DIZIONARIO FOSSATESE
LETTERA "M"
Mà: diminutivo di mamma. Era l'atteggiamento del più
grande affetto da parte di tutti i figlioli nei confronti della mamma.
Macaria: magari, se fosse, secondo come .
Macariu: soprannome attribuito ad una famiglia il cui capostipite (del
secolo scorso....conosciuto) aveva di frequente questo atteggiamento di
...tentennamento.
Macoddiru: si diceva d'uomo dalla personalità contorta e..un
po’ handicappato; stupidotto, talvolta volutamente.
Maddaricu: sorta di tela ottenuta con il telaio antico nella quale
i fili dell'ordito intrecciano con i fili della trama realizzando una
sorta di disegno a strisce diagonali. Sinonimo di tela grossolana. Talvolta
era usato il filato di seconda o terza qualità. Si otteneva utilizzando
un pettine particolare (vedi tularu).
Madosca: voce deformata e deformante delle imprecazioni, esclamazioni,
bestemmie: madonna.
Maddu: argilla rossiccia, ricchissima di ferro e facilmente mescolabile
con la sabbia. Il composto abbondantemente bagnato, era un'ottima "malta"
economica per costruzione di piccoli ricoveri, stalle e edifici di quadratura
limitata; poteva essere usato, però, soltanto una volta, in altre
parole se restava bagnato induriva velocemente prendendo la consistenza
del mattone. Non aveva molta resistenza, né consentiva di costruire
piani superiori proprio a causa dell'insufficiente stabilità che,
con il tempo determinava, né reggeva come malta da intonaco.
Modi di dire, aneddoti e paragoni relativi all'uso di malta con calce,
con cemento e con argilla, hanno arricchito la fraseologia tipica degli
addetti: muraturi i maddu!; fatt'i maddu!; u maddu sciuca prestu!; cadinu
i mura i maddu: muratore di argilla non sarebbe capace di lavorare la
malta di calce; fatto di argilla e non di; non stabile; l'argilla asciuga
presto qualsiasi cosa facciate se non c'è calce asciuga, scompare;
cadono soltanto i muri fatti di argilla.
Maffia: (dall'arabo maphias, tracotanza) clan di prepotenti. Si potrebbe
dire e scrivere tanto su questo termine...ma è meglio lasciare
alle interpretazioni estemporanee tipiche di ogni età, classe sociale,
cultura e....all'efficienza (?!) della Giustizia.
Maffiari: vantarsi; esagerare con atteggiamenti mafioseggianti. Il
verbo ha, senz'altro, derivazione dal sostantivo, ed assume gli stessi
significati.
Eh! comu si maffìa!: come si dondola; come mostra, con atteggiamenti,
il suo sentirsi superiore.
Comu si maffia dda cammiscia!: Eh! come fa vedere il suo vestito; come
lo riempie!
Magarìa: (dal greco magheìa , magia): magia, incantesimo.
Magau: (o magaju o magagghiu) sorta di zappa di ferro a tre rebbi.
Potrebbe derivare dal provenzale makella, grossa zappa.
Magula: (anche maula) moina, beffa, carezza.
Nci faci i maguli: gli (o le) fa le moine.
Magulà: (oppure maulà) infiammazione delle ghiandole
parotidi, parotite, orecchioni . Dal greco magoulas, guancia.Una delle
malattie tipiche dell'infanzia/puerizia: parotite; infiammazione delle
ghiandole parotidi con temperatura elevata, nella fase d'incubazione.
Ricordo: per evitare infreddature, le nonne, ci avvolgevano in una coperta
di lana grezza e ci facevano massaggi di olio sulle ghiandole....rimedio
pressoché inutile, ma "placebo".
Maialinaru: (non il Veterinario, per carità! Per lui), Vedi
majalinaru
Maidda: (è probabile anche la forma maijdda) madia, utensile
in assi di legno per impastare il pane. Era costruita per una determinata
quantità: quelle per i 50 kg. di farina: enormi e, di solito, fissate
alla panca che le sosteneva; quelle per i circa 25/30 kg. erano facilmente
spostabili. Le grandi, costruite con tavolame di castagno invecchiato,
le medie e le piccole, anche con legname di abete; mai di pino a causa
dell'inevitabile odore di trementina che non scompare mai da tal essenza.
La forma: una vasca rettangolare con i lati inclinati verso la base ed
incastrati ad essa e tra loro; legname molto ben levigato e tenuto in
" umido" nell'intervallo tra un'utilizzazione e la successiva;
bastava stendervi sulla base, a contenitore capovolto, un sacco di juta
umettandolo di tanto in tanto con spruzzi d'acqua. Perché in umido?
Per evitare che le violente contrazioni del legno, prodotte dalle variazioni
di temperatura, producano dannose fessure agli incastri, non era utilizzata
colla, solo incastri di alta precisione. Naturalmente il termine aveva
anche i suoi accrescitivi e diminutivi, ma quasi mai spregiativi: conteneva
l'impasto del pane, Corpo del Signore! Lo spregiativo maiddazza si usava
per indicare un donnone, sproporzionato in tutti i parametri antero/posteriore,
laterale, di altezza etc. Il diminutivo maidduzza indicava soltanto la
capienza.
Malacarni: (frequentemente pezzu i malacarni) non soltanto poco affidabile,
ma anche pericoloso: un mostro! di malignità e volgarità.
Malocchiu: (a Napoli o in altre parti del mondo si dice jella) La capacità
che alcune persone avrebbero di provocare malesseri fisici e angustie
morali su altre - capacità che, probabilmente innata, la scienza
attuale non nega né accetta! Chi ha queste “doti“ può esercitarle
sia in positivo (alleviare i mali, togliere la iella) che in senso negativo
(provocare mali e conseguenze).... personalmente resto convinto, in ogni
modo, che queste “funzioni paranormali“ possono essere esercitate sia
inconsciamente sia volutamente e sia non tutti i destinatari sono, diciamo
così, recettivi. Il termine potrebbe nascere dall'interpretazione
popolare di mal d’occhio, nel senso di occhio malo, cattivo, per la perdita
della preposizione e con una diversa ortografia, quindi forza, capacità
di provocare del male soltanto con lo sguardo .Resta d’uso frequente fora
malocchiu: stia lontano da noi lo sguardo jellatore; questo modo si usa
anche come formula di augurio, e, spesso quando si può costatare
qualcosa di più grande, molto più grande di quanto ci si
aspettava.
St’annu fici setti tumina i patati, fora malocchiu: quest’anno ho prodotto
sette tomoli (circa 350 Kg.) di patate...si direbbe meglio: grazie a Dio!
Maularu: (a) colui o colei che fa le moine.
Majalinaru: uomo esperto nella castrazione dei maiali. In paese ve
n'erano tanti, ma spesso, per le campagne girava un uomo con un trombetta
con la quale si annunciava; credo venisse da uno dei paesi vicini. La
castrazione cruenta era effettuata senza particolari precauzioni igieniche....così...,
con un coltello affilato...si apriva estraendo gli organi riproduttori
(testicoli per i verri ed ovaie per le femmine), una "passatina di
olio con una pezzuola"....per evitare infezioni...e, le bestie vivevano!
Ora castrazioni ormonali, clonazioni....: tutto moderno. Ma quell'arte
chi sa più esercitarla? Veterinari? Certamente no!....Altri esperti?,
pochini, se ve ne sono e, con quali precauzioni!
Malanova: dal latino brutta notizia, più spesso malanno, malattia.
Malanova mi ti pigghjia = che ti venga un malanno.
Malappena: a mala pena; un pochino, quasi nulla.
Malarruni: scacciapensieri. Strumento musicale rudimentale: un cerchio
metallico non chiuso e con i becchi molto allungati, al centro dei quali
v'è un'asticella (saldata solo da una parte alla struttura), capace
di vibrare, se saputa sollecitare. Lo strumento si appoggia alla bocca
e si chiude il cerchio con il vuoto della mano; facendo vibrare la "linguetta"
e, chiudendo o muovendo, opportunamente sia la mano sia le labbra, si
ottengono dei suoni duri, aspri, lugubri, ma pur molto belli. Sinonimo,
familiare, Nzungutuleu: i termini sono onomatopeici.
Si afferma che lo strumento sia stato inventato e costruito da Vulcano
(fabbro degli dei: u furgiaru du paradisu) che lo consegnò, per
l'uso ad Apollo, ma questi non lo gradì, a causa dei suoni, e,
lo buttò nelle falde dell'Etna..... i primi abitatori dell'isola
lo trovarono e se ne impadronirono, e, molto generosamente, lo affidarono
a viandanti (zingari) perché lo portassero nei lunghi viaggi. Di
recente e con le stesse utilizzazioni è stato ritrovato in alcuni
villaggi della Siberia. Chissa? Portato da viandanti? Prodotto locale?
Ancora oggi è uno dei simboli del folklore siciliano. L'origine
del nome parrebbe una contrazione di malulatruni, o, marulatruni (ladrone
cattivo o defunto, povero, ladrone) proprio perché sembra che i
suoni siano rubati dalla linguetta alla bocca.
In alcuni rioni si dice mangalarruni.
Si dice: un siciliano innamoratissimo del suono di questo strumento,
ma incapace di usarlo, abbia incontrato un calabrese abile suonatore....
mi dissinu chi ssi calabbrisazzu
e ssoni tantu bbellu u malarruni
veni a me' casa e llignimi lu rrazzu
ti dugnu quantu vo'...jaddi e ccapuni.
mi hanno assicurato che sei calabrese e suoni così bene lo scacciapensieri,
vieni a casa mia e crea la tua "razza" .... (suonatori, artisti..),
- e, qui, come d'abitudine, il doppio senso: la tua razza, o la razza
dello strumento? - ti do quanti ne vuoi galli e capponi.
Malarruni: epiteto attribuito ad un nullafacente, scanzafatica; di corporatura
solida, ma longilinea.
Mali pi mmia!: esclamazione di dolore/terrore: presagio nefasto; esagerata
preoccupazione per ciò che sta accadendo o che dovrà accadere.
Malignu: maligno, malizioso. Talvolta nel significato di furbo, attento
a precedere gli altri; che gode delle amarezze altrui: il diavolo!
Si u malignu non nci menti a cuda: se il diavolo non ci mette la coda...tutto
andrà bene.
I maligni nd'hannu a lingua longa: i maligni sparlano sempre....
Malumbra: sfortuna, mala sorte.
Malu pilu: la peluria sottostante alle zone capellute; il primo pelo,
quello che si ricambia cadendo giovanissimo. Sta ad indicare giovane età,
tenerezza, attenzione.
Mamma: mamma. Si usava frequentemente anche nei confronti di chi non
era genitrice, ma una persona verso la quale si porta filiale affetto;
mamma (seguito dal nome) si diceva frequentemente anche nei confronti
di chi temporaneamente aveva dato il suo latte, non come balia. Il termine
mammà era usato in un certo ambiente sociale e culturale.
Mammaluccu: (dall'arabo mamluk, schiavo) Schiavo, babbeo. Termine certamente
importato da reduci delle guerre d'Africa i quali si riferivano ai "mammalucchi"
(mercenari dell'esercito egiziano), come se fossero degli stupidoni, ignorantoni,
duri di comprendonio. In tal senso è stato ed è tuttora
usato.
Manata: quantità di qualsiasi cosa che può esser contenuta
in una mano; schiaffo, pacca. Più propriamente quantità
di cereali appena mietuti nell'attesa di esser raccolti in covoni (mascara)
e quindi raggruppati in fasci (regni) per il trasporto all'aia: 7/8 manati
per un mascalaru, 7/10 mascalari per una regna.
Manata i fumeri: si diceva anche di persona di poco conto: pezzo di
merda.
Manatedda: una quantità più piccola della manata. Potrebbe
essere una...traduzione dall'italiano mannello, appunto, piccolo fascio
d'erba .Persona senza personalità. Si potrebbe considerare il sottomultiplo
del mascalaru (vedi) e deriverebbe dal latino manus.
Mancupatu: (femm. mancupata) il termine di immediata traduzione è
"handicappato", ma questo barbarismo (si dice per tutti i termini
importati da un'altra lingua....e, oggi ve ne sono proprio tanti), è
arrivato di recente nella lingua italiana. Piace meglio: impedito temporaneamente
incapace. Era usato soprattutto al femminile per indicare una donna incinta,
gravida. Al maschile specificava le difficoltà fisiche, talvolta
soltanto temporanee, di qualcuno; e, indicava più precisamente
l' "handicap" mentale, difinitivo, irresolubile.
U mancupatu, spesso faceva tenerezza per le sue difficoltà,
non era emarginato anzi lo si aiutava ad inserirsi al meglio nell'ambiente.
Mancusu: esposto a manca, al tramonto; non soleggiato . Poiché
si assume venga dal latino moncus, monco, mancante, si possono individuare
tutti i significati spregiativi relativi. Non di rado era usato per indicare
persona poco socievole o del tutto...cattiva .
Mandagghiu: (dal greco mandàlion, chiavistello) piccolo pezzo
di legno adattato ed inchiodato ad uno stante, girevole sul chiodo centrale,
o laterale, che serve per chiudere porte, finestre, cancelli. Chiusura
di sicurezza. Una cosina piccola, con tanta importanza.
Mandagghiu: soprannome per persona buona a nulla, di statura piuttosto
alta e magra.
Mandra: mandria di bovini. Non raramente usato per indicare il gregge...
di ovini .
Can'i mandra: cane da mandria. Una persona molto attenta; intelligente,
furbastro. Sempre sveglio e perspicace.
Mandracchiu: piccola mandria; piccolo gregge, di solito di pecore o
anche di altri piccoli mammiferi domestici: maiali, capre.
Mandrigghiu: piccolo ovile; stalla di limitate dimensioni.
Manganeddu: piccolo manganu (vedi.)
Manganu: attrezzo per rompere le parti legnose e liberare le fibre
vegetali (ginestra, canapa, lino, agave) destinate alla filatura e quindi
alla produzione di tessuti o cordami. Attrezzo simile in Toscana esiste
tuttora ed è chiamato gramola.
Era costituito da una sorta di cunetta scavata in un grosso tronco di
legno duro: circa 40/50 cm. di lunghezza per 10/15 di larghezza; ad una
cima, con un marchingegno, vi era agganciato un mattarello con lungo manico,
di dimensioni appena più piccole della cunetta dell'attrezzo, tanto
da consentirgli di scendere agevolmente, ma non molto. I fusticini, già
trattati (vedi cannimu, linu, lijanara, hjnestra), erano tenuti raggruppati
con la mano sinistra ed appoggiati ai bordi superiori della cunetta, mentre
con la destra si manovrava il mattarello (detto anche battagghiu) rompendo
le parti legnose e friabili del fusto, liberando così le fibre.
Ha anche il significato di qualcosa di grande e sempre aperto.
Ndavi nu manganu: ha una bocca grande; parla sempre e spesso a sproposito;
vuol mangiare; esige "tangenti" e lo fa capire.
Mangiaggiuni: (anche mangiasumi) (dal francese demangeaison, prurito)
prurito, anche dolorino, piccolo fastidio fisico.
Mangiari: l'atto del mangiare per alimentarsi. Prendere, pretendere
qualcosa per concedere un particolare favore. Significa anche prudere,
bruciare.
U mangiari e mbiviri ti sana, u tantu lavurari ti cunsuma: mangiare
e bere ti fa star bene il troppo faticare consuma.
