio all'estremo nord: S.Anna, di cui ormai restano solo le rovine.

Via S. Anna: Via S. Anna

Il paese, parte centrale, finiva o Pass'i Pudhici: un varco di accesso lato nord tra due muri di protezione. passo obbligatorio per chi entrava o usciva dal centro.

U Mulinu: (Mulinoti i suoi abitanti), essendo staccato dal paese, era considerata borgata a sé parecchie erano le famiglie che vi abitavano. Dominava l'intero paese e si estendeva sopra la zona du Livitu; essendo staccato dal paese, era considerata borgata a sé parecchie erano le famiglie che vi abitavano. Dominava l'intero paese e si estendeva sopra la zona du Livitu. Quasi disabitata, le famiglie si sono spostate più a valle O Livitu.

Guardando il paese dalle colline di Mancusi si aveva l'impressione di vedere un'aquila con le ali semi aperte: il rione S.Marco ne era la testa, Culetta e S. Anna, i gomiti delle ali ripiegate.

Altri rioni, per così dire, moderni: i Palazzini, l'Asilu, Pampogna, i Nasidi: zone una volta utilizzate ad orto, o giardino ed ora case d'abitazione.
L'Asilo è sorto in pianura su terreno donato dagli eredi Guarna-Sgro e, adiacenti, le palazzine popolari; Pampogna ha preso il nome dalla denominazione ufficiale mentre e Nasidi si indica per quella zona, ora abitativa, e, prima utilizzata ad orto o giardino stagionale, quasi certamente terreno demaniale dell'ex greto del torrente S. Pietro, verso la confluenza con il Calamaci.

Sarebbe proprio interessante ricercare, per ogni denominazione, l'origine e darsi una spiegazione del perché, ma esula dalle nostre possibilità. Si vuole ricostruire qualcosa partendo dalla " recente memoria storica" e personale!


 

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