"FUSSATOTI RITORNATE VIRTUALMENTE ALLE VOSTRE ORIGINI"

 

 

DIZIONARIO FOSSATESE LETTERA "G"

  • Gabbia: (alcuni usano dire anche gargia, ma il termine è senz'altro importato da dialetti siciliani e si riferisce soprattutto alla gabbia del pollame) gabbia per animali: dagli uccellini ai grossi mammiferi. Recinto chiuso anche al tetto. 

    Ricordo: da ragazzini, non potendo comprare la gabbia per gli uccellini, (quelli presi nel nido, s'intende.) (vedi Fulea) ci s'industriava a fabbricarcela utilizzando pale di fichi d'india per la base ed il tetto e stecchette di canna per la recinzione dei lati.

  • Gabbu: (si dice anche e, forse meglio, jabbu) farsi meraviglia di ciò che si vede, di come una persona si comporta. 

  • Gaddazzita: cicoria selvatica mangereccia. D'origine greca. 

  • Gaddetta: secchio di legno per liquidi. Di forma, troncoconica, con la base minore chiusa; dalla parte alta una doga è più lunga per consentire l'impugnatura per il trasporto. Era usata soprattutto nei frantoi. (vedi.Trappitu). Dal latino galleta, secchio  

  • Gaddiari: fare il galletto, atteggiarsi. 

  • Gaddunata: (anche jaddunata) l'acqua portata da un vallone. Iperbole per indicare grandissime quantità di liquidi. 

  • Gaddunati: (anche jaddunati) zona di collina/montagna scoscesa e con abbondante quantità di valloni/valloncelli. Usato di frequente per indicare, familiarmente e, talvolta anche ufficialmente, contrade di montagna. 

  • Gadduni: (anche jadduni) vallone, valle, letto di un ruscello di montagna. Spesso un'iperbole per indicare, molto di più di quanto basta! ha anche il significato di zona territoriale, un po' tra rione e borgata; è un posto dove si può buttare tutto: i rifiuti e gli escrementi...spesso sono maleodoranti, è stretto e si allarga soltanto verso la confluenza nda hjumara. L'appellativo rivolto a persona è gravemente offensivo. In una certa borgata del paese, un po' quartiere alto, si soleva dire jadduni..., così come jattu, invece di gattu etc.... 

  • I larmi nci jvinu a gadduni: piangeva (piangevano), manifestando molto dolore, molta stizza, o commozione. 

  • Nu gadduni non diventa mai hjumara: una piccola valle non può mai diventare torrente, fiumara. Un omino con poca dignità, con personalità dubbia, non diventerà mai un grande uomo! 

  • Gagghia: tipico modo di cioccare delle galline. Si credeva fosse determinata da un'infezione difatti aveva diffusione quasi endemica. In effetti il pollame (ruspante) ingoiava qualsiasi piccola cosa e, talvolta delle piccolissime lische si fermavano traverse nella gola. Il tipico gracchiare: cra, cra, cra, era prodotto dallo sforzo che degli animaletti per liberarsi la gola. Quindi non una vera malattia. 

  • Galanu (a): elegante, galante. Dal francese galant galante. Era usato soprattutto per nomi di animali belli, eleganti; per le persone si usava soltanto per indicare il modo di presentarsi du mbasciaturi (vedi). 

  • Galasia: piccolo appezzamento di terreno scosceso e franoso; piccola frana. Dal greco volgare galasia: distruzione, rovina. Potrebbe aver diverse forme ortografiche: halasìa, calasìa, alasìa.  

  • Galimi: una contrada del paese; importante crocevia  

  • Galiotu: (o anche caliotu), esisterebbe soltanto al maschile ): galeotto, pezzo da galera....con il tempo è diventato soprannome di determinate famiglie...i cui antenati potrebbero essere stati "pezzo da galera". Galera nel senso di : barca condotta da condannati a morte. 

  • Gallicianò: (più facilmente Jaddicianò) Gallicianò, paesino a Sud-Est della Città di Reggio (circa 60 Km) dell'alveo del torrente Amendolea, abbarbicato su una collinetta. Vi si parla ancora il grecanico e conserva delle belle tradizioni bizantine . 

  • Ganga: (anche janga) guancia; parte laterale arrotondata; lato del forno. Dalla voce gotica wango, guancia. 

  • Gargarici: gargarismi; sciacquare la bocca con acqua o liquido medicamentoso, senza ingoiarlo e far fuoriuscire aria dalla gola attraverso lo stesso liquido… un po’ incerto, ma insomma, è così! 