U mangiari è ddi rraggiuni, cu no mmangia a mpalisi mangia a
mmucciuni: mangiare è un diritto ed è una necessità
fisiologica perciò chi dice di non voler mangiare (di fronte agli
altri) certamente mangerà di nascosto... deve pur vivere!
A me' casa si mangia carni e pasta: a casa mia si mangia bene; non
abbiamo bisogno di nulla.
Mangia a quattru ganasci: mangia a quattro ganasce, smodato, esagerato;
richiede parecchio per le sue prestazioni.
Si mangiau tutti i soddi: s'è mangiato un patrimonio.
Si manginu puru i scorci: mangiano di tutto, non hanno gusto. Mangiano
anche le bucce per necessità.
U so' mangiari: come mangia bene!, come sa scegliere, selezionare!
Su (a) mangiau: (un uomo e, rispettivamente, una donna) se l'è
mangiato; ha speso il patrimonio dell'altro (a); l'ha posseduto (a) fisicamente.
Cu paga i pisci avanti, arretu s’i mangia fitenti: chi paga in anticipo...non
può avanzare reclami se...la merce non è buona, secondo
le sue attese; chi paga il pesce prima di averlo rischia di mangiarlo
già passato.
A jatta si mangiau 'nchilu i pisci e...dopu pisava tri quarti: la gatta
ha mangiato un Kg. di pesce...ma dopo pesava appena tre quarti; esser
furbi, attenti a non fare notare agli altri le proprie esigenze.
A mmia mi mangia: le preoccupazioni (il prurito, le attenzioni) sono
mie!
Camora ti mangia!: hai prurito, non puoi star fermo; hai rivolto le
tue attenzioni a....
Mi mangia nda cciuncatina: ho prurito nella ferita; mi prude....la
ferita...morale.
Mi manginu i mani: a): ho intenzione di menare botte....a chi non sta
in ordine, o per dare una lezione; b) ho bisogno (proprio bisogno) di
far qualcosa, di muovermi; c) ho prurito nelle palme delle mani.....,
secondo la mentalità popolare ciò poteva significare che...devono
arrivare denari...che arriveranno, non si ancora com'e da dove.
Mangiata: a) una sacco di botte; b) un buon pranzo, una buona cena;
c) la tangente.
Mangimi: (oggi!) tutti i mangimi per bestiame e non, clonati e o "geneticamente
modificati" Mangime, quel che serve per vivere, in questo senso era
usato, ma indicava anche "pizzo" tangente, taglia.
Mangiuliari: si usa, parlando di piccoli e/ ammalati - bambini o animali
- per indicare se viene prodotto lo sforzo sufficiente per nutrirsi abbastanza.
Mangiare un pochino. Ironicamente significa mangiar troppo, pretendere
troppo.
Mangiuniari: sbofonchiare; mangiare molto e disordinatamente; aver
sempre...insoddisfatto appetito. Offendere, aggredire, usare violenza
a parole.
Non potti mancu parrari chi mi mangiuniaru: non ho potuto esprimere
il mio pensiero totalmente...che mi hanno aggredito, strapazzato.
Maniari: metter la mani; smuovere, rimuovere, maneggiare, usare . Trafficare
con le mani.
Mania ssa minestra: rimescola codesta minestra.
Maniatila...si nnò si bbruscia: giratela bene altrimenti brucia.
Se volete proprio darmela a bere...ditela in altro modo.
Nci dugnu 'na maniata: gliene do ....Oppure, rigiro la cosa a mio favore!
E' nutili ca' maniati: è proprio inutile che tentiate di girarla....
S'a' maniaru tutti: (i una donna...un po'), molti le hanno messo le
mani addosso!
Cu...mania fumeri...!: chi rimescola...merda. Infatti mania fumeri
significa proprio: stronzo, pezzo di merda.
Danci l'arti a ccu' la sapi fari e nno li ferri a ccu' ne sapi maniari:
faccia ognuno il suo mestiere e lo faccia bene. Far fare le cose giuste
e buone a chi sa farle ( ha l'arte ), è inutile dare strumenti
o mezzi a chi non sa usarli, o non vuole.
So' maritu (so' muggheri) na (no) sapi maniari: suo marito, rispettivamente,
sua moglie...non sa trattarlo (a); non riesce a ricondurlo(a) a ragione....non
riesce a soddisfarlo(a) sessualmente.
Na maniati assai....chi puzza: inutile rigirarla.... alla lunga... puzza,
compare la verità.
Maniata: attenta rimestata. Toccata passionale ed attenta ad una donna.
Nci dessinu na' maniata!: glien'hanno dato! L'hanno ricondotto a ragione.
Manichinu : a): (dal francese mannequin, manichino) manichino, modello
di legno sagomato che, di solito, rappresenta, in forma schematica il
busto di una persona. Usato dai sarti, per uomini e per donne, per appoggiare
e sagomare il vestito - soprattutto la giacca - in produzione. Ora esistono
in plastica e sono presenti, in maniera, talvolta indiscreta, in tutti
i negozi di abbigliamento, b) l’uncinetto: sorta di grosso ago senza cruna
e con la punta vagamente ricurva ad uncino, come un amo ; arnese usato
con molta generosità e competenza da molte mamme e nonne.. d ’epoca
per produrre dalle copertine ai maglioncini - talvolta veri capolavori
- che figli, figlie, nipoti...esibivano con orgoglio. E’ pensabile che
il termine manichinu sia venuto dall’uso dell’arnese : con una mano, con
le mani; o, più probabile, una derivazione dal francese mannequin,
forma di legno, ma forma!
Manicotu: manesco, sia chi le sa dare, sia chi usa bene le mani…per
toccare; in questo senso si usava per indicare un uomo che, insomma, che
ci sa fare con le donne.
Manicula: cazzuola, l'arnese indispensabile al muratore. Il diminutivo
indicava una dimensione più piccola . La forma: una lastra metallica,
di solito triangolare con la punta arrotondata ed in unico pezzo terminante
in un ferro a forma di "manico di mola" quadrato ed appuntito
per infilarci, in modo stabile, il manico di legno abbastanza levigato.
Ve n'erano alcune molto grandi e con la punta quasi quadrata per particolari
usi.
Menza manicula: qualcuno che si atteggiava, ma che muratore (artigiano,
completo) non era.
Maniedda: un asse di legno che serve all'occorrenza da leva per spingere,
sollevare, adattare . Era anche la leva corta del frantoio, usata soltanto
da uno o due uomini .vedi. Trappitu
Manigghia: serratura, congegno per chiudere: un pezzo di ferro con
un piccolo manico che può scorrere tra delle guide. Mezzuccio.
Cu nd'havi manigghi !...chi ha i mezzi adatti !
Manna: a) la manna del Cielo, di sapienza biblica. b) una certa quantità
di fieno per alimentazione animale; un certo foraggio.
A manna du frenu: si realizzava facendo ritorcere le erbe o la sulla
secche ed aveva, in genere anche il significato di quantità: tre
bracciate di un uomo di alta statura, quantità che si riteneva
sufficiente come foraggio per una giornata. (vedi frenu).
Dal proprio vissuto: negli anni 50 un tizio, poi finito grande medico
nella città di Reggio, si presenta agli esami di Clinica Dermosifilopatica
(nome di allora), all'Università di Messina.
Il Prof. Ciaccio, luminare dell'epoca, inizia a far domande...ma l'allievo....
muto... si rigira le dita...Il Prof. che non era tanto cattivo, cerca
di aiutarlo invitandolo a rispondere, al limite anche in dialetto.....ma
ancora scena muta. Spazientito il Prof. chiama il bidello: "va pigghia
'na manna i frenu".....e, l'allievo veramente perspicace,..."e,
ppi mmia nu caffé" (vai a prendere del fieno..., intuitivo
per quest'asino) l'allievo comprende ed aggiunge: per me un caffè......
superando l'esame con il minimo, pur avendo fatto scena muta, perché
il Professore ha voluto premiare la prontezza dei suoi riflessi. Lo studente,
infatti, capovolgendo il giudizio dell'esaminatore poiché aveva
ben capito che il fieno serviva proprio per lui (asino, studente), ha
voluto dar lo stesso giudizio sul Prof....il quale, l'ha presa bene, promuovendolo!
Mannaja: mannaggia, per esprimere impazienza, disturbo, insoddisfazione
e per bestemmiare unitamente al nome ...del Santo.
Mannara: la mannaja, la forca: della quale molti ne parlavano ma, è
presumibile , che ben pochi conoscessero.
Mannedda: vedi. Manatedda . Sinonimo di mascalaru piccolo covone di
cereali appena mietuti ...vedi. voce.
Mannisi: boscaiolo, legnaiolo; esperto di scuri e arnesi "manuensi".
Fimmina mannisa: (o semplicemente mannisa) donna di casa, buona massaia;
saggia consigliera.
Mansu: (raramente manzu) quieto, tranquillo, buono, ubbidiente, addomesticato.
Si diceva per qualsiasi animale domestico anche per significare mansueto,
adattabile, educato. Riferito ad un uomo si voleva significare che…insomma…non
aveva attitudini propriamente mascoline.
Manta: grandissimo drappo di velluto nero variamente fregiato in oro
per coprire il catafalco: castelletto in assi di legno sul quale viene
poggiata la bara per la cerimonia funebre. Ma era anche il grande mantello,
gentilizio, a ruota e il grande drappo di tessuto di lana per coprire
i cavalli . Dal latino mantellum .
Mantella, mantillina: mantello a ruota, sia per gli usi maschili sia
femminili.
Ndavi na mantella! ha una sagoma!, ha un bel vestito.
Manticiari: muovere vertiginosamente in maniera disordinata. Dargliene
di santa ragione. Toccare....una ragazza, pomiciare.
Mantonicu: qualità di vite e di uva ottima per vino , della
fascia basso jonica che alligna, però, fino ai 300 / 400 mt. s.l.m.
Mappatula: matassa aggrovigliata della quale è impossibile trovare
il capo. Persona dal carattere introverso; disordinato(a).
Marbizza: tordo. Jiri a marbizzi = andare a caccia di tordi.
Marcanzuni : mascalzone .
Marchisi: il marchese; il periodo mestruale della donna
Nd'avi u marchisi: ha le sue regole; ha la luna di traverso.
Margiu: terreno non (ancora) coltivato: terreno vergine. Al femminile
si usava, nel discorso figurato di certa gente, per indicare una ragazza....senz'altro
, ancora vergine .
Ndo margiu, mangi erba: a) : nel terreno giovane, vergine, pulito,
trovi abbastanza da mangiare e da mangiar bene, b) ma anche l’esatto contrario:
se non ha lavorato c’è poco da chiedere al terreno, soltanto erbette
con poca sostanza .
Mariari, mariarsi: (vedi amariari) amareggiare, amareggiarsi. Darsi
della pena, essere in pensiero; attendere con ansia.
Non 'nvi mariati: non amareggiatevi, non datevi pensiero
Maricchieddu: (anche amaricchieddu) poverino, poveraccio.
Mariolu: mariuolo, ladruncolo; astuto, malizioso.
Marmaruca: fissazione; stizza, collera . Potrebbe derivare dall'arabo
marmara , adirarsi .
Marmitta: marmitta, grandissima pentola in rame, in alluminio, in latta...E'
tipica quella per il "rancio" dei militari (almeno....era).
Marmitta: parte del congegno per l'espulsione dei gas di scoppio delle
automobili.
Mrmittuni: soldato di prima leva; persona dalla pancia prominente.
Marrabbutu: ipocrita, bacchettone. Dall'arabo marbut , uomo votato
alla vita ascetica .
Marranu: (usato soprattutto come soprannome): cafone, vile, sporco,
stupido. Dallo spagnolo simile marrano o dall'arabo muharran.
Marrastici: soprannome adattato a persona sempre pallida, macilenta
e senza gran voglia di lavorare; quasi non avesse voglia di stare in contatto
con la gente....ma senza malignità.
Marrazzu: (dallo spagnolo marrazo, coltello da macellaio) mattarello,
coltello particolare adatto a tagliare e spezzare: lama molto spessa e
larga e manico robusto, serve soprattutto per ...rompere le ossa e le
parti fibrose .
Marredda: gioco popolare (oggi "tris"), molto in uso fino
agli anni 50. Disegnati due quadrati (di diverse dimensioni) sul terreno,
tracciate diagonali e suddivisi a croce con opportune linee, si giocava
sistemando dei legnetti, di diverso colore, ogni volta tentando di impedire
all'avversario di realizzare ...il tris: cioè tre posizioni lineari
agli incroci.
A' manja a marredda: sa darsi da fare; riesce in tutto. Si da fare
con le mani: ruba.
Si nchiana a marredda! se riesce nei suoi scopi.....potrebbe vendicarsi
e/o aiutare altri ad uscire da situazioni imbarazzanti. Ma significa anche
...se riesce ad avere un'erezione !....se riesce...!
E' lentu i marredda.... non capisce...non riesce...non ce la fa.
Marretta: una zappa di dimensioni particolari: stretta e lunga; serviva
per zappettare, rompere la crosta del terreno, per consentirne l' ossigenazione.
Marrubbiu: erbacea spontanea degli acquitrini, molto simile all'ortica;
la pagina superiore della foglia è di un verde molto denso, mentre
la pagina inferiore è argentea con una folta sottile peluria. Toccata
o stropicciata emana un forte profumo di bosco. Ottima come foraggio e,
si dice, altrettanto buona per la preparazione di un liquore amaro, ottimo
come digestivo.
Marruggiu: manico di un arnese, di solito lungo: piccone, zappa, ascia
. Si usava anche, nel linguaggio di politesse, per indicare gli attributi
sessuali maschili.
Chi mbali ssu marruggiu: (quel tizio) non vale niente, è soltanto
come un pezzo di legno, non del tutto dritto; non ha iniziative né
capacità.
Martisi: nel linguaggio di persone molto anziane o già scomparse
significava: becco, montone, maschio della capra o della pecora e per
estensione, come epiteto, anche cornuto. Si usava anche per indicare "l'uomo,
il maschio" della Signora....della quale, però, non si faceva
mai il nome. Attualmente usato con il significato di cornuto.
Martiseddu: sorta di piccola fornace, da cucina, di terracotta, per
arrostire...odierno barbecue. A forma di doppio tronco di piramide quadrangolare
con la due basi minori incastrate l'una sull'altra. Constava di due parti:
l'inferiore, portante ed atta a raccogliere le ceneri, la superiore con
griglia al centro per contenere le braci e griglia in alto - sempre in
terracotta, per appoggiare le vivande da cuocere. Esternamente, l'estro
dell'artigiano si sbizzarriva a disegnare e scolpire varie immagini: un
beone, l'idea della bistecca, la testa di un caprone.... Ora ? Iniziative,
capacità !?.
Marsala: Città siciliana e vino tipico della zona. Veniva usato
piuttosto come aggettivo qualificativo sia per indicare le bontà
di un certo vino che per specificare la dolcezza del carattere di alcune
persone.
Maru: (anche a-maru) poveraccio. Chi è già ....di là...al
riposo eterno o vive di stenti per incapacità o impossibilità
fisiche.
Maru, maru,chi nci mbattiu!?: poveraccio lui! Cosa gli è accaduto?!
Marusu: amareggiato; attento; amaro difficile.
Est nu pocu marusu : è un po' difficile; costa parecchia attenzione
e fatica ....
Marzu: (alcuni preferivano marsu) marzo, il terzo mese dell'anno, con
tutta l'aneddotica e le dicerie a proposito della pazzia......
Marzolu: del mese, nato nel mese di marzo, quindi pazzarellone; però
casu marzolu, Puddastri marzoli (formaggio o pollame del mese di marzo)
sono pregiati di gusto e di qualità.
Marzucca: mazurka, il comune ballo d'origine slava . Lo conosceva...chi
aveva girato il mondo; taluni erano veramente molto bravi a far le girate
alzando una gamba, ma in paese tutti si sapeva il significato di votila
a marzucca fai come vuoi; dai il senso che vuoi; racconta quello che vuoi;
insomma metterci qualcosa di personale nel particolare episodio modificando
totalmente il significato.
Mascalaru: covone di cerali appena mietuti del peso di 7/10 kg.; per
legarli c'era una particolare tecnica che consentiva il risparmio dei
legacci: con alcuni fusticini (lmeno una ventina), presi sono la sinistra
per la cime (spighe), si faceva il giro della circonferenza annodando.
Normalmente, i mietitori, lasciavano ben ordinate, ma sparse sul terreno,
i manateddi (a manatedda) quanto poteva contenere la mano, sinistra, per
il taglio con la falce, da destra, raggruppando alcune secondo i passi
e della velocità di taglio.
Mascaratu: (a) mascherato, che si nasconde dietro una maschera, di
solito brutta. Frequente rimbrotto a chi ha commesso marachelle.
Eh! ascaratu!: eh! faccia di maschera.
Mascaratu! ...e ttu chi ffacisti?: faccia di maschera! e, tu cos'hai
fatto?.
Pariva nu mascaratu: sembrava una maschera: per la collera, per l'ira,
per lo spavento, per la paura....o per le molte sanguinanti ferite, dal
volto, dalle membra.
I mascarati: le naschere di carnevale.
Mascidda: ascella. Piegatura; curvatura molto stretta.
Mascina: (scritto proprio così) la macchina, una macchina qualsiasi.
Nel caso specifico il termine si usava per indicare il....grammofono a
corda. La macchina era stata importata negli anni del dopo terremoto 1908
o negli anni a cavallo della I^ Guerra Mondiale (1915-18) quando sono
tornati i primi emigranti dalle Americhe. (**) Avevano imparato, sul posto,
il termine mascine (certamente scritto alla francese machine e, pronunciato....come
si poteva, allora) e lo avevano importato assieme all'apparecchio con
il solo significato che conoscevano. (**) Vedi. anche voce Merica.
Masculu: maschio, di sesso maschile. Il chiavistello della serratura;
il "colpo più forte" dei giochi pirotecnici.
Spararu i masculi: è la fine; non ce n'è altri; gli ultimi
giochi.
Masi: Maso, dim. di Tommaso.
Masijaddiu: non sia mai Iddio; ce ne liberi Iddio; mai sia, lo giuro,
per Dio!
Masi jaddu: Gallo Maso; uno qualsiasi, ma anche il capetto del rione.
Si dice anche di persona della quale non si vuole (o non si può)
fare il nome; un tizio, qualcuno. Ma si dice, proprio perché gallo
e canta, di qualcuno che ha cantato, canterà...fa la spia.
Zzappativi a vigna!, chi vvi pari ca zzappa Masi jaddu?: (esplicito
invito a lavorare, a non sperare sull'aiuto di altri): zappate la vostra
vigna, non viene il gallo Masi a lavorare per voi.
Ora nciu faci masi jaddu: (quel lavoro) se non lo fa lui...non lo farà
nessuno; non si trova alcuno che possa e voglia farlo.
Massaru: massaio, bifolco, nel senso di chi guida ed addomestica i
buoi, ma anche proprietario di masserie; si usava anche al femminile (massara)
ma significa a) proprietaria di masserie. b) donna di casa, buona mamma
di famiglia.
Massaru i muntagna: proprietario di terreni in montagna; chi è
abituato a vivere in montagna con maggiori sacrifici e spirito di adattamento.
Massaru: si premetteva sempre al nome di una persona di una certa dirittura
morale, di particolare intelligenza e capacità, di anziani di un
certo riguardo.
Sembra che nei gradini gerarchici della onorata società rappresentasse
(ci auguriamo, non più al presente e in avvenire) una posizione
di grande riguardo: in pratica colui al quale si rivolgevano i giovani
per aver consigli e per far giudicare le proprie azioni.....
Era anche una persona super partes al quale si rivolgeva la gente per
risolvere controversie. In tal senso è stato anche soprannome per
una famiglia il cui capo certamente ne aveva titoli e capacità...i
discendenti...molto meno!
Massaru i paricchia: chi guida i buoi appaiati al giogo dell'aratro
(o del carro) è competente sul tipo di aratura, di sementi...E',
insomma, chi se n'intende ed assomma in sé tutte le capacità
necessarie per mandare avanti l'azienda.
U massaru da cuntissa: l'amministratore dei beni della contessa (probabilmente
anche l'amante, o, l'uomo di fiducia)....è un po' ipocrita, sa
fare le sue cose e sa ben nasconderle agli occhi del mondo; sa fingere
....e ..fare il diplomatico.
Si vvo' vidiri la fimmina massara, guardila quandu ddumna la lumera:
per capire se una donna è una buona massaia (madre di famiglia,
attenta, economa) bisogna valutarla quando accende (conto vento) il lume
ad olio... quanti fiammiferi consuma? qual è la sua capacità?.
Masticari: l'atto del masticare; mangiare, capire, comprendere, adattarsi,
schiacciare, pestare, rompere.
Masticati assai: masticate molto, rendete il cibo più duttile
per una buona digestione. (Interrogativo?): pretendete molto?, vi attendete
molto?.
N'a mastica: (è inutile), non la capisce, non si adatta; è
limitato di capacità mentali.
Nci dessi na masticata!: gli ho dato una strattonata; glien'ho appioppato
quattro! L'ho indotto, costretto, a stare attento.
Cu no mastica chi so' denti non campa assai: chi non può masticare
con i propri denti non vive a lungo. Va notato che, non esistendo possibilità
di adattamenti protesici (non c'erano le tecniche, mancavano i denari),
chi perdeva i propri denti, per qualsiasi ragione, era costretto a mangiar
soltanto cibi liquidi con le immaginabili conseguenze per la salute. Significa
anche: chi non riesce a far da sé e deve appoggiarsi ad altri....non
ha vita facile.
Mastica bbrodu: lento, lentissimo; chi parla molto lentamente; fa un
lavoro inutile; spreca il suo tempo.
A masticau pi ddu uri: l'ha pensato per un po'...l'ha ripensata .
Mastra: solco di grandi dimensioni, scavato e protetto, eventualmente
anche con muri a secco, longitudinalmente al terreno per convogliare e
fare scorrere le acque piovane. Grande condotto, fatto con solchi di terra,
per far scorre enormi quantità d'acqua per la ripartizione e successive
irrigazioni del terreno.
Si rrumpiru i mastri e fici danni: (c'è stato un temporale)
si sono rotti i solchi di convogliamento e l'acqua ha provocato molti
danni.
Mastragulu: (oppure mastraulu) solco maestro; insieme di solco e rilevamenti
laterali che suddividono l'orto.
Mastredda: tavoletta di forma ovoidale con un solco perimetrale e relativo
canale di scolo sulla quale venivano appoggiate le forme fresche del formaggio
per la prima asciugatura . Anche il piatto metallico del torchio sia per
le olive che per l'uva.
Mastru: il maestro, colui che sa...di quel mestiere; quindi un mastru
bbarberi, un mastru fallignami, un mastru muraturi, un mastru caddaranu,
un mastru sartu etc.
Si diceva u mastru, seguito dal nome del mestiere o soltanto, per chi
veramente era il migliore nella specialità: “u mastru“ che non
di rado assumeva anche il titolo, temporaneo o definitivo di appellativo
e, quindi, l’epiteto specifico. Nel parlar frequente si usava indicare
come tali il falegname ed il muratore . Per molti di loro si indicava
anche il nome di battesimo e per altri, quasi ultra specialisti, il cognome.
Alcuni mestieri erano del tutto dileggiati: nu scarparu ! senza però
volere offendere nessuno in maniera specifica, si diceva per un medico
incapace per es..
Dumani veni u mastru: domani verrà quel tale capace di riparare,
costruire, adattare ....
Quandu veni u mastru ...: ... tutto rimandato...a, quando viene chi
può fare .
C’era un mastru caddaranu, morto intorno agli anni 50, che era arrivato
molti anni prima da un paese vicino, portandovi le usanze e le inflessioni
dialettali, nonché gli atteggiamenti. La famiglia numerosa non
gli ha mai consentito un tenore di vita....elevato. Ha vissuto sempre
di “arrangiamenti“, ma non ha mai dimenticato quel fare diplomatico, caratteristico
della gente...buona . Per cui sapeva sempre (ahinoi!) far finta di invitare
a casa sua, per un bicchiere o per il pranzo, qualsiasi ....”amico“, cosciente,
però di non poter far fronte alla necessaria ospitalità;
ma in ogni modo, invitava.... sperando nel cordiale e ...diplomatico rifiuto.
I guai, proprio, quando, invece, l’invito veniva accettato.....Ne è
nato un detto: mbivimu, mangiamu, ndi mastru Pascali, oppure quandu jamu
ndi mastru Pascali ... cioè, mai!
Mataffu: (dall' arabo mi'daqq: peso) vedi mazzira.
E' mmataffatu bbonu: (la doppia consonante iniziale è frequente
...per moltissimi termini!) è ben conservato. Si direbbe anche,
nel gergo moderno, è ben "raccomandato", nascosto, protetto.
Mataluni: un enorme peso inutile; senza cervello, sciocco. Si dice
facilmente di un ragazzo cresciuto fisicamente troppo in fretta ma ancora
bambino psicologicamente.
Mataroccu: (secondo alcuni mataloccu) poltiglia non gradita.
Facisti nu mataroccu: (della minestra) l'hai fatta troppo scotta.
Mangiati, chi ssi faci mataroccu: sbrigatevi a mangiare altrimenti
diventa una poltiglia di poco gusto.
Putiva suppurtari ddu mataroccu?!: potevo sopportare quel pesantone?!
Mataroccu: (nel corso della frase) imbroglio incomprensibile ; pasticcio.
Matina: mattino, prime ore della giornata. Matinata, fino a mezzogiorno.
Ca matina!: sbrigarsi presto; muoversi di buon'ora; operare con sollecitudine.
Cu ttri uri i matina: molto di buon'ora, circa tre ore prima dell'alba.
In spagnolo esiste il verbo: madrugar (madrugata: molto presto di mattina),
alzarsi molto presto...
Na matinata i mbernu - na matinata i suli liuni: un mattino d'inverno;
un periodo molto breve - un mattino molto lungo, chiaro, soleggiato e
caldo.
U bbonu jornu si vidi da matina: chi ben comincia...; la buona giornata
si vede già di mattino.
Ca matina: molto solleciti; svelti.
Matirda: nome di donna Matilde. Usato frequentemente per indicare “un
donnone“, spesso poco intelligente ma semplice e buona d’anima: ingenuona,
sempliciotta .
Matria: utero degli animali domestici, ovaia. Non di rado usato anche
nei confronti di donne.....che.....fanno uso...frequente... del sesso
...
Matruni: mal di stomaco; malessere generale provocato
da difficoltà di digestione. Si usava anche per indicare i malesseri
tipici del periodo mestruale .
Mattula: matassa. Raccolta ordinata di qualcosa. Assumeva, talvolta,
anche il significato di misura per es. per la seta cruda (quando esistevano
gli allevamenti del baco da seta) per la lana e, in genere, per i filati
...caserecci.
Dopu ch' i' mmattualamu: quando avremo finito di mettere in matasse
o di ben ordinare.
Quantu mmattulu stu lettu: appena avrò finito di rifare questo
letto.
Maussa: pistola. Certamente volgarizzazione di "mauser" marca
di pistola (di fabbricazione tedesca?)
Mazza: mazza, grosso pezzo di ferro di qualche kg. con un occhiello
per il manico di legno, per battere con violenza cunei, paletti etc. e
per "batti il ferro finch'è caldo". Arnese tipico del
fabbroferraio.
Mancu si nci calinu ca mazza: (quel tizio non capisce proprio nulla;
non riesce a recepire), proprio anche con la forza non si riesce a fargli
capire qualcosa... con la forza di una mazza.
Mazzacani: sasso, ciottolo della grossezza, più o meno di un
pugno umano appunto quanto basterebbe per ammazzare un cane....!
Mazza e piriddu: ( ved. "appendice" Giochi )
Mazzara: pressa. Dall'arabo m'sara, pressa. Si diceva mintiri sutta
mazzara (o mazzira ) come mettere sotto pressione o pressa; per es. le
melanzane, i peperoni etc. per fare le conserve o predisporre le conservazioni
per l'inverno. La mazzara era un peso, di solito un grosso masso, rotondeggiante,
ma non di rado anche pesi di ferro o di altro materiale secondo la grandezza
del recipiente contenitore: una cesta in vimini o vimini e canne in modo
che la salamoia potesse colare lentamente attraverso le ...fessure.
Mazzata: violento colpo; colpo di mazza.
Megghiu na lira ca na mazzata 'ntesta: meglio una lira in tasca che
una mazzata in testa: evidente!
Mazzetta: piccola mazza, di circa un kg. e con manico corto, sui 40
cm.
Mazzetta: percentuale, pizzo.... che qualcuno esigeva sugli affari
degli altri.
Pagari a mazzetta: pagare il pizzo; mettersi in regola anche con il
Fisco.
Mazzera: (vedi anche mazzara).
Sutta mazzira: conservato, ben tenuto.
Mazzola: a) uno dei due legnetti con i quali si batte il tamburo. b),
piccola mazza di legno per lavori di battitura di lamiere o di materiali
delicati. Fatta di legno duro e con manico molto corto: si devono dar
soltanto ...dei colpetti, leggeri e continui atti a spianare piccole superfici.
Un tizio .... chiunque: quando non si vuole o non si può indicare
un nome proprio.
Mbandu: (anche ambandu) malfermo, in precario equilibrio, pendente
da una parte. Anche: inutile, inutilmente.
Mbarrari: saziarsi, saziare.. sia la sete sia la fame; anche nel senso
di riempire, colmare.
Ti mbarru i bbastunati: te ne do tante... tante... tante... fino a
sazietà!
A fami nda mbarrammu: abbiamo avuto tanta fame, come se la fame abbia
riempito lo stomaco!
Mbarrata: (a mbarrata) saziata, a sazietà. In periodi di carestia
è un modo per precisare che la paga giornaliera dell'operaio, in
genere, comprende anche una leggera colazione ed il pranzo, a carico del
padrone.
Ricordo: durante l'ultima guerra e immediatamente dopo molti operai del
paese (donne e uomini) accettavano il lavoro soltanto...a mbarrata. Qualcuno,
poi, esagerava portandosi appresso i bambini con la scusa che non aveva
a chi lasciarli, ma con l'evidente intenzione... di sfamarli, almeno durante
la giornata... a carico del padrone. Accadeva, perciò, che alcuni
ottimi e volenterosi lavoratori, per questo motivo, non venivano ...chiamati
a lavoro. C'era una sorta di sfrontatezza da parte loro (giustificata,
in ogni modo, dallo stato di necessità) e, una giusta preoccupazione
da parte del datore di lavoro che rischiava di dover sfamare diverse bocche:
ad un bambino non si nega mai un tozzo di pane!