  • Garidda: (meglio jaridda) traveggola: quello sporco un po' appiccicoso che si forma nell'occhio nell'angolo di chiusura verso la radice del naso, un liquido denso e giallastro; spesso per ragioni igieniche, ma non di rado per conseguenza di stati patologici. 

  • Gattu: (anche jattu) il gatto, il micio. Nel linguaggio figurato si soleva dire jattu, per non dire il nome della persona o cosa . Per richiamare il micino o il gatto grande si usava musci, musci (da pronunciare sc come il francese ch di chose); alcuni, del tutto, per loro vecchi ricordi d'oltralpe usavano minu', minu'. 

  • Ggebbia: anche gebbia, (all'arabo gabya, vasca in muratura per la raccolta d'acqua): gran vasca in muratura per la raccolta delle acque da piccole sorgive per consentire un'irrigazione più razionale e permettere di dividere (le acqua raccolte) a più proprietari e/o di irrigare a fasi differenziate varie colture. 

  • Ggebbiata: la quantità d'acqua contenuta in una vasca. Non erano tutte uguali per cui variava anche la quantità d'acqua. Il termine era usato per indicare la quantità occorrente per un certo giardino da una determinata vasca. 

  • Ggebbiuni: enorme vasca in muratura (anche di solo pietrame e malta di calce) per la raccolta delle acque di irrigazione, in prossimità di sorgive di una certa portata. 

  • Gghiara: argilla grigia. 

  • Gghiarusu: terreno argilloso o polveroso, di quella polvere grigia, impalpabile, sottilissima, adatto sia a diverse colture agricole che, anche (e soprattutto) alla produzione di laterizi refrattari: mattoni, (cotti in fornace o utilizzati "a crudo") tegole, sempre cotte (ciaramiti). La denominazione, in agricoltura, significava anche terreno pietroso, o, con piccolissime pietre in grande quantità; la bonifica del terreno veniva fatta, di solito, facendo la cernita di tutta la zona per uno spessore di circa un metro….lavoro improbo! che veniva fatto soltanto se la zona poteva essere utilizza per la coltura di ortaggi irrigati. 

  • Gghiegghiru: stupido, ignorantone; sfortunato, ma anche astuto, maligno. Non ne indovina una...ma anche non fa una giusta. L'epiteto, per molti offensivo, non era usato nel discorso diretto, o, almeno, mai in presenza dell'interessato. Originariamente potrebbe avere avuto il significato di balbuziente o di origine albanese. Vedi seguito 

  • Gghieggiu: si direbbe per un albanese delle primissime migrazioni. I primi insediamenti albanesi sono avvenuti nell'alta provincia di Cosenza; gli immigrati si sono insediati soprattutto nelle campagne ed hanno mantenuto la loro società "chiusa", continuando a parlare i loro dialetti…un po’ "biascicati" che erano incomprensibili agli indigeni, contadini, i quali non comprendendo quel linguaggio pensavano fossero balbuzienti: tartagliavano, secondo loro. Nel dialetto dell'alto cosentino il balbuziente è gghiegghiu, quindi l'attributo agli albanesi che, col tempo viene sostantivato e serve soltanto per indicare loro, la loro cultura, il loro stile di vita; fermo restando il concetto che i locali s'erano fatto circa la loro inaffidabilità, le loro astuzie in negativo . 

  • Gghiastru: vedi agghiastru. 

  • Gghicari: vedi agghicari. 

  • Gghiombiru: (dal latino glomus, eris, gomitolo) gomitolo. In senso lato qualsiasi momento di particolare ingorgo, sia del traffico stradale sia di quello ...... della digestione.. 

  • Gghiotta: ghiotta, ghiottoneria. Ma si riferisce ad un particolare modo di cuocere lo stoccafisso ed altri pesci conservati secchi o salati. 

  • A' facisti a gghiotta!: L'hai fatta grossa, l'hai combinata …bella! 

  • Gghiuttuni: (anche 'nghiuttuni) boccone, un boccone. 

    Ndi nghiuttìa, nghiuttuni amari! Ne ho ingoiate tante!

  • Ggiacca: giacca, parte del vestito maschile o femminile. 

    Gggiacca i villutu: giacca di velluto, usata dai benestanti. Il colore indicava anche la classe sociale e/o il tenore di vita. Villutu niru pi' galantomini: velluto nero per le classi agiate!

  • Ggiacchedda: giacchetta, piccola giacca. Si indicava una persona con poca voglia di lavorare e/o non molto esperta in un certo tipo di lavoro; anche di persona un po' infida, di personalità non sempre limpida. 