Mbasciari: (anche ambasciari) abbassare; abbassarsi.
Mbasciata: (anche ambasciata) notizia, comunicazione, informazione,
chiamata.
Tipica ambasciata, la richiesta della mano di una ragazza che avveniva
per mezzo di terzi (vedi mbasciaturi).
Mi rrivau na bbrutta mbasciata! m'è giunta una brutta notizia.
Mbasciaturi: oggi si direbbe mezzano, sensale, procacciatore d'affari.
Era una funzione svolta soltanto da persone che avevano capacità
diplomatiche e una certa personalità . Normalmente ben vestite
(sia uomini sia donne) per rappresentare bene il mandante presso il destinatario.
La funzione era soprattutto svolta per la richiesta della mano di una
ragazza in età da marito. Tanto che si diceva facilmente nci mandau
u masciaturi, per dire ha avanzato la sua richiesta. Ma queste persone
svolgevano anche il compito di "pacieri" tra due contendenti.
Se, però, qualcuno non osservava determinati codici di comportamento....perdeva
il titolo di mbasciaturi...diventando soltanto sinsali (vedi) che era
propriamente il procacciatore d'affari...con tangente sulla quantità
del lavoro svolto.
Mbastiri: imbastire; dar dei punti temporanei; cucire con filo, non
molto robusto, e, a punti molto lunghi.
Mbasunari: (tipico del pollame) appollaiarsi per dormire, riposare;
appoggiarsi, sdraiarsi. Intontire con una botta.
Ti mbasunu...si llongh'i mani: ti stordisco...se, appena, metto mano...
Mbasunaru: stia dei polli dove, però, possono anche appollaiarsi
su delle assi sistemate opportunamente all'interno. In senso molto stretto
ha il solo significato di pollaio, in senso lato indica il giaciglio,
il letto .
U mbasunaru: a) il pollaio; b) lo hanno addormentato...per sempre.
Mbata: zefiro, venticello leggero...ma talvolta anche molto forte.
Dal greco embates, raffica di vento.
Mbati, mbati: delle volte, a seconda delle occasioni. Si voleva esprimere
l'andirivieni del soffio del vento: un po' di qua e un po' di là.
Mbattiri: (anche ambattiri) accadere, occorrere; succedere; incorrere
in ...
S'ambatti: se accade, se capita, a seconda dalle opportunità...
eventualmente, all'occasione...
Chiddu chi mbatti, mbatti: in ogni modo vada.
Mbiddicuddi: tante piccolissime cose che fanno volume. Non hanno alcuna
importanza singolarmente ma ...riempiono. Si usava, in particolare, per
indicare i tempi ed i metodi nonché l'insieme delle leccornie preparate
in occasione delle grandi festività: Natale, Pasqua, la festa del
Patrono.
Mbinazzari: (ambinazzari) rimproverare. far notare, in senso negativo,
gli errori. Gridare contro.
Mbirli-mboru: onomatopeico per imitare il suono delle ciaramelle. Cantando,
ritmato, si riusciva anche a ballare il tempo della tarantella: mbirli-mboru,
mbirli-mboru, mbirli-mboru.. mboru, mboru, mbirli-mboru.
Mbischiari: (alcuni oggi dicono mbrischiari) mescolare, rimestare senz'ordine,
tipo minestrone.
I mbischiastivu i crapi?: chi possedeva delle capre, almeno una volta
all'anno, le affidava ad un mandriano che era anche proprietario del caprone
(Zzimbaru); restavano nella mandria per un certo tempo: di solito il periodo
del "calore" e, poi, certi che erano state fecondate, venivano
riprese dalle legittimo proprietario il quale pagava un adeguato compenso:
spesso consentendo un certo numero di giorni di pascolo a tutta la mandria.
Talvolta, invece, i piccoli quadrupedi, capre e pecore, venivano messi
nella mandria per mancanza di foraggio a domicilio, ma si diceva lo stesso
mbischiari.
Mbischiari vacchi e crapi: il latte prodotto giornalmente dagli animali
domestici (vacche, capre, pecore, non in gregge) non era sufficiente,
sfamata la prole, ad organizzare trasformazioni in prodotti conservabil
, soprattutto quando le vaccine erano utilizzate, essenzialmente, per
lavori in campagna (aratura, trebbia). C'era quindi la buona abitudine,
che spesso diventava consuetudine di lunghissima durata, di fare una sorta
di "piccola società" con i vicini, con i parenti abitanti
nelle prossimità...con chi, insomma, possedeva la stessa quantità
e qualità di bestiame che produceva latte. I termini erano chiari:
un giorno ciascuno, o un giorno su tre....e chi doveva provvedere al trasporto
del latte e con quali recipienti....normalmente usata a hjsca (vedi) e
chi a riportare il siero ancora caldo per la colazione (a). Sicché
a fine annata le due famiglie (non di rado anche tre o quattro) avevano
...sfamato la prole...e, prodotto una certa quantità di ricotte
e formaggi (freschi o anche secchi) sufficienti per i propri bisogni e
per realizzare qualcosa con la vendita. (b) Il siero di latte caldo (prodotto
dalla cagliazione del latte sia per la produzione di formaggio che di
ricotta) contiene ancora abbondanti elementi nutritivi e va quindi usato!
per preparare a mpanata della prima colazione: pane biscottato rotto nelle
tazzone di siero...con sale....Lo zucchero? si usava come medicina.
I fascioli mbischiati: i fagioli misti tra di loro (varie qualità),
misti ad altro (nel minestrone).
Nci mbischiaru quattru scorci i coddu: gliene hanno mollato quattro...
Mbischiatu: mescolato; malamente mescolato.
Mangiareddu mbischiatu: il mangiare tipico dei contadini: minestroni
ricchi di amidi e fibre.
Mbisiccari: dimagrire violentemente .
Mbisiccatu: chi ha perso troppo violentemente il proprio peso...diventando
gracile in maniera, proprio, patologica. Chi sta proprio per morire.
Mbiviruni: beverone, soprattutto per i maiali: erano i resti della
cucina domestica con aggiunta di crusca di cereali ed acqua. Bevanda poco
gradita, non bene accetta. Qualsiasi bevanda per animali ed uomini.
U me porcu mbivi mbiviruni ca simula: il mio maiale è alimentato
con beverone e crusca...ma sta anche a significare che io ho i soldi per
comprare la crusca.
Mbizzari: (vedi ambizzari) Imparare, apprendere; talvolta anche insegnare.
Ti mbizzasti i cos'i Ddiu?: hai imparato le preghiere?.
Chiddi chi mbizzai eu: coloro ai quali ho insegnato io ...
Mbocica: accento, cadenza, tonalità, musicalità del linguaggio.
Tipico modo di parlare e di esprimersi, sottilmente variabile, anche tra
rioni finitimi dello stesso paese. Diversa pronuncia ed accentuazione
nei modi di dire e nella forma del linguaggio dialettale.
Senti chi mbocica!: ascolta bene come si fa sentire! Come parla?! Che
modi! Quale atteggiamento!
Mbongiornu: (anche mbangornu o bbongiornu) saluto augurale del mattino,
ma in effetti era un saluto che si usava anche durante le ore del giorno.
Si usava, fino alla fine dell'era fascista, nel rivolgersi a persona di
particolare rispetto, aggiungere vossignuria (buongiorno alla S.V.), nel
rivolgersi al vecchio Medico, p.es..
Oggi ha assunto anche il significato di un saluto in generale (alla francese),
e, spesso di ossequio per ottenere un permesso, un'autorizzazione; spesso
con il termine si ironizza.
Mi dissi mi vi portu u so mbongiornu: mi ha pregato di porgerVi i suoi
saluti.
Senza mi nci cacciu u mbongiornu a nuddu: senza che chieda aiuto (o
permesso) a chicchessia.
Mbozzari: (dal greco embibàzo, m'andar dentro, spingere) m'andar
giù dispiaceri senza reagire. Tenera il muso.
Mbozzatu: (vedi mbozzari ) pieno. Che non ne può più....
Mbracari: imbracare, legare con molta attenzione e con solidi legacci.
Si mbracau: s’è lasciato andare; è caduto molto, molto
in basso.
Mbrachi: le braghe, i calzoni .
Si ndi jttau ‘mbrachi : se n’è andato “in un brodo di giuggiole“;
si è mostrato molto soddisfatto .
Mbunari: bagnare con acqua sufficiente per....a seconda della materia
e dell'uso.
Il termine nasce dalle operazioni necessarie per trasformare la calce
viva in calce idrata, conservabile molto più a lungo e meno pericolosa;
tale operazione si faceva riempiendo una vasca o, a limite anche un profondo
e largo solco (gurnali) d'acqua e tenendone a disposizione una certa quantità:
sia acqua corrente sia raccolta in comodi recipienti. La calce viva assorbe
velocemente molta acqua producendo particolari rumori, sfrigolii conseguenti
all'immediato bollore della prima acqua a contatto con la calce...del
tutto velocissima vaporizzazione.... Assorbita dunque quest'acqua la calce
si trasforma in una pasta biancastra e può esser, così,
conservata per lungo tempo. Il termine è usato anche come sinonimo
di mbriacari (ubriacare).
Mbunari spesso ha il significato di dare una tangente, di provocare
una richiesta di tangente o, a seconda delle circostanze, anche di dare
delle buone....batoste.
Mbunatu: bagnato con sufficiente acqua; stupido, stolto, quasi idiota.
Che ha assorbito tutto il liquido occorrente ....o che desiderava avere
...Sufficientemente pagato .
Mburdiri: imbrogliare, insinuare. Mangiare in maniera disordinata e
smodata di tutto.
Mbuscari: (dallo spagnolo buscar, procurare, lucrare) procurarsi; prenderle:
sberle; ottenere mance, regalie...
Mi mbuscai 'mpocu i travagghiu: mi sono procurato un po' di lavoro...e,
di denaro!
Mbuschiti: mance, regalie.....guadagni facili...
Chi suli mbuschiti si faci nu vistitu l'annu: con le sole mance (con
ciò che è di più), può procurarsi almeno un
vestito una volta all'anno ne ottiene di mance!
Mbustu: (mbusticeddu): gilet, giustacuore, bolerino. Quest'indumento
veniva usato da persone di una certa età ed appartenenti ad un
certo ceto sociale: era segno di distinzione.
Vistutu cu ggiacchetta e mbustu: vestito alla meglio...o come si direbbe
nel reggino: vistutu i calia e nzudda.
Ndavi mbustu?: Ha senso? Ha coraggio, costanza, senso di responsabilità.
Mbustu: era anche il busto, spesso molto costoso (stecche di balena?)
che alcune donne portavano sia per esigenze stilistiche sia, non di rado,
anche per esigenze mediche, di salute. Ora si dice anche per il busto
di gesso che si usa in ortopedia e/o pneumologia.
Mburracciatu: molto bagnato... come se avesse svuotato una borraccia
d'acqua sul capo e sui vestiti. Qualsiasi cosa molto bagnata o eccessivamente
ricca d'acqua. Potrebbe essere una reminiscenza spagnola; (emoborrachar:
ubriacare); di fatti spesso viene usato nel significato di ubriaco.
Mbuttari: bussare alla porta; spingere, urtare. Significherebbe anche
menar botte. Potrebbe essere onomatopeico bott, rumore di qualcosa che
viene urtata; o derivare dalla voce germanica botan, urtare.
Mbuzzari: esser nervosi, pieni di preoccupazioni; essere attenti, preoccupati,
mettersi di buona volontà; attendere ad un lavoro con molta volontà
e ottenere buoni risultati. (vedi anche ppuzzari, mpuzzari).
Medica: si dice della moglie del medico...non sempre con le migliori
intenzioni; di una donna medico, si dice meglio duttura. La moglie del
medico spesso assumeva atteggiamenti di superiorità ed affettati
modi culturali....elevati?!. Si dice anche medichissa.
Ambatula faciti a medichissa!: è proprio inutile che assumiate
atteggiamenti...
Menzalora: (pron. zeta dolce) misura agricola corrispondente a tre
menzi (vedi) circa 21/25 Kg. Spesso quantità imprecisata. In termini
odierni, giacché anche queste misure si sono dovute adeguare, si
parlerebbe di “gabbietta“, o “cascitta “, già contenitori di plastica
o assicelle di legno, per la frutta fresca, alle quali si attribuisce
il peso di circa 25 kg..
Nci desi na' menzalora: gli ho dato una certa notevole (rispetto alla
qualità!) quantità.
Menta: erba molto profumata; mentuccia.
Chi hjavuru di menta!: che buon odor di menta!
Hjavuria i menta: profuma di menta; è molto pulito, ordinato.
Menti: memoria. Tenere a mente. Capacità intellettive superiori;
particolare cultura.
Non tegnu a 'mmenti: non ricordo; sto perdendo la memoria.
Teni a 'mmenti ccà: stai attento a queste cose.
Ndaviti na' menti!: avete una memoria di ferro; un'ottima cultura;
una buona formazione.
Menzu: (pron. zeta dolce) misura agricola corrispondente a circa 7-10
kg.; normalmente costruito in doghe di legno di forma tronco-conica e
con fasciature metalliche inchiodate (rrajetta, vedi) con la circonferenza
piccola totalmente aperta. Lo staio, in italiano.
Talvolta anche in lamierato di zinco, ma di forma cilindrica, rinforzato
con fasciature metalliche alle circonferenze delle basi delle quali una
aperta e sulla quale incrociavano dei supporti di ferro tondo per la presa.
Naturalmente, mancando manici di presa, la parte non utilizzata serviva,
appunto, per la presa e, in quegli arnesi cilindrici, di lamiera, si chiamava
manigghia; mentre l'asse centrale, che collegava la base aperta con il
fondo, si chiamava a vugghia, l'ago.
Era anche una misura del terreno agricolo: quanta semente ( uno staio,
nu menzu ) era necessaria e sufficiente per coprire quel terreno.
Esisteva anche una forma cilindrica costruita nello stesso modo ma con
la base di chiusura posta quasi al centro e con le circonferenze laterali
aperte, in modo tale, però, da rappresentare, almeno in volume,
una parte doppia dell'altra, o,...una parte metà dell'altra, da
cui il nome; beninteso la parte doppia era del padrone e la metà
del...contadino.
Non ricordo d'aver visto questa misura, ma ne ho sentito parlare. Recentemente
(17.01.00) ho visto un servizio in TV relativo alla vita medioevale in
un paesino dell'Umbria, durante il quale è stato illustrato proprio
questo metodo di misura dei prodotti agricoli e ritengo possa trattarsi
dell'identico mezzo,:”menzu” a chi lavora e l'intero al padrone. Evidentemente
lo stesso metodo esisteva per mundeddu e menzu mundeddu (vedi) Corrisponde,
grosso modo, alla sesta parte del tomolo . Potrebbe derivare dal greco,
hemiekton , misura di mezzo.
Menzucugnu: una contrada (vedi Contrade), Utilizzare l'acqua per irrigazione
dal foro di uscita della vasca, a metà.
MERICA: l'America, gli U.S.A. per primi. Paese ricco dove c'è
da vivere per tutti; posto dove è facile far soldi ....e molti
si arricchiscono.