  • Ggiacchetta: un indumento piuttosto elegante, da usare nel periodo caldo. Una specie di gilet con maniche lunghe o corte. 

  • Ggiaccazza: un non so che... per spaventare i bimbi e tenerli buoni. Vecchio malvestito. Si usava per indicare un indumento molto fuori moda... e misura! 

  • Ggiambrellu: (probabile voce del dialetto reggino) zimbello, senza personalità Certamente trascrizione di pronuncia errata di "zimbello". Lo zimbello era anche il grande "pupo" di pezza che si metteva nelle vicinanze di piantine in germoglio per atterrire gli uccellini; oppure lo stesso uccello da richiamo usato da molti cacciatori (di frodo?). In ogni caso, epiteto molto offensivo! 

  • Ggianfuttiri: a) senza personalità; poco affidabile; giovinastro (nonostante l'età!) . Potrebbe derivare dal francese jean foutre, persona senza dignità. b) un modo di presentare una gran frittura di peperoni, patate, cipolle, pomodori, melanzane etc. 

  • Ggiargianisi: (vedi. anche jaddicianisi) alcuni vogliono abbia soltanto il significato di "abitante di Gallicianò" (paesino grecanico a Sud--est della Città di Reggio, vedi). Ho appreso questo termine quand'ero abbastanza in età di ragione e con il significato di "stupidotto"; nel linguaggio dei ferrovieri, significava, piuttosto, un collega del Nord trapiantato in Calabria, con le difficoltà di adattamento sia al linguaggio sia alla cultura. Uno, insomma, che si sforza di parlar come noi...., ma che non sempre vi riesce. Ha anche il significato di un tale che vive di commercio ambulante : compra e vende piccole cose . 

  • Ggiarra: giara; contenitore di terracotta o di latta zincata o acciaio per liquidi o per prodotti agricoli da conservare in salamoia. Normalmente si voleva indicare il contenitore per  

    l'olio d'oliva, oppure a ggiarra i straci (giara di terracotta), per le olive in salamoia. Riferito a persona si vuole indicare la particolare struttura obesa, di forma tipica "a giara".

  • Ggiganti: gigante, molto alto . 

  • Ggigantissa: donna molto alta . 

    Ricordo e tradizione: Di solito durante le feste patronali (rionali o non), vengono portati in giro, seguiti da tamburo, gran cassa e piattini , due forme enormi di cartapesta poggiate sulle spalle di ragazzotti, che rappresentano un re ed una regina giganti , i quali, proprio in virtù della loro altezza, erano, nelle favole, i padroni assoluti anche del popolo. Il fatto bello ed importante è , che tutt'oggi , nugoli di ragazzini seguono, in giro per il rione, schiamazzando liberamente, quasi a significare che ormai, ce ne freghiamo.

  • Ggigghiu: a) pelo delle sopracciglia; peluzzo qualsiasi. b) germoglio di una qualsiasi pianta, piccolo, di qualsiasi specie. 

  • Ggiogghiu: loglio. Graminacee (e loro semini) che crescono spontanee tra il grano seminato: infestanti, di biblico significato. Dal latino lolium, il nome della piantina. 

  • Nd'avi ggiogghiu ammenz'a o ranu?!: Ce n'è di inutili tra la gente bene! 

  • Giorgina: (o ggiorgetta) un tipo di stoffa, leggera e delicata. Dal francese Jeorgette, nome di donna Giorgia. 

  • Ggioviddì: giovedì. 

  • Ggissu: gesso: sia il materiale in polvere che gessetto per la lavagna o quello per i sarti. Dal greco-bizantino Jipsos. 

  • Ggistra: (con i diminutivi e o gli accrescitivi ggistredda,ggristridduzza, ggistrazza, ggristruni) : una cesta, un arnese o suppellettile, soprattutto agricolo, che consente di contenere, trasportare sia prodotti della terra che oggetti vari. Era, normalmente, "costruita" da artigiani, utilizzando canne e stecche di legno (virgulti giovani e verdi sia di giunco sia di pioppo o di castagno; le verghe del legno per il fondo e per alcune "colonne" che, poi, consentiva di produrre i manici; le canne, tagliate a sei/otto nel senso della lunghezza, per la superficie laterale…e, si, perché aveva una forma vagamente cilindrica con una sola base chiusa… di qualsiasi dimensione e struttura artistica. 

  • Ggiufà: un uomo un po' stupido, ma buono d'animo; sciocco. Potrebbe derivare proprio dall'arabo dhjeha balordo, stupido. Personaggio popolare di molte favole...e racconti. Se ne rammenta soltanto una: 

    Ricordo: Giufà era al servizio presso un tale benestante. Veniva utilizzato per i lavori più umilianti...ma se n'era stancato. Un certo giorno gli viene comandato di lavare le interiora di un maiale, a mare, sull'arenile. Interviene, ad un certo punto, il ...capoccia , per rimproverarlo a causa del ritardo e dell'incuria nell'espletare le sue incombenze. Ma Giufà è proprio stanco sia per il lavoro sia per i comportamenti dei suoi padroni e caporali e reagisce presumendo d'aver fatto bene il suo lavoro. E, per aver conferma infila la mano nello stomaco (trippa) già pulito e la alza verso un bastimento (nave, a vapore, naturalmente), che passava sottocosta e grida alla ciurma: è bbona sta trippa lavata? (è ben lavata questa). Dalla nave, avendo capito trattarsi di saluto, hanno risposto in coro sbracciandosi per la gioia . Giufà ha intuito che poteva esserci un equivoco, che probabilmente ha provocato , ma rivolgendosi al ...caporale: dissinu chi ssi! hanno detto di si!

  • Gigliu: giglio, piantina da fiore. Il giglio ha avuto da sempre il significato di purezza, per cui si usava per indicare una cosa qualsiasi nella massima purezza. 

  • Gghiegghiu: (anche gghiegghiru) stupido, idiota, infido. Potrebbe derivare dall’albanese Gégé, albanese del nord: stupido. C’è un modo di dire: si ncuntri nu lupu e nu gghiegghiu, ‘mmazza prima u lupu e ppo’ u gghiegghiu, per significare che fa finta , talvolta, di essere stupido ...è più pericoloso del lupo. 

  • Gghiombaru – gghiomareddu: (oppure gghiombiru) gomitolo, matassa, volume. 

  • Nd'haju nu gghiombiru supra a pansa!: Ho un certo peso sullo stomaco....perché sto male ....o perché c'è qualcuno che mi ...sta proprio sullo stomaco? Il termine si usava anche per indicare il modo di cucinare le interiora del capretto o agnellino lattante che si chiamavano stigghioli (vedi). 

  • Ggiallia: in sé sarebbe la malattia di fegato, epatite o epatosi, che provoca un colore giallo scuro in tutta la superficie della pelle, ma lo si usa per indicare il colore generico della pelle, tendente al giallo. Si presume che questo sia il colore dell'invidia, della gelosia; si attribuisce, quindi, a persona che ha tendenze verso questi sentimenti e o emozioni e le dimostra o non fa niente per nasconderle. 

  • Senza mi ti pigghia a ggiallia: senza invidia! 

  • Giledda: nome di donna (non soprannome; nome proprio!) Celeste o Celestina. 

  • Gilestri: (ggilestri): certamente fenomeno atmosferico tipo "aurora boreale". Ho sentito dire da gente che ha sentito dire da chi ha visto….sarebbe stata la coda di una cometa?, una stella cadente?, un fenomeno di particolare luminosità di una luna piena…piena, piena, di prima sera? O la parte di uno sciame di stelle (questa era l'interpretazione, seppure poco verosimile e poco credibile) in movimento? Secondo quei saggi "vecchi" era un fenomeno "celeste" e, quindi, qualsiasi spiegazione umana non rendeva il significato giusto e completo.  

  • Gginesa: (a) la polvere, o piuttosto i piccolissimi pezzettini, del carbone vegetale, quello di legna che si produceva con i metodi artigianal . Era venduta a peso nei negozi (a putihja e, spesso la si trovava anche in sacchi ai mercati generali. Si usava sia per il riscaldamento, opportunamente accesa in una bacinella smaltata, già piena di cenere, che per riscaldare vivande o per prepararle...alla griglia con fuocherello lento, lento, lentissimo....barbecue? 

    (b) polvere giallo rossiccia che, sembra, provenga da eruzioni dell'Etna, di solito in periodi umidi o piovigginosi; la polvere è talmente attaccaticcia da provocare una specie di "film" di sporco umido soprattutto sulle autovetture, normalmente parcheggiate all'aperto.

  • Non chiovi e mancu gginesa faci: non solo non piove, nonostante sia umido, ma non arriva neanche quella seccante dannosa polverina.... Si diceva anche di persona incapace di fare alcuna cosa di importante, svogliata, inoperosa. 

  • Gginirusu (a): generoso (a), qualificativo di persona molto buona. 