Per memoria (tramandata da padre in figlio): le prime emigrazioni verso
le Americhe, dal mio Paese, sono iniziate sul finire del secolo scorso
subito dopo la battaglia (e la vittoria) di Adua: i reduci che avevano
varcato il mare e conoscevano un po' di mondo, sperando in condizioni
di vita migliori, hanno cominciato da organizzarsi per "varcare di
nuovo il mare" e, questa volta, per lungo tempo! emigrando in America.
Così dopo il grande conflitto 1914/18 ed anche dopo il 1940/45.
Moltissimi emigrati: prima i giovani; poi via via anche i padri di famiglia,
hanno trovato lavoro, si sono ben distinti per l'alto senso del dovere,
per la generosità e la buona volontà....così denaro
giungeva in paese producendo miglioramenti nella qualità della
vita e non di rado salti di veri e propri gradini sociali.
MERICA, quindi tutto questo e, purtroppo anche dell'altro: il depauperamento
della forza lavoro, della globale capacità intellettiva...e perché
no?, degli uomini capaci di riprodursi. Molti lo hanno fatto: cercando
la "vecchia fiamma" in paese e sposandosi per procura; altri
sono tornati di proposito per prendere moglie, ma chi sa quante fedelissime
promesse hanno atteso invano tanto lungamente? e quante, invece, hanno
trovato consolazione temporanea o definitiva altrove e quante ancora che
sembravano buone mogli hanno ...avuto altre soddisfazioni. ....Insomma
è nata la diceria: "i muggheri di mericani vannu a missa cu
setti suttani; vannu a missa e preghinu a Ddiu, manda dinari maritu miu;
si ttu li mandi d'oru...quandu veni trovi u figgliolu; si ttu li mandi
d'argentu, quandu veni nc'è un cumprimentu”: le mogli degli "americani"
potevano ben comprarsi begli abiti tanto da poter sfoggiare più
di uno...andando a messa; pregano Iddio perché il marito mandi
soldi...per loro...per le loro necessità...ma non garantiscono
la loro integrità morale.... se "mandi denari d'oro quando
torni a casa trovi un figliolo (che non è tuo figlio!), se li mandi
d'argento...quando torni trovi un bel presente (un figlio che non è
tuo!).
(**) Naturalmente da "oltre Oceano" sono stati anche importati
nuove culture, nuovi atteggiamenti e colture agricole nonché piccole
macchine e congegni facilmente trasportabili come tosa-erba meccanici,
falci ad arpa, particolari forbici da pota, il grammofono a corda, che
normalmente si chiamava a mascina....coltelli di vario genere - certamente
di un acciaio migliore - i quali hanno, in perpetuo, conservato il titolo
cuteddu mericanu...sciuni mericana (una scure bipenne che ancora assolve
magnificamente il suo....dovere, nonostante sia stata tagliata una lama....per
necessità fisiche: pesava troppo!
Merru: volatile nerastro, frequente a coppia o a stormi.
Della famiglia dei passeriformi con livrea nera, lucida e becco con bordi
gialli. Ambìta, ma rara preda per i cacciatori: è difficilissimo
trovarlo fermo...quindi bisogna sparargli in volo, ma vola in un certo
particolare modo, soprattutto quando spicca il volo...tutto chiuso, per
cui è bersaglio difficile. Sinonimo di stupido, babbeo, bonaccione;
ma, talvolta anche di intelligente, maliziosa.
Ma u merru, canta, quindi diventa sinonimo di spione; uno scioccone è
un merlo! Cade facilmente nei tranelli che altri più saputi gli
tendono.
Su truvau u merru!: s'è trovato il merlo, l'uomo che potrà
provvedere al suo mantenimento.
Merru i sipala: merlo delle siepi. Si addomestica facilmente, impara
qualche arietta e riesce a ripeterla fischiettando; catturato, spesso
ancora implume, nel nido e, sapientemente e pazientemente educato, impara
alcuni suoni che alla lunga sembravano parole, suoni soprattutto duri
e gutturali: Carru, Cola, patruni... (Carlo, Nicola, padrone).
Metiri: (o mitiri) mietere. La mietitura per cereali avveniva nei mesi
di giugno luglio, per le leguminose varie volte all'anno a seconda della
maturazione; per i lupini nel mese di agosto. (vedi anche il Capitolo
pani).
Micciu: stoppino di cotone ritorto per lumi ad olio; organo sessuale
maschile.
Micciu i lumera: stoppino; cosa da poco.
Si ficinu micciu: si son ridotti a....brandelli; se le so date di santa
ragione.
Ndavi nu micciu!..... ha un magone!....ha un certo organo!
A vvui occhi di micciu!...a voi con gli occhi cisposi!
Miccialuru: sinonimo di micciu.
Middaloru: semplicemente la fossetta al centro della volta cranica,
il punto di sutura dell'osso frontale e delle due parietali. Nel processo
di ossificazione, questa particolare zona cranica, dell'ampiezza di circa
un'unghia, "indurisce" diventando completamente osso dopo circa
tre anni dalla nascita. Da ciò, certamente, il modo di pensare
delle nonne che quella zona diventa dura soltanto quando il bebé
riesce a dire la parola petra (pietra) pronunciando perfettamente la erre
e, ciò avveniva, normalmente intorno ai tre anni ; ma le ossa crescevano,
indipendentemente dalla capacità foniche della creaturina.
Mignanu - mignaneddu: loggetta, terrazzino, ballatoio Dal latino moenianum,
terrazzino.
Migni: epiteto spregiativo che si attribuiva ai Carabinieri, i quali,
per la verità, vuoi per l'esteso analfabetismo, vuoi per quella
subordinazione agli organi del P.N.F. (partito Nazionale Fascista) ed
anche perché la Caserma aveva sede nel Capoluogo, Montebello, a
circa 5 Km., (allora enorme distanza da percorrere a piedi), spesso prima
d' intervenire s'informavano, e, non di rado...conoscevano già
la soluzione ....gradita agli informatori.
Milinga: (dal greco méligghi, tempia) meninge, zona tra la prominenza
laterale dell'arcata sopracciliare e la parte superiore del lobo dell'orecchio.
Si usava per indicare sia la zona descritta che una parte molto delicata
del corpo, proprio perché la zona meningea non è sufficientemente
protetta: le ossa parietali del cranio e l'articolazione mascellare lasciano
molto in superficie sia vasi sanguigni che terminazioni nervose... di
solito uno stato febbrile, per es., si evidenzia facilmente perché
si vedono pulsare i vasi sanguigni proprio nella zona meningea.
Non mmi sbatti ca miligna: richiamo all'attenzione ! attento a non
sbattere con la zona delicata.
Significa anche stare attenti a non sbattere contro chi è più
forte o più protetto.
Ti minu 'n pugnu nda milinga: ti do un cazzotto nella zona meningea;
il fatto provocava svenimenti, violenti capogiri e....non di rado conseguenze
di maggiore entità.
Milingiana: (raramente mulingiana) melanzana, sia la pianta che il
frutto. Dall'arabo, badingan e, successive modificazioni.
Mi fici na' milingiana ndo bbrazzu: mi sono fatto un ematoma nel braccio,
proprio perché la parte traumatizzata assumeva il caratteristico
colora melanzana.
Si fici comu na milingiana: a) s'è fatto di colora violetto,
...nero, s'è rabbuiato; b) s'è fatto ben tornito come una
melanzana.
Fogghia i milingiana: foglia di melanzana; di poco conto; di valore
caduco.
Ricordo: nell'immediato dopoguerra (1940/45), mancavano tutti i generi
...di "Monopolio", quindi i tabacchi. Si ricorreva facilmente
alla concia di foglie di melanzane (vedi tabaccu).
Milingiti: meningite; infiammazione di origine virale delle meningi,
spesso letale....a quei tempi !
Miloccu: vino assai dolce, per incompleta o non giusta trasformazione
degli zuccheri in alcool durante la fermentazione; in effetti vino inutile,
guasto...seppur dolce.
Siti 'mpocu miloccu miloccu: siete un po' troppo sdolcinato.
Milogna: tasso. Fino agli anni '50 non raro nei nostri campi. Da un
derivato dal latino meles, martora. Per estensione del significato il
termine era usato per indicare qualsiasi animale, o animaletto, capace
di danneggiare il prodotto degli orti e dei giardini, soprattutto tuberi.
Milunaru: (spesso al femminile Milunara) la pianta che produce i meloni,
della famiglia delle "cucurbitacee", strisciante.
Minchia: membro virile. E' anche espressione verbale per esprimere
paradosso nel senso di immenso e/o di piccolissimo; intercalare del discorso
con il significato di "che cosa!", "come!"
Minchiali: membro virile; stupido, idiota.
Minchiuni: (difficilmente al femminile): minchione, stupidotto .
Mindu: (minda) senza orecchie o con una sola. Si diceva soprattutto
degli animali domestici: crapa minda, vacca minda.... Riferito a persone
spesso aveva il significato di tonto, o finto tonto, sordo, che non vuole
intendere...e per questo motivo non di rado si attribuiva come soprannome
a uomini o (donne) il cui coniuge era "di facili costumi", e,
mentre tutto il mondo si rendeva conto, l'interessato (a), faceva finta
di non sapere. Si dice anche che questa menomazione, naturale, portasse
fortuna (denaro, soddisfazioni) a chi la possedeva, da cui il detto: u
mindu è curnutu ed è rriccu! (chi è senza orecchie
è...cornuto, ma è anche ricco).
Un altro modo di dire: i corna nci ccupparu i ricchi (le corna gli hanno
coperto le orecchie).
Mingriari: (dal greco mìnghnumi, menare le mani) litigare, altercare;
procurarsi inimicizia.
Camora simu mingriati: per il momento abbiamo litigato, non siamo in
confidenza.
Ministrari: versare la minestra nelle ciotole, nei piatti, per mezzo
del cucchiaione di legno o del mestolo (spesso anche di legno). Fare le
porzioni della minestra, in proporzione alle necessità ed alle
possibilità. Versare qualcosa, dar qualcosa.
U ministraru dda nterra: l'hanno buttato a terra.
Ministrati puru pi mmia: (giacché ci siete) apparecchiate anche
per me (resto a desinare con voi....mi autoinvito).
Ministratinci a so' parti: dategli quel che gli tocca, quel che è
suo.
Minna:(pl. minni) mammella (riferito a donna); qualcosa da cui si può
succhiare...e, non solo latte. Dimin. affettuoso: nenna. Sia l'uno sia
l'altro deriverebbe dal latino minna , mammella.
Ndavi na minna!: è un posto dove si può guadagnare, c'è
da suggere! Ma può anche significare che ha un bel petto, un seno
ben messo.
Minnaloru: l'odierno ciuccetto (ergonomico, biologico, ecologico!)
una semplice pezzuola di tela chiusa a pugno e con dentro un po’ di zucchero
che si dava all'infante, per placare la fame, tenendola per i quattro
capi. Il movimento del succhiare che istintivamente produceva il bambino
formava una sorta di "capezzolo", da cui il nome.
Minnazza: grossa mammella. Diventava facilmente epiteto temporaneo
che, però, si dava ad una donna con un seno sproporzionato, anche
se ben portato, talvolta!
Minnozza: (pron. Zeta dolce) Si diceva così di una donna con
una mammella più grossa e grande dell'altra, o, del tutto mancante,
naturalmente o per intervento chirurgico. Oggi "materiali e mezzi
sostitutivi" non fanno apparire questo, talvolta grave handicap,
ma fino a non molto tempo fa…si notava eccome! qui nel Sud. Ma c'era anche
la diceria che una donna che ha già subito tanto danno è
capace di compensare con enormi sacrifici e con delle risorse non immaginabili….per
cui chi le viveva accanto era fortunato!
Minulicchi: sarebbe Menelik, Imperatore d’Etiopia (quello II°)
nella seconda metà dell’800, giunto al potere proprio per l’appoggio
italiano ché, però, sul finire del secolo ...si è
rivolto con una sonora sconfitta (per dir poco: disastrosa), ADUA:1896!
Molti giovani avevano prestato servizio militare nell’Esercito coloniale
e riportavano, quindi, il senso, purtroppo sempre negativo, di questo
termine, nascente dal nome e dal modo d’essere dell’Imperatore .Il termine
veniva, infatti, usato nel significato di “traditore , poco di buono,
scanzafatiche”...etc. Tanto che, un po' “contrappasso” storico , quando
il Regime ha deciso di conquistare l’Impero del Negus, facendolo diventare
A.O.I (Africa Orientale Italiana), sono nate le storielle a proposito
del Negus e dei suoi antenati. Sentivo cantare da un giovane:
Lu Negussu si fici la taverna, pi rriparari tutti li so’ corna: (Il
Negus s’è trovata una casa...così sta al riparo con tutte
le sue), come dire: Il Negus ha trovato protezione! E’ pur vero che non
comanda come Imperatore, ma almeno è vivo!
.- Nd’avi tanti i ddi minulicchi pedi pedi: c’è tanta gente sfaticata
in mezzo alle strade; quasi sempre....tra i piedi.
Minuliccu: piccolissimo;....piccoli...ni...ssimo.
Minulidderia: piccolissime cose, come granelli di sabbia, che, però
fanno volume.
Minutu: minuto (tempo), minuto (molto piccolo), sottile. Alcuni usavano
dire anche minutulu, o minutuleddu..... sempre con lo steso significato.
Minzogna: menzogna, falsità, bugia, imbroglio.
Diciti a virità, senza minzogni: dite la verità, senza
imbrogli, senza inganni e falsità.
A minzogna va' avanti, a virità nci curri appressu: il falso
precede il vero.
A minzogna ndavi l'anchi curti: la menzogna ha le gambe corte....perciò
la verità la insegue...e la raggiunge...e la supera, alla fine.
Minzugnaru: imbroglione. Chi racconta balle.
A ttia! minzugnaru: a te bugiardo....ti riconosco.
A luna minzugnera: luna bugiarda
U minzugnaru est com'o mungarusu: il bugiardo è come chi tartaglia
è sempre ben riconosciuto!
Miscitari: mescolare, rimestare.
Miscitatu: misto di granaglie: grano, orzo, segale...
Miscordia: discordia; dissenso; malcontento.
Miscordiari: (arsi) litigare (litigare tra loro o tra noi); Non trovarsi
d'accordo, manifestando il dissenso.
Ndi miscordiammu: abbiamo litigato; non ci siamo trovati d'accordo.
Miserere: (misareri) cosa molto lunga; discorso, modo di dire lungo
e noioso. Dal salmo in latino miserere mei deus.
Misi: il mese.
I mesi: Ginnaru (gennaio) - frivaru (febbraio) - marzu (marzo) - Aprili
(aprile) - maju (maggio) - Ggiugnu (giugno) - ggiugnettu (luglio; dal
francese juillet) - agustu (agosto) - sittembri (settembre) - ottobbri
(ottobre) - novembri (novembre) - dicembri (dicembre).
Nella società essenzialmente contadina i mesi dell'anno erano
considerati soprattutto in funzione dell'apporto che potevano dare ai
vari prodotti della terra, quindi pioggia, meno pioggia, niente pioggia,
neve, caldo, etc.
Si traevano gli auspici circa l'andamento della prossima stagione osservando
l'intera giornata dei katamisi (vedi) i giorni dal 13 al 24 dicembre ;
ad ogni giorno si assegnava il nome di un mese.