  • Ggira ggira tundu: il gioco delle bambine! Un gruppo di ragazzine, prese per mano in modo da formare un cerchio, cominciano a girare in un senso, cantando una filastrocca, e, invertendo il senso di tanto in tanto, alzando una gamba verso avanti o verso dietro, alzando un braccio....Regole modalità e tecniche si stabilivano di volta in volta... in democratico accordo. 

  • Ggiraniu: geranio, pianta da fiori, a fioritura quasi continua che emana un odore non a tutti gradito. Secondo alcuni per allontanare zanzare e moscerini estivi basta mettere in camera da letto alcuni rametti freschi, anche senza fiori, di geranio. 

  • Ggirasuli: il girasole. Pianta, all'epoca, spontanea. Il terreno non è adatto alla coltivazione del girasole a campo esteso; lo si trova soltanto come fiore o come ornamento, non esistendo: mentalità, attrezzature ed organizzazioni commerciali per la produzione dell'olio di semi da girasole..... ve n'è già tanto di olio d'oliva! 

  • Ggiubberna: nell'uniforme grigio-verde dei militari dell'epoca, quella specie di fascia di cuoio - bianca per i Carabinieri, che si porta appesa trasversa dalla spalla sinistra al fianco destro nella quale, in apposite tasche, trovano posto le pallottole di dotazione. 

  • Pigghila nda ggiubberna!: vai a quel paese...Vaffanculo! 

  • Ggiuggiulena: semini croccanti usati in dolceria ed in panetteria: sesamini. Cosa molto gustosa alla quale molti ci tengono tanto. Superfluo, rispetto al bisogno. Dall'arabo gulgalan, sesamo . 

  • Ora chi t'ammanca? a ggiuggiulena?: e, ora cosa vuoi?, il di più?, quello che fa traboccare il vaso.  

  • Veni ccà chi tta dugnu eu a ggiuggiulena!: avvicinati, te la do io una... bella passata!.... 

  • Ggiugnettu: Luglio; potrebbe esser la volgarizzazione della voce francese juillet. 

  • Ggiugnu: giugno. 

  • Si cchiovi a ggiugnu , focu pi tuttu u mundu; si cchiovi a ggiugnettu è focu danettu: se piove a giugno è fuoco per tutto il mondo, se piove a luglio è fuoco del tutto. La pioggia non è utile a giugno ed è dannosa a luglio. 

  • Ggiumbu: fiocco. Mazzetto di fili di vario materiale e colore. Il fiocco del fez usato durante il periodo fascista, da cui: omini cu ggiumbu! uomini di una certa importanza, appartenenti ad un certo ordine. Dall'arabo gumma, insieme di più fili di lana.  

  • Ggiunta: aggiunta. Si usava per indicare la quantità mancante a raggiungere una misura intera: peso, volume, ...quantità, oltre, s'intende al momento politico "giunta Comunale " 

  • A' ggiunta è cchiù ddu rrotulu: ciò che si aggiunge è più del peso. Attenzione! ora si sta dicendo molto( facendo ) molto di più del necessario... si rischia di far crollare tutto.... soprattutto nel senso morale.  

  • Ggiuntari: congiungere, unire, aggiungere. 

    Negli anni 1946/50, a seguito delle prime elezioni amministrative comunali, si usava, sempre tra il serio ed il faceto, per prendere in giro i nuovi Assessori comunali che si riunivano in Giunta ...ggiuntavinu, ggiuntastivu, dumani ggiuntamu...

  • Ggiusé: Giuseppe, nome d'uomo. Si usava, un pò come epiteto, per persone con particolari aspetti sia fisici sia di atteggiamenti. Un maestro d'arte (falegname, muratore, barbiere, sarto) si chiamava Pippinu, uno senza arte né mestiere si chiamava Ggiusè. 

  • Gnagna : nel linguaggio puerile significa tutto ciò che si mangia anche se non sempre è buono da mangiare. Si usa per indicar cosa ridotta a "semolino", che può esser compresa da tutti. Significa anche: far il pizzo, la cresta…sulle spese. 

  • Gnagnaredda: semolino, minestrina; mal ridotta; alimento eccessivamente tritato. 

  • Guardia: (alcuni dicono anche vvardia) vigile, guardia.  

  • Fari a gguardia: montar di guardia a proteggere una certa cosa o persona. 

  • Gguardiania: far la guardia. Alcune persone venivano incaricate da uno o più proprietari di provvedere a far la guardia al prodotto della terra, soprattutto frutta e ortaggi ed esigevano un relativo pagamento che si diceva proprio a gguardiania. 

  • Gguardianu: chi faceva la guardia, vigilava e proteggeva, a pagamento, determinate cose, prodotti agricoli. V'erano delle famiglie intere che sbarcavano il lunario... facendo la guardia. A molti è rimasto ancora il soprannome. 

  • Giardinu: giardino. Appezzamento di terreno molto ben coltivato: sfruttato a ciclo sia per produzione di ortaggi (dove esiste acqua sufficiente per l'irrigazione), che per altri prodotti.  

  • Giardinaru: giardiniere. Si indicava con questo termine la persona o le persone che si prendevano cura del giardino o anche di un certo appezzamento di terreno, una sorta di mezzadria, nel senso che provvedeva liberamente alla semina ed alla coltivazione e divideva, sempre a metà, il prodotto con il padrone. Non dava diritto di successione; il contratto veniva stabilito per un certo numero di annate e poteva essere smentito da una delle due parti soltanto all'inizio di un'annata (di solito in ottobre) per la successiva. Precisate determinate condizioni iniziali, u giardinaru, quasi avesse la totalità dei diritti sul terreno che conduceva; ma ciò nasceva dalla totale, assoluta ed affettuosa fiducia che intercorreva con il proprietario : libertà per la semina, per i raccolti e...per indicare, al proprietario, la quantità, a netto, del prodotto,... non di rado, monetizzata per comodità di trasporto! 

  • Ndaiu tri giardinari: posseggo molte proprietà terriere che sono condotte con il metodo dell'affidamento temporaneo. Cioè: sono ricco, sto abbastanza bene, sono possidente. 

  • Non ndaiu giardinari: lavoro in proprio, non ho mezzadrie. 

  • Giardinera: verdure conservate sott'olio o sott'aceto. Peperoni, melanzane, pomodori ancora verdi, zucchine, tagliuzzati e conservati sott'olio 

  • Giarra: grande vaso di terracotta di forma ogivale (o, recentemente anche di latta o zinco o acciaio, di forma cilindrica troncoconica in alto per produrre il collo e la chiusura); recipiente per olio d'oliva, per olive in salamoia. Di derivazione araba.  

  • A coll'i giarra: un maglione, una camicia con colletto tipico, come se fosse di giara: praticamente tutta chiusa con la sola apertura: collo-testa....quelle che sarebbero, oggi, "polo". 

  • Girmedda: il significato originario, sacchetto appeso sul grembiule per la raccolta di spighe di grano, subito dopo la mietitura. L'uso, quindi, ha consentito l'estensione del termine : una qualsiasi sacchetto, provvisorio, di qualsivoglia materiale, atto alla raccolta di piccole, piccolissime cose durante la giornata in campagna: olive, frutta, semini, noccioline etc. Potrebbe derivare dal greco kirba, piccolo sacco. Il portarlo appeso sul davanti ha dato luogo a modi di dire. 

  • Nd'haju na girmedda!: sono incinta. Ho tanto da dire. Secondo alcuni si chiamava così anche il telo che adoperava per la prima filtrazione del mosto. 

  • Gnazzuli…ddà: come per dire ad un cagnolino "vai a cuccia!". Si usava soltanto con gli animaletti, piccolini, piccolini. Nel linguaggio parlato figurato si usava anche per dire a qualcuno:  

    "calmati!, stai buono!, non arrabbiarti inutilmente!" e, così, nel senso ironico ci si rivolgeva ad uno "spaccone", proprio per dirgli di…tagliare, limitare la boria.

  • Gneddu: agnello, agnellino : in senso figurato per indicare un ragazzetto, piuttosto semplice ; spesso anche per mettere in risalto l'eccessiva ingenuità.....molto simile all'idiozia. 

  • Ah ttia....gneddu!: proprio tu, agnellino (stupido, fifone, ignorante etc.) 

    GNEDDU I PASCA: (o gneddu pascali) un agnello, dai più piccoli e graziosi a quelli enormi e piuttosto pacchiani, di pasta dolce di mandorle (pasta rriali) ben lavorato ed abbellito che il giovane fidanzato inviava alla sua ragazza per Pasqua. Vedi nguta du zzitu.

  • Gnegna: un femminile raramente usato; talvolta soltanto nel senso ironico, rivolto ad una donna che di ingegno o capacità ne aveva pochi: una cicciona, piuttosto idiota! 

  • Gnegnu: intelligenza, ingegno, capacità, ma anche versatilità. Modo di dire del termine ngegnu. Potrebbe derivare da i(in)gegno. 

  • Attia gnegnu.....cu to' gnegnu!: intelligentone, sapientone....Con le tue capacità....ma anche con la tua volontà...il tuo saper fare... 