Ginnaru: scorcia a vecchia o focualru: è tanto freddo ed umido,
neve e pioggia in abbondanza, da costringere le persone anziane a restare
tappate in casa e vicine al focularu (vedi), focolaio per stare al calduccio;
ma l'eccessivo caldo potrebbe provocare, senz'altro ne provocava, infiammazioni
della pelle troppo esposta. Ed ancora: ginnaru siccu, massaru rriccu:
se a gennaio non piove (molto!) c'è speranza che sia una ottima
annata, e poi u friddu i ginnaru faci rriccu u mulinaru: se gennaio è
freddo si produce molto grano.
Frivaru: è curtu e amaru, ma ogni troffa è 'nrriparu: è
breve ma ogni cespuglio, che intanto comincia timidamente a verdeggiare,
può essere un temporaneo riparo dalla pioggia e dal freddo.
Marzu: si marzu non marzìa, e a terra non fumìa u massaru
non palìa: se marzo non piove e non raggiunge temperature ottimali,
non fa il "pazzerello", come si suol dire, non c'è raccolto
abbondante. (Sing.) il capo azienda, capo della masseria, non ha molto
da fare per pulire il grano dalla paglia.Marzu sciuttu e aprili bbagnatu,
accussì spiramu, pi tutt’u criatu: marzo al secco ed aprile con
abbondanti piogge, così si spera, per tutto il mondo.
Megghiu chi to mamma mi ti ciangi ca lu suli di marzu mi ti tingi: il
sole di marzo? A volte timido, a volte violento , può provocare
serie preoccupazioni per infezioni e raffreddamenti ..e ,poi, anche se
, spesso di durata limitata, produce abbronzature e...scottature -
Aprili: acqua a non finiri: "occorre" acqua in abbondanza.
Ma si dice anche non cacciari e non mintiri, riferito sia agli indumenti
sia alle coperte del letto.
Maju: una bbona mi si leva li mulina: un'abbondante pioggia, poche volte,
ma abbondante, tanto da produrre anche danni, quasi distruggendo anche
i mulini i quali, notoriamente si muovevano ad acqua.
Ggiugnu: si chiovi a ggiugnu è focu pi tuttu u mundu: il primo
dei mesi asciutti; se piove produce danni notevoli alle colture. Oppure
un altro modo per dir la stessa cosa: si chiovi a ggiugnu caccia u pani
du furnu ... tanto da togliere il pane dal forno, cioè non impastare
nemmeno per mancanza di sostanza: grano, farina.
Ggiugnettu: si chiovi) è focu d'anettu: se piove è ancora
più grave il danno.
Agustu: (per far la rima) agustu, rimbustu è capu di 'nvernu:
ad agosto, si potrebbe dire...che già cominci l'inverno. Ed ancora
si chiovi ad agustu meli, ogghiu e mustu: se piove in agosto tanto miele,
olio e vino .
Sittembri: a sittembri si vindigna ca sudura nda 'mpigna: è tempo
di vendemmia! ed è bene che si faccia con il sudore, anziché
con la pioggia.
Ottobbri: si Ddiu voli, ‘gni sinteri passa u mastru siminaturi: se Dio
vuole , se la stagione delle piogge è stata comoda ed abbondante,
in ogni “sentiero” (praticamente dovunque sia possibile, passa il seminatore).
Novembri: e morti a nivi arret'e porti: (dovrebbe ed era anche così!)
a novembre la prima neve, i primi freddi.
Dicembri: dicembri sciuttu, a poi ndi mmanca tuttu: se dicembre è
asciutto, secco, mancherà tutta la produzione. Si dice anche si
chiovi jornu i Santa Bibiana, chiovi pi nu misi chiù na settimana:
se piove il giorno due del mese pioverà per almeno 40 giorni .
Pigghia nu misi pi quaranta jorna: qualcuno un po' (troppo) lento,
impacciato anche mentalmente che...conta male: trenta per quaranta; se
la prende buona, non dà valore al tempo, non è mai puntuale....
Così, si usava dire:
Misi da Madonna, maggio; misi di morti novembre; misi i natali, dicembre.
Misilicordia!: misericordia. E' spesso esclamazione di terrore, di
paura, di dolore, di meraviglia.
Misilicordia chi mani!: misericordia (mamma mia!) che mani!
Ti jettu na' misilicordia: ti do un manrovescio!
Mi dastivu a misilicordia: a) mi avete fatto l'elemosina. b) mi avete
dato troppo poco.
Nci rrivau carchi misilicordia: gli è arrivato qualche buon
aiuto, qualche piccolo sostegno.
Non nc'è misilicordia!: non c'è pietà, carità.....
Misuddiru: accessorio dell'aratro: sorta di snodo ad otto. (vedi capitolo
ratu)
Misulucu: (alcuni dicevano anche pilusu, ma nelle nostre famiglie il
termine non era ammesso) specie di mozzarella ricavata in piccolissime
quantità dalla cagliata del siero del latte dopo la separazione
in formaggio e/o ricotta. Spesso si usava il termine per indicare una
quantità di qualsiasi cosa contenuta in una mano a pugno chiuso.
Misura: o anche pronunciato m'sura: a) una qualsiasi misura.
Piace ricordare alcune (a memoria) di quelle che sono state più
importanti nella vita e cultura....di questo periodo:
olio: menzu quartucciu, quartucciu, micagnu, menzu cafizzu, cafizzu:
tradotte in unità decimali: Kg.1,250, Kg.2,500, Kg.(circa) 3,200,
Kg. 8 Kg, 16.
vino: lancedda, sarma, .circa Kg.7,250 (in alcune contrade anche 8,500),
circa Kg 160 ( in alcune contrade circa Kg 190)) 24 lanceddi= na sarma.
solidi: (prodotti della terra, in genere e frutta) menzu mundeddu,
mundeddu, menzu, quartu, menzalora e tuminu, quest'ultimo corrisponde
in genere a circa 50 Kg, logicamente i sottomultipli con le relative proporzioni;
il peso varia per ciascun genere...evidentemente! Per alcuni tipi di frutta
si usava anche u carricu la quantità necessaria per un carico completo
di una bestia da soma, circa un Q.le....mentre per i fichi d'india...si
parlava di cufinedda, una cesta di circa 70 kg.
materiali da costruzione: calce, sarma circa 120 Kg.; pietra: menza
canna, canna, (grosso modo) uno o due metri cubi;
tessuti: (prodotti sul posto) canna, circa mt.1,40
terreni: tuminata, terreno necessario sufficiente per seminare circa
50 kg. di grano o cereali. Gli oliveti avevano una misurazione particolare:
si stimava la quantità di prodotto in relazione all'età
dell'impianto.... cincu macini ....sarebbero circa dieci q.li di olive.
b): la misura militare, la visita di leva
U me' figghiolu ggià si musurau: il mio ragazzo è già
sui diciott'anni: ha fatto la visita di leva!
Mitati: (oggi più comunemente mità) metà di una
parte; mezza porzione; una parte del tutto; mezzadria.
I terri bboni vannu a mitati: i terreni che producono al meglio vanno
condotti a mezzadria. Di quanto ha detto o fatto (quel tale ben noto spaccone!)
prendete per buono soltanto la metà.
A mitati nci ll'am'a ddari o patruni: la metà è la parte
del padrone.
Lavuru fattu mitati...mitati: lavoro fatto a metà, arrangiato,
mal fatto, incompleto.
A mitati da ggenti: non è soltanto la metà esatta...quasi
tutta la gente.
Mizzica!: esclamazione ed intercalare del discorso...parlato. Può
aver moltissimi significati a seconda del contesto: da "pensa tu!"
a "impossibile" a "grandioso, infinito"; da "infinitesimo"
a ..... Il termine potrebbe essere un'importazione, molto antica, da analogo
siciliano.
Magari: (vedi magarìa) ammutolire, restare incantati. Subire
una magia, un incantesimo. Si dice anche mmajari: pron. J tedesco
Mmagatu: (da mmagari) incantato, magicamente ammutolito. Si dice anche
mmajatu; pron. J tedesco.
Mmancatura: le fasi di luna calante; come se si svuotasse qualcosa.
Mmari mi vai:, intercalare del discorso familiare: che vada a mare
il male; resti tra noi solo il bene.
Mmarruggiari: mettere il manico; saperlo mettere! Avere delle ottime
referenze e/o altrettanto buone amicizie.
Vui siti mmarruggiatu bbonu: siete ben protetto; avete delle ottime
conoscenze. Avete anche degli attributi maschili di un certo riguardo.
Era termine usato di frequente anche dall‘onorata società“ per
indicare chi o quale cosca aveva provveduto a rialzare il picciotto; di
fatti la prima domanda che gli si rivolgeva era proprio cu ti mmarruggiau
, chi ti ha dato l’onore di ....
Mmassizzata: di persona, al femminile, dalle fattezze fisiche perfette,
ancorché notevoli, ma soprattutto dalla forza e capacità
morali particolari. Molto usato nei confronti di bimbetti procaci , intelligentissimi
e....bellini.
Mmattuliari: vedi mmattuliri.
Mmattuliri: perdere vigore, appassire, invecchiare.
Mmattulutu: appassito, vecchio, senza forze
Mmazzarari: (vedi. ammazzarari ) mettere sotto pressa. Vedi anche mazzara/mazzira.
Mmendula: (dal greco amygdala, mandorla) mandorla.
Nel linguaggio figurato al plurale mmenduli assume diversi significati:
ndavi mmenduli: a) ha parecchio da nascondere (corna!); b) è molto
ricco. Mmenduli duci, mmenduli mari....
come dire....pecore bianche, pecore nere...
Mmolaforfici: un buono a nulla, con le gambe lunghissime che cammina
quasi come una forbice. L'attrezzo che serve (e anche l'artigiano capace
di molare) per molare le forbici. (vedi ammolaforfici).
Mmolaturi: sia il congegno che l'uomo capace di molare, nel senso di
affilare, arnesi da taglio: coltelli, accette, scuri, cunei particolari.
Per le forbici era necessario una particolare attrezzo e quindi una capacità
diversa.
Mmorbari: (ammorbari) contagiare, diffondere un maleficio. Riempir
l'aria respirabile di cattivi odori o di polveri e pollini che provocano
tosse, stizza.
Mmucciari: (dal greco myclaòs, interno) ritirare all'interno,
nascondere (vedi ammucciari.
Mmucciuni: (a mmuciuni) di nascosto; quando gli altri non vedono.
Mmucciuneddu: (a mmucciuneddu) gioco di ragazzi e ragazze; nascondino.
Giocare a nascondino. Spesso, senza aggiungere altro, s'intendeva ...il
fidanzamento...di nascosto; nessuno lo sa, ma tutti lo hanno capito!
Mmuddicari: (ammuddicari) impanare; passare nel pan grattato.
Mmuddicatu: impanato. Che sa di altro....di un'altra origine...di un
altro filone...di un'altra intelligenza.
Mmulari: molare, lisciare. Si faceva scorrere l'arnese da molare sulla
parte esterna della mola (vedi), mentre questa girava, manovrata da altra
persona, velocemente, sia contromano che in forma diretta a seconda della
forma del taglio e del tipo di arnese; era necessario mettere sempre dell'acqua
nella vaschetta in modo che con i movimenti rotatori, salisse sulla superficie
e girasse con essa raffreddando le parti metalliche molate. Qualsiasi
elemento metallico riscaldato si deforma...quindi anche coltelli, scuri...etc.
Mmulingianari: (ammulingianari) far diventare livido, di rabbia, di
stizza...ma anche a seguito di colpo e trauma.
Mmulingianau! E' diventato, di colpo, livido, scuro, triste.
Mmuntunari: (ammuntunari) fermarsi per la notte; calare la testa e
chiudere gli occhi per addormentarsi; assumere un atteggiamento di diniego
di estraneità.
Non mmuntunari propria: non calare affatto la testa; alza gli occhi,
partecipa, renditi attivo; non farti sollecitare.
Mmunziddari: (ammunziddari) ammonticchiare, alla men peggio, senza
ordine. Accumulare anche ricchezze.
Mmutirrari: (ammutirrari) far le bizze; subire o provocarsi degli incidenti
e ferite.
Mmutirratu: ferito, mal disposto, angosciato, rattristato.
Mputrimatu: ( probabilmente esiste anche il verbo (mputrimari) malaticcio,
handicappato; ma anche: seccato, disgustato e incapace di intervenire.
Mungrana: (potrebbe essere una trascrizione di "Emicrania"
?) leggero malessere; temporaneo atteggiamento di dolore, di fame, di
debolezza fisica e psicologica. In particolare si diceva che fosse l'atteggiamento
rabbioso dei cani, e, quello, similare degli umani .
Muzzari: vedi ammuzzari.
Mmuzzata: vedi ammuzzata.
Mmuzzatina: vedi ammuzzatina.
Mmuzzu: vedi ammuzzu.
Mola: molare (dente); pietra sapientemente tagliata a forma circolare
con un buco al centro e fatta ruotare per mezzo di apposito congegno che
molare attrezzi: scuri, coltelli....-
L'attrezzo per molare era costituito da tre elementi: la pietra, il manico
e la vasca: a) la pietra si trovava in alcune zone montagnose tra le rocce
(contrada petri di moli); doveva essere di grana uniforme e adeguata all'uso.
Veniva tagliata sul posto e poi condotta a domicilio si rifiniva: adagiata
su della sabbia, si disegnava la perfetta forma circolare e vi si produceva
un foro quadrato ala centro, indi si martellinava e si lisciava la parte
esterne della circonferenza. b) il manico era un ferro di 8-10 mm. di
diametro piegato a caldo a forma di z e t a con l'asta centrale perpendicolare
alle altre; si piegava una prima parte ad e l l e , si faceva passare
la parte lunga nel foro quadrato e quindi si piegava l'altra parte; il
foro veniva quindi chiuso ben bene con dei cunei di legno o ferro in modo
da evitare che il manico girasse su sé stesso. c) la vasca (u scifu)
si ricavava scavando un grosso tronco e producendovi una "scassata"
leggermente più larga dell'altezza del cilindro (mola), di forma
semicircolare; serviva per mettervici dell'acqua che raffreddava gli strumenti
da molare...(vedi anche mmulari).
Momonzu: soprannome ed aggettivo per fanciullo troppo grasso con il
ventre troppo pronunciato, Potrebbe essere una trasformazione di bamboccio,
fantoccio, mammoccio.
Monacheddi: a) monache o monaci di piccola statura. b) animali castrati;
talvolta si usava anche per indicare persone...dagli atteggiamenti un
po' effeminati. c) i girini di ranocchie nella fase di “animali acquatici”,
quando sono soltanto ...testa e coda di colora nero. d) uccellini di siepi
dalla livrea gialla striata di grigio (o al contrario : grigio, striata
di giallo). e) fichi d'india seccati al sole ed infornati.
Procedimento: raccolta dei migliori frutti abbastanza maturi; immersione
degli stessi in acqua per ammorbidire gli spini sottilissimi...e pericolosi
(volano facilmente finendo negli occhi), anche se precedentemente, durante
la raccolta, vengono in qualche modo puliti con rudimentali scope. Con
coltelli molto affilati si raschiano gli spini e si tagliano i frutti
in senso longitudinale, esattamente a metà e si stendono al sole....di
agosto/settembre. Perdono tutta l'acqua assumendo un colore marrone scuro;
quindi si infornano. Ottimo alimento, ricco di zuccheri sia per gli uomini
che come foraggio.. invernale. Unico fastidio....? i "nocciolini"
(pietruzze) restano attaccati...e si ingoiano; la buccia si è ben
assottigliata....ed è un po' legnosa. Si chiamano anche cutte'
i ficarazzi.