  • Putimu vindiri sulu gnegnu....ma non ccatta nuddu: avremmo tante capacità, tanto ingegno...da vendere, ma proprio quello, oggi, non vuol comprarlo nessuno. 

  • Gnesa: nome di donna: Agnese. Si dava come attributo a .." personcina" falsamente e vagamente ingenua, di casa, "santarellina" e vanitosa. 

  • Gnetticatu, gnitticatu: (forse sarebbe più corretto nghitticatu!) malaticcio, quasi sempre infermo, o come tale presentato; magro oltre misura. 

  • Gnocculiari: (dal greco noctos, moine, vezzo) vezzeggiare, lusingare, accarezzare.  

  • Gnocculu: (vedi sopra) vezzo, carezza. Timido, un po' (troppo) tonto... stupidino... 

  • Gnommiti (gnommiteddi): manicaretti, sia come dolci sia come pietanze di vario genere tutto ciò che la buona mamma, racimolando vari resti, riusciva a produrre per soddisfare il gusto e sedare l'appetito. Il termine veniva anche usato per indicare una qualsiasi cosa fatta utilizzando vari resti in maniera un po'.... arraffazzonata. Potrebbe derivare dal verbo agglomerare, mettere insieme. 

  • Gniuttimuschi: (ingoia mosche), chi, per malvezzo o malformazione, tiene la bocca sempre aperta; un omino piccolo piccolo, di debole personalità... uno scricciolo, insomma. 

  • Granatara: l'albero di melograno. 

  • Granatu: melograno, frutto. Color melograno. Sia il colore che, soprattutto l'albero, secondo antiche tradizioni (che si ritrovano nella mitologia greca) erano segno di sventura, di morte; in ogni caso non si addicevano ai giovani. 

  • Granchiu: vedi ranciu 

  • Grandini: grandine, tempesta violenta. 

  • Si ffaci grandini jetta tutti i hjuri: se grandina danneggia le piante, fa cadere i fiori e distrugge le gemme per questo, i seguenti modi di dire: 

  • Grandini a frivaru, non jinchi sularu: grandine in febbraio....il raccolto non basta a riempire il solaio, i ripostigli. Grandini a marzu...... Grandini ad aprili, mancu pi ddiri...grandini a maju è ancora peju: la grandine....a marzo danni....ad aprile di più....a maggio ancora peggio. 

  • Grasta: vedi rasta  

  • Grembu: grembo, seno; vallata. 

  • Grigna: Criniera, quindi in senso lato testa, capo, ...zucca, ma anche faccia, volto. Potrebbe essere un latinismo, da crinia, crine. 

  • Grigopiddu: zona del terreno agricolo ben esposta al sole, argillosa e, naturalmente protetta che si presta a particolari culture. 

  • Grofidda: (raramente usato al maschile), persona ossuta, brutta e dal carattere particolarmente ostico. A causa, del carattere, veniva tenuta a rispettosa distanza da tutti; difficilmente socievolizzava. Si usava anche per indicare persona (solo al femminile) di dubbia moralità: "zoccolona" . 

  • Gromulu: (facilmente anche agromulu) selvatico di pero, o di melo. (dal greco azojros) Il selvatico di pero, nonostante sia normalmente piantina strisciante (vedi pirainu) talvolta vien fatto crescere ad alberello per utilizzare i frutti (appunto gromuli), i cui semini, seminati in vaso, danno piantine selvatiche, ottime portanti da innesto. I semini di pero, già innestato...purtroppo...non attecchiscono, con le comuni tecniche. Le piantine così ottenute restano in vaso qualche anno e poi si trapiantano, temporaneamente ndo barbinu, in terreno irrigabile ed a solchi, nel quale restano almeno due anni prima di essere innestate e, quindi, trasferite a dimora definitiva. L'innesto di solito può esser effettuato quando le piantine hanno un'altezza di circa 1,50 mt. e una sezione di circa 3 cm. Il termine si usa come epiteto temporaneo per persona acida, irsuta, irosa....spinosa, acerba. Vedi anche agromulu. 

  • Grunda: smorfia; atteggiamento della figura a dispetto, amarezza, delusione; smorfia di dolore. Ma il verbo è ngrundari. 

  • Guastedda: (varie ortografie: bastedda, vastedda, fastedda) focaccia: acqua e farina in leggero impasto, spianato ed azzimo e sottile e fritto....con urgenza...in olio d'oliva; tolto ed insaporito di pecorino grattugiato. 

  • facistivu a guasteda!: avete combinato un pasticcio, un bel guaio! 

    Non vuliva siri nde' so' guasteddi ...non vorrei esser nei suoi panni, con i suoi problemi .

  • Gubitu: goloso; voglioso, insaziabile. 

  • Gugghera: (varie ortografie agughhiera - vugghiera) astuccio per gli aghi da cucito . 

  • Mugghia: vedi agugghia. 

  • Gugutu: (oppure ugutu ) gomito; anche curva molto stretta di una stradina o di un oggetto. 

  • Gunocchiu: (la forma ortografica ginocchiu o gginocchiu... è una volgarizzazione del termine italiano!) ginocchio, giuntura, piegatura, articolazione. 

  • Mi rrumpia i gunocchia: mi sono rotto le ginocchia....anche per la gran fatica....ho le ossa rotte. 

  • Ndaju i gunocchia rruggiati: ho le ginocchia (le articolazioni, le giunture) arrugginite...dolori, artrosi, artrite....che m'impediscono di utilizzare bene...le ginocchia. 

  • A majstra ti misi a' n gunocchiu?: (usava,....una volta) la maestra ti ha punito....ti ha fatto mettere in ginocchio...magari con le pietruzze....sotto, per sentir meglio la punizione. 

  • S'avi a tagghjari ndo gunocchiu da rrama: si deve tagliare, proprio nella giuntura del ramo. 

  • Tagghiati ndo gunocchiu!: tagliate nella giunzione... il male da una parte ed il buono dall'altra. 

  • Gurdu: (sinon. di Gubitu) si usava, piuttosto, per indicare persona dal fisico robusto tendente ad ingrassare, ma anche dal carattere ostico. Il termine potrebbe essere una contrazione dell'italiano ingordo o un residuo della cultura spagnola: gordo, con lo stesso significato; attualmente in Spagna, per es., gordo è il primo premio di una importante lotteria. In Sicilia viene ancora usato come soprannome: Totò Rijna, famoso presunto capo di Cosa Nostra era appunto soprannominato Totu u gurdu. 

  • Gurna: (gurnali, gurnedda, gurnicedda) fosso di terra per la raccolta di acque necessarie all'irrigazione del terreno (sia piovane, che di sorgiva), di varie forme e dimensioni. 

  • Gurneddi: vasche in pietra o cemento per la raccolta dell'olio misto alle morchie, dopo la prima sedimentazione. Un sistema di vasi comunicanti consentiva al liquido di colore molto scuro e, di odore sgradevole, (piccolissima percentuale di olio, ed altissima di acqua), di raccogliersi e sedimentare per qualche tempo permettendo all'acqua sporca di fuoriuscire con un congegno a tromba che sfrutta la diversità di peso specifico tra l'acqua e l'olio. Venivano pulite, con la raccolta dell'olio ( poi usato per saponificazione o venduto a grossisti i quali spesso lo mescolavano - frode! - all'olio di prima premitura destinandolo al commercio ), almeno due volte all'anno: a metà annata, quindi s'interrompeva la produzione per qualche giorno, ed a fine annata. L'olio per qualche tempo era di colore scuro, emanava sempre un certo cattivo odore e veniva detto catrubbulu: sporco. (vedi voce). 

  • Gurriari: smuovere. E' tipico per indicare il movimento degli intestini...che talvolta produce un certo rumore: gurriari i budedda; gurriinu i budedda 

  • Gurru: voglia, aspettativa. Particolare attitudine ad organizzare scherzetti. 

  • Ndaviti gurru: avete voglia di..... (di solito) scherzare. 

  • Cu gurru chi ndajiu!: con la voglia che ho.... Non ho proprio voglia di far qualcosa! 

  • Guttusu: un po' pauroso, un po' selvatico, talvolta anche cattivo, maligno, triste, malinconico ; permaloso, facile ad irritarsi ad adombrarsi; facile a prendere posizioni contrarie....come, quasi come, un mulo. Il termine deriva da gotta, la malattia, per eccesso di uricemia, che provoca forti e, quasi continui, dolori alle estremità, determinando un carattere irascibile. Nel linguaggio dialettale, dell'epoca, la malattia si indicava come pudarghi o pudagri e, quindi, il sofferente pudargusu (Vedi). 

  • Gutu: voto, aspirazione, promessa. 

  • Facistivu gutu a Madonna da' Muntagna!: avete fatto un voto (promessa) alla Madonna della Montagna (per antonomasia) di Polsi! 

  • Stativi attentu!, si faciti gutu l'aviti a ssurbiri: fate attenzione, se avete fatto voto (promessa) dovete onorarlo.

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