Quest'assottigliamento ha prodotto qualche modo di dire:
Vi rridducistivu comu na cuttea i ficarazza: siete molto dimagrito.
I cutte' i ficarazza ndannu i nozzula: ottimi i fichi d'india secchi...ma
hanno i noccioli. Tutte le cose molto buone...hanno anche ....dei piccoli
difetti.
Monica: monaca, suora .
Monica i casa: pia donna che indossa un particolare saio, ma vive in
casa .
Monica i casa ...u diavulu nesci e trasi: Monaca di casa ...il diavolo
esce ed entra; starebbe a significare che, non sempre, quelle pie donne
che vivono in casa la vita monacale....vivono veramente da monache...per
attitudini e/o per mentalità.
Morti: morte, la morte ma anche i morti, i defunti o l'indicazione
di una data: il 02 novembre.
Pi morti a nivi arret'e porti: (una volta, ora...solo ricordi) per
i primi di novembre potrebbe anche esserci la prima nevicata, molto importante.
A so' morti: il modo migliore per ...gustare, godere, vedere, sentire...
U ciaureddu: a so' morti ...ndo furnu: il capretto, di capra, si gusta
meglio se cotto al forno.
I custardeddi: a so' morti, nfarinati e fritti e ndo piattu cu citu
e n'aschia i cipudda, per godere del miglior gusto delle costardelle:
passate nella farina ed in padella e, subito nel piatto con un goccio
d'aceto e una fetta di cipolla.
A vesta rrussa: a so' morti! il vestito rosso è il suo desiderio
più importante
Morzu: (pron. zeta dolce, quasi esse), (dal francese morceau, pezzetto)
pezzetto, piccola parte.
Un morzu i cristianu: un piccolo uomo....in tutti i sensi.
Un morz'i pani : un pezzetto (proprio quanto basta come pane quotidiano)
pane.
Motucipitu: motocicletta. Era molto difficile pronunciare ...motocicletta...,
soprattutto per le persone di una certa età...ed ecco il "neologismo"....alcuni
del tutto, usavano dire "u cipiterri a' nfocu" (onomatopeico)
quell'aggeggio che produce un rumore: ci pi terrr che va a combustibile
che produce fuoco....calore, vampate.
Mpacciari: impegnare, impegnarsi, per sbrigare una faccenda, per ottenere
qualcosa, per raccomandare la soluzione di un problema.
Si mi mpacciu eu: se m'interesso io...
Senza mi mpacciu a nuddu: senza impegnare nessuno.... ho sbrigato i
miei affari.
Mpacciatu: impegnato, interessato. Al femminile (mpacciata) si usava
sovente per indicare una donna in stato di evidente gravidanza; si voleva
significare, in maniera molto gentile, che è impedita in alcuni
movimenti, che il peso della sua creatura le impedisce di fare certi lavori.
Talvolta anche indicare una donna nel periodo mestruale.
Mpacciutu: (mpacciuta), dal verbo paccjiari, impazzito, impazzita;
che ha perso il lume dell'intelletto, che sragiona.
Nc'esti carcunu chi mpacciu pi vvui!: (era il verso di una serenata)
c'è qualcuno che ha perso la ragione per voi.
Mpaiula: corda. Vedi anche il capitolo ratu del quale è accessorio.
Mpalorari: vedi appalorari.
Mpalisari: rendere palese, pubblico; rivelare. Si usava
soprattutto per specificare le condizioni di un fidanzamento: a mmucciuni,
cioè lo sapevano solo loro due…e, poi, via, via anche gli altri,
gli intimi etc. fino a quando, ormai, era noto a tutti e quindi diventava
a mpalisi.
Mpalisi: di pubblico dominio e conoscenza.
Mpamità: (o nfamità) infamia ; attitudine a tradire;
l'atto del tradimento. Vedi mpamu.
Mpampina: (o mpampira) superbia, atteggiamento altero, menefreghismo;
momento di rabbia, di ira, di stizza...
Nci passa a mpampina!: cambierò; modificherà i suoi atteggiamenti
alteri, diventerà più umile.
Mpamu: (o nfamu) infame, traditore. Dal latino (in) famis, che non
gode di buona fama.
Il termine è frequentemente usato per indicare " chi non
è con noi" , non appartiene allo stesso "clan" e,
sta sempre a significare la poca fiducia e la quasi nulla stima che si
ha del nominato.
Mpapucchiari: (dal greco àpatào, ingannare), raccontare
balle e farsi ...credere; ingannare, prendere in giro.
Mparari: imparare, apprendere.
Mparatu: educato, attento, colto anche cresciuto.
Mparu: (amparu) appena, quanto, pari pari.
Jmmu amparu amparu: siamo andati pari pari...
Mparu chi finisciu: appena finisco.
Mpasturavacchi: serpentello molto lungo che si attorciglia alle zampe
posteriori delle vacche, rendendole incapaci di camminare, per succhiare
il latte dalle loro mammelle. Le serpi, tipo biscia, sono ghiotte di latte!
Mpaticari: (dal greco empatéo, calpestare) calcare coi piedi;
metterci i piedi sopra.
Mpena: (ampena-ppena) appena, da poco.
Mpetticaloru: un uccellino che si arrampica facilmente sulla corteccia
degli alberi, potrebbe essere il picchio; per analogia si usa per indicare
persona, o anche animale, molto veloce in terreni impervi in salita...
in effetti chi riesce a fare un buon terzo grado di alpinismo.
Mpicciari: (anche 'mpiciari) [dal francese empecher, intrufolarsi]
intrufolarsi, interessarsi troppo dei fatti altrui.
Mpicci: affari, impegni, attitudini .
Mpigghiari: (anche pigghiari): accendere, provocare fiamma, dar fuoco.
Pigghiau focu e ssi bbrusciaru tutti i livari: v'è stato un
incendio e tutti gli alberi di olivo...sono stati bruciati. Gli incendi,
ora come allora....non sempre spontanei!
Mpigna: la faccia alta del tomaio di una scarpa. Faccia, volto.
Facc'i mpigna: faccia di cuoio; faccia dura. Insensibile, ma anche
predisposto a tradire.
Mphindiri: (oppure mphendiri) appendere; agganciare; fermare provvisoriamente.
Mpiriddari: riempire di frottole; aver rapporti sessuali.
Chi nci sta' mpiriddandu?: cosa stai raccontando?....chi ti crede!.
Mpirnacchiari: (si usa più di frequente il part. pass. mpirnacchiatu):
agitarsi, alzare la cresta, farsi notare....
Mpirnacchiatu: pieno di sé....vuoto, ma superbo....un sacco
pieno di ...vento!
Mpisu: (ampisu) appeso, dipendente.
Mpittari: salire su terreni molto scoscesi, quasi a perpendicolo.
Mancu i crapi ponnu mpittari: nemmeno le capre riescono a salirvi.
Mpittata: salita molto ripida, scoscesa e molto difficile.
S'a mpittau: se ne andato; è morto...o lo hanno fatto morire.
Mpizzari: attaccare, incollare. Rimetterci qualcosa.
Nci mpizzu i manichi: attacco le maniche o i manici a seconda di che
si tratta.
Nci mpizzai tempu e soddi: ho rimesso tempo e denaro.
Mpizza cu poti: attacchi chiunque: Ci rimetta chiunque...me ne sto
alla larga.
Mpizzatturi: (oppure ppizzatturi) frutto spinoso di alcune erbette;
gli spini non sono veramente duri tali da provocare piccole ferite, ma
si attaccano facilmente sia sulla pelle sia sui panni, essendo il frutto
di forma ovolare ed avendo diverse serie di spini in periferia.
Mprettari: impegnare; occasionare; occupare. Stuzzicare, stimolare.
(dal latino appectorare)
Si vvi mprettati vui: se v'impegnate...
Mpretti: impegni, impicci, preoccupazioni.
Non pozzu bbadari a vui ndaiu tanti mpretti: non posso badare a voi,
ho molti impegni, preoccupazioni.
Mprocchiari: (anche mprucchiari) avvicinare il neonato al seno materno.
E' più tipico per gli animali, ma usato anche per i bambini. In
effetti significherebbe attaccarsi al seno. Ma per far ciò bisogna
essere aiutati; per cui si estende il significato anche alle operazioni
del necessario aiuto. Si usa anche per indicare se le giovani piantine
hanno attecchito.
Un mprocchiastivu?: l'avete aiutato, almeno, ad allattare?
Non ndaiu bbisognu mi mi mprocchinu: non ho alcuna necessità
che mi si aiuti a trovare da mangiare; a trovare qualunque cosa, ad orientarmi.
Mpudda: piccolo ascesso; escrescenza carnosa e/o callosa della pelle;
piccolo callo; piccola ferita. Si diceva nciu dassaru na mpudda! per significare
che l'hanno ferito molto seriamente con arma da taglio.
Mpuntastomicu: (oppure ppuntastomicu) uno spuntino leggero, leggero,
tanto per "appuntare", fermare, rallentare le richieste dello
stomaco.
Mpuntiddari: mettere un sostegno... al di sotto, appuntare, sostenere
precariamente.
Mpurra: il foderame in genere, in particolare tutte le qualità
di stoffa e le operazioni necessarie per preparare "le fodere"
dei vestiti. Ma si usava anche per indicar qualcosa che serve per aumentare
lo spessore di un qualsiasi oggetto.
Mpurrari: foderare, avvolgere, aumentar lo spessore.
Mpuzzari: piegare le ginocchia ed il busto verso avanti per alcuni
tipi di lavoro; cominciare con molta attenzione un certo lavoro; darsi
da fare.
Mpuzzatu: (o ppuzzatu, o mbuzzatu) piegato sulle ginocchia, in posizione
precaria.
Mpuzzunari: vedi appuzzunari.
Muca: (dal greco mouchla, muffa) specie di muffa. Malattia di alcune
specie vegetali da giardino che si manifesta con dei sottilissimi filamenti
bianchi, come fossero cotone dipanato, nella pagina inferiore della foglia,
la quale quasi subito muore con danno irreversibile su tutta la pianta.
Mucari; (dal greco moucliazo, ammuffire) ammuffire. Star sempre in
un ambiente chiuso ed umido.
Muccatureddu: (anche nella forma maccatureddu) fazzoletto per il ...naso.
Da mocare, pulirsi il naso.
Muccaturi: (anche nella forma maccaturi) (dal greco mykos, muco), fazzoletto
per il naso o anche foulard... Quel foulard, usato per scopi specifici
era chiamato camuffu, vedi. voce. Era oggetto di regalo per: la promessa
sposa, la ragazza del cuore, la futura suocera, la moglie dell' ambasciaturi…
naturalmente di colori appropriati e tradizionalmente usati e nelle date
di particolari ricorrenze. C'era chi lo esibiva, chi lo ostentava e chi,
invece, aveva - ancora - timore di farlo vedere e, normalmente lo portava
ripiegato e stretto nel palmo di una mano…ma non lo "mollava".
Muccu: (dal greco mykos, muco) il moccolo; quel che, talvolta violentemente
ed inavvertitamente, scende dalle narici.
Muccusu: a) moccioso, ragazzotto un po' impertinente. b) chi è
affetto da rinite cronica o da raffreddore e subisce frequentemente gli
attacchi del muccu.
Muddica: (dim. muddichedda) briciola, bricioletta; piccola cosa; parte
interna del pane, mollica.
Quant'a na' muddica i pani: piccola cosa, come una briciola di pane.
A facistivu comu na' muddica: l'avete ridotto a poltiglia; l'avete
ridotto piccolo piccolo, come una mollichina.
Chissu est muddica!: codesto è molliccio, non ha consistenza;
non ha costanza.
Nui... scorcia e muddica: noi siamo vicini, attaccati (spesso in senso
ironico), come la buccia e la parte interna; siamo talvolta duri (scorza)
e talvolta teneri (mollica).
Muddicata: (dim. muddicatedda) riferito a cosa molliccia da raccogliere;
per es. i resti di una certa materia filtrata o passata a setaccio. In
generale una cosa che pur apparendo di relativa importanza...non ha (o
ne ha) proprio tanta, la malta cementizia, rispetto ai mattoni. Si usava
il termine essenzialmente per indicare la poltiglia che restava sul graticcio
delle macchinette (a mano) per la produzione dello "spirito"
di bergamotto: questa poltiglia, parti di buccia e parte liquida, era
filtrata ricavando ancora una buona quantità di prodotto.
Na muddicata d'omu: un uomo piccolo come una mollicuccia; molliccio,
senza importanza.
Muddura: cielo coperto e nuvoloso...spesso anche d'estate e se caldo
umido. Broncio, estraneità, dissociazione.
Pari muddura du misi i novembri: sembra nuvolo come a novembre.
Muddura i matina... non chiovi pi oj: nuvolo di mattina...non piove
per oggi.
I fungi nescinu quandu faci muddura: i funghi spuntano con il tempo
umido. Le difficoltà compaiono quando non meno ce le aspettiamo...quando
il tempo non è proprio ...pulito.
Eh...rriditi na vota...muddura!: e, infine, ridete una volta, non siate
sempre imbronciato.
Mudduriari: il tempo (atmosferico) si mette a nuvolo. Attenzione va
scomparendo il sole e compaiono le nuvole....la via, liscia, retta...sta
finendo...ora compaiono le difficoltà.
Senza mi vi mmudduriati: senza che perdiate la calma, che diventiate
nervoso e triste.
Mulu: (mula) quadrupedi sterili, ibridi di asino e cavalla. Figlio
di nessuno di genitori sconosciuti; bastardo, monellaccio. Si indicava
così (mulu) anche l'unico fusto che restava da far crescere, dritto
e sottile, dopo che era stato ripulito ( rriccippatu ) il bosco di castagneto.
Mulettu: piccolo mulo, diminutivo. Si usava spesso per indicare ragazzini
discoli ed un po' ostinati si usava anche al femminile, ma significava,
piuttosto, una ragazza ben fatta e un poco lenta di comprendonio.
Ricordo: nel senso migliore ed affettivo era stato attribuito come epiteto
provvisorio (discolo) allo scrivente da una zia che mi allevava ed accudiva
amorevolmente nella primissima età.
Con il tempo è diventato (contemporaneo a noi) il termine atto
ad indicare un congegno, motorizzato o ad azione meccanica, atto a sollevare
e/o spostare grossi ed ingombranti materiali.
Mulinu:
Costruire il molino? Dalla primordiale esigenza: forza motrice!
La forza motrice era fornita dall'acqua che era usata più volte:
per i vari congegni, per lavare e pulire ed infine per irrigare, nei periodi
estivi. Dunque i vari congegni che avevamo necessità di questa
forza dovevano esser costruiti a monte allo scopo di consentire la successiva
utilizzazione.
Il mastro (capo maestro), quindi, per prima cosa doveva scegliere il
luogo di costruzione secondo questi fondamentali principi: (Ingegneri?,
Geometri?, Geologi? pochi, e tutti in città e tutti da pagare molto)
il fabbricato doveva sorgere accanto ad una zona, naturalmente scoscesa
e con adeguata via d'uscita e di successivo convogliamento dell'acqua.
U mulinu: (fabbricato che assumeva il significato generalizzato di luogo
dove è possibile macinare cereali e leguminose), costruito su tre
piani, in muratura e soltanto con qualche apertura, oltre a quella d'accesso,
era costituito, dall'alto:
turri: (detta anche carcara, per la forma analoga) una torretta a forma
quadrata o circolare con una vasca di raccoglimento nella quale sfociava
la condotta generale dell'acqua, di grande capacità: almeno sei
ore. Quindi a filicìa , la bocca dalla quale fuoriesce l'acqua
sbattendo con violenza sulle pale della ruota. Questi due termini carcara
e filicìa sono senza altro d'origine greca ta karkara , le prigioni
e phylachìa, posto di guardia. Da un congegno, dall'interno, era
possibile modificare la gettata e la pressione dell'acqua, modificando
il foro d'imbocco sul canale d'uscita. Anche questo congegno si indicava
come filicìa.
frabbicatu: il vero e proprio fabbricato, nel quale era sistemato il
molino, il lettino per il mugnaio, un focolare e pochissime suppellettili
e utensili ...del mestiere.
galliria: una specie di tunnel, nel sottopiano, nel quale la pressione
del getto d'acqua faceva girare un asse.
Vari congegni, terminanti tutti all'interno, raggruppati, per agevolare
i comandi: assi, funicelle, leve, cunei.....
Nella galliria una turbina ad asse verticale (saitta-assu) nella circonferenza
esterna sistemate tante manette (manitti: forme di mano a dita chiuse,
incuneati per la parte del polso nella ruota) a seconda della grandezza,
che dipende sempre dalla forza motrice, orientabili; il getto d'acqua
urta violentemente le manette e fa girar l'asse centrale. Per l'orientamento
ed eventuale sostituzione delle manette era necessario fermare il getto
ed entrare nel tunnel, mentre le altre operazioni potevano essere eseguite
dal "posto di manovra" interno. L'asse: grosso fusto di legno
rinforzato al centro, longitudinalmente, con un palo di ferro (di almeno
4/cm di diametro) terminante, al suolo sui dei cuscinetti a sfera ed in
alto sulla filidona. Il tubo del getto, detto filicja (pron. j, i lunga)
arriva quasi a toccare le manette....per non perdere forza. L'acqua, con
un caratteristico frusciare, fuoriesce immettendosi nei canali di successiva
utilizzazione.
A filidona: una piastra di ferro, almeno 15x30 cm. con un foro rettangolare
al centro nel quale entra il terminale dell'asse di ferro. Sulla filidona
poggia a suprana.
A suprana: pietra circolare di solito almeno mt.1,20 di diametro per
circa 15 cm. di spessore.
Una pietra particolare: petra i mulinu, appunto: non molto farinosa e
non molto dura.
A suttana: pietra della stessa qualità della precedente, a forma
di vasca circolare di un diametro leggermente superiore a quello della
suprana, tanto da consentire l'agevole rotazione in velocità e
da permettere il recupero della farina....per mezzo di piccole scope,
e, fornita di un foro che consente la caduta della farina verso l'esterno....il
sacco che l'attende, ben legato, su una sorta di canale rettangolare,
in legno che passa al di sotto del foro della suttana inglobandolo, per
evitare il disperdersi della preziosa farina.
A cascitta o tamburu: una sorta di tamburo con una sola base (u cumbogghiu:
coperchio), in legno, che copre totalmente le due pietre: ha un foro al
centro del coperchio in corrispondenza dell'analogo della suprana: in
questo foro entra a ciaramita (canale in legno che porta, in questo caso,
il materiale da molire) e u battenti (grossa mazza in legno che poggia
sulla suprana della quale subisce le vibrazioni trasmettendole a ciaramita
che è collegata alla base della trimudja (pron. j , i lunga) ed
è inclinata verso il centro.
A trimudja: contenitore a forma di piramide, a base quadrata, vertice
in basso, con opportuna apertura. Era appoggiata su quattro alti stanti
laterali, indipendenti...tali da non subire in maniera diretta le vibrazioni
prodotte dai giri della suprana. Vi si versava il materiale da molire:....anche
per poterlo suddividere, talvolta, in piccole o piccolissime quantità....a
seconda delle esigenze del cliente. Cordicelle, assi, cunei, tiranti,
variamente congegnati permettevano di regolare l'afflusso (u cocciu),
la quantità e la rapidità di discesa dei cereali o leguminose
al foro centrale della suprana.
A seconda del materiale da molire e della qualità di farina da
ottenere si doveva predisporre e di continuo regolare:
a) u pedi: con un robusto asse infisso nel terreno e corrispondente all'assu,
si operava in modo da tenere più o meno sollevata a suprana d'a
suttana, troppo adiacente produce terriccio (picca pedi: poco alzata),
troppo sollevata (assa' pedi: molta alzata) farina molto grossolana;
b) u cocciu: la quantità di materiale da inviare alle pietre,
assa' cocciu, si ffuca: molto materiale soffoca e rischia anche di fermare
i movimenti circolari, picca cocciu: poco materiale...si rischia di produrre
terriccio...
c) a cascata: (la forza dell'acqua) che imprime movimenti più
veloci e/o di maggior forza.
Leve ed accorgimenti permettevano anche si separare, senza arrestare
i movimenti, le varie quantità del molito.
U mulinaru: (il mugnaio) per tradizione appartenevano alla stessa famiglia,
tramandandosi i segreti dell'arte di padre in figlio, incipriato, spesso
un po' gobbo, pipa in bocca - cannuccia dritta e corta, pipa di terra
cotta - di solito spenta.... dorme poco, è sempre attento, vigila
costantemente ogni movimento delle complicate apparecchiature, seleziona
le qualità da molire facendo nota anche per i clienti....esigenti.
Si muove continuamente anche verso l'esterno: per veder chi arriva e chi
parte, per sorvegliare la sua....piccola fabbrica....ma trova anche il
tempo per qualche avventura. Va precisato che al mulinu andavano spesso
donne con il carico in testa (fino a 50/60 Kg.), per incarico o direttamente
interessate....e, non di rado si fermavano per attendere a vicenda (il
proprio turno) e, come passavano il tempo?, con il mugnaio...? di notte,
d'inverno?....
Mulinara: raramente era una donna: troppo faticoso!
Le famiglie assumevano il soprannome portandolo con orgoglio: a mulinara
(moglie o figlia i figghi du mulinaru (i figli e/o le figlie). Qualche
famiglia benestante inviava cu vetturinu, ragazzotto di servizio anche
provvisorio che badava alla cavalcatura: mulo, asino fino a circa un quintale
....ma anche na padda i rrussu: un fiasco di vino.
Ma le pietre: suttana e suprana dovevano esser curate, di tanto in tanto,
per evitare che producessero terriccio o non riuscissero a molire sufficientemente
fino, dovevano essere martellinate. Vi provvedeva lo stesso mugnaio con
un attrezzo particolare, specie di ascia lineare a due lame perpendicolari
rispetto al manico: a martillina. Veniva sollevata e poggiata a terra
a suprana, per mezzo di una corda e carrucola legata su stanti a parte
o al soffitto; la suttana poteva esser martellinata sul posto. Di solito,
però, subito dopo quest'operazione non veniva molito cereale per
alimentazione umana....c'era sempre del terriccio.
Attenzione e dedizione del mugnaio: dopo la molitura, seppur grossolana,
di leguminose e/o di cereali per foraggio utilizzava una certa quantità
di cereali, dopo aver sistemato pedi e cocciu, per ottenere una giusta
finezza della farina, alcuni kg. di cereali....ma faceva destinare la
farina a foraggio a causa delle piccole impurità che poteva contenere....ma
talvolta era anche necessario alzare la suprana e pulire tutto con scopa
e spazzola.
Le informazioni correvano: si sapeva sempre in paese....che il tal mulinaru
aveva provveduto alla martellinatura di recente.
Naturalmente la molitura era differenziata a seconda del materiale: grano,
molto fine; segale ed orzo: piuttosto grossolana; mais: a granellini;
leguminose per foraggio...quasi sminuzzati.....
Piccolo glossario:
A cassja: (pron j, i lunga) quel che si disperde, nonostante tutti
gli accorgimenti; lo sfrido, si direbbe, oggi. Era stabilita da usanze
locali in circa 5%, ma di fatto, spesso era inferiore, per cui il mugnaio
accumulava anche delle proprie riserve, dette cassja . Ma erano varie
qualità mescolate....per cui con il tempo il termine ha assunto
il significato di resto, residuo mescolato e veniva attribuito a persona
dal carattere....un po' indecifrabile.
U jussu: (latino, per tutti!) la tassa sul macinato, spesso pagata
in natura: 5 kg. di farina per ogni Q.le di macinato.
Menzu mundeddu, u mundeddu, u menzu: recipienti di legno per le misure
(vedi voci);
Partita: ( picciula, rossa o randi, partitedda) quantità da
molire.
Saccu i mulinu: sacco. Sacco di tela di cotone atto a contenere e mantenere
pulito ...il macinato.
Sajtta: (pron. j, i lunga) la turbina e per estensione il locale sotterraneo.
I cereali: jurmanu: segale - miscitatu: grano, orzo, segale mescolati
- orgiu: orzo - paniculu: mais, grano turco - ranu: grano ...(vedere voce
di ciascun termine).
Le leguminose: favuzza: piccole fave (specie particolare di fave) - favi:
fave - linticchia: lenticchie - luppinu: lupini (vedere voce di ciascun
termine).
Sassula: utensile in legno per maneggiare materiali di piccola dimensione
e/o farinosi.
Mulu: ibrido di cavallo ed asina; non fertile, testardo, puntiglioso
ostinato; chi non conosce i propri genitori (figlio di N.N.); mulu si
diceva dei figli adottivi dei trovatelli (vecchia espressione... di politesse);
mulu è l'unico fusto lasciato crescere ed ingrossare di un grosso
ceppo di castagno; mulu è la trave più robusta del solaio
che è ben sistemata al di sotto di tutte le altre perché
le sorregga, detto anche bastasi .
A mmia mi dici mulu...ca tu non sai cu est to patri: a me dici mulo,
ma tu non conosci tuo padre.
Travagghia quantu nu mulu: lavora quanto un mulo, lavora di grosso,
senza badare a sottigliezze.
Ndavi a forza i nu mulu: ha la forza di un mulo....la sola forza, però.
Mundeddu: misura agricola corrispondente ad un terzo di menzu, cioè
circa kg.2,250. Una sottile striscia di legno ripiegata in modo da formare
un cilindro con una base chiusa e l'altra vagamente svasata. Esisteva
anche la metà: menzu mundeddu, della stessa forma Si usava soprattutto
per sementi o per materie pregiate.
Ho visto, di recente, la stessa forma utilizzata per la produzione, industriale,
di cialde per gelati da passeggio: non il caratteristico cono, ma questa
cialda elicoidale con fondo.!
Mungariari: tartagliare, parlottare; parlare in sordina ed in maniera
disordinata.
Est nutili chi mungariati tantu: è inutile che sparliate, che
vi lamentiate....che borbottiate.
Chissu non sapi parrari...mungaria: non sa parlare (perché è
bleso, perché non ha capacità) sparlottia soltanto. Non
riesce perché è timido, incapace....
Mungarusu: (dal greco mungarìzo, chi parla con voce nasale)
bleso; che ha difficoltà nel parlare sia perché tartaglia,
sia perché ha difficoltà a pronunciare alcune sillabe, lettere
o fonemi; parla esageratamente con suoni nasali, velari, emette altri
rumori mentre parla. Appellativo che si dava a persone timide, pavide,
che hanno difficoltà ad esprimersi.
U mungarusu non est sintutu: chi tartaglia (non ha il coraggio di imporsi,
di esprimersi bene) non è ascoltato, non è compreso.
Mungijari: lamentare; lamentarsi, piangere su.
Non vi mungijati propria: non vi lamentate per niente.
Ti fazz'e tti mungij: ci penso io a farti lamentare; è proprio
inutile lamentarti.
Mungiri: mungere, spremere il ...latte; spillare, estorcere.
Ti mungjiu!: ti ha spremuto!
Mungi! Mungi!: spremi! spremi!...prendi, afferra.
Si vvai ndi chiddu, ti mungi: se vai da quello ti spreme: il professore
che ti fa un esame, l'avvocato, il medico che esige esorbitanti onorari.
Mungipeddu: (o mungibeddu) Mongibello, Etna; vulcano, in generale.
Nella tradizione popolare, Mongibello, il vulcano ben visibile dalle alture
del paese, era la sede del diavolo, del maligno, oltre che, naturalmente
del fuoco vulcanico perciò chi agiva in modo relativo ( provocando
disordini) era detto mungipeddu o anche mungibeddu. Dall'arabo, mons gebel,
monte con nome. Si usava anche per indicare un cataclisma, un violentissimo
temporale.
Sta fermu, mungipeddu!: ( rivolto ad un ragazzino discolo, discolo)
stai un attimo fermo.
Muntarozzu: mucchietto di qualcosa; prominenza visibile su una superficie
piana. Quantità indefinita di qualcosa.
Ndaju nu muntarozzu ndo frunti.... nu muntarozzu i pira...: ho un bitorzolo
in fronte...; ho un bel mucchio di pere....quelle di una volta consistenti
potevano anche essere ammonticchiate!
Muntuni: montone, maschio di pecora; presuntuoso, arrogante.
Centu pecuri e nu muntuni: cento pecore (un gregge) ed un solo maschio...cioè
cento incapaci, inetti, fifoni, ed uno solo capace, forte, intelligente...
Testa i muntuni: testa dura, testone, negligente.
So' maritu non nc'era... carcunu fici u muntuni: il marito non c'era
e qualcuno ...lo ha sostituito! (vedi voce Merica).
Sparinu u muntuni: in occasione delle feste patronali e/o di particolari
ricorrenze, il comitato organizzatore metteva in palio un montone che
era assegnato mediante tiro a segno, al migliore o più fortunato
tiratore.
Muntuniriu: montone nero; soprannome che si dava a persone (anche donne)
ostinate testarde, litigiose.
Munzeddu: (munzidduzzu) (dal latino monticellus, mucchio) in senso
lato una quantità di qualcosa ammonticchiata a forma di cono, di
varie grandezze. Persona che d'abitudine appare imbronciata e/o si atteggia
a manifestazioni (spesso affettate) di tristezza, angoscia...che tiene
le labbra in un certo modo.
Fici nu munzeddu!: W.C. all'aria aperta....piccolo che deve...deve...fare
con urgenza e senza problemi si accomoda, ma poi guarda soddisfatto il
risultato e, rivolgendosi agli astanti...si complimenta con se stesso:
ne ho fatta tanta!
Munzò: (pron. zeta aspra): appellativo, spesso affettuoso, per
bambini che fanno il broncio. Offensivo per adulti sempre tristi, dal
carattere chiuso.
Murcu: mancante di uno o tutt'e due le braccia: monco, non completo.
Dal latino murcus, mutilato.
Era una sorta di diavolo: il maligno che scaricava sugli altri le proprie
difficoltà, le proprie amarezze.
Attent'o murcu!: era un grido d'avviso per tutti, grandi e piccini:
attenzione a chi è monco perché tenterà di vendicare
le sue difficoltà, senza motivo, su chi sta meglio.
Mureddu: mora, di gelso, di rovo. (a) Piccolo rigonfiamento sul legno
di botte o tinozza dovuto a piccole perdite di liquido, che fanno soltanto
un po' d'umidità e un po' di muffa dall'esterno; l'umidità
rigonfia ndo ammuffisce e si rende molto evidente. (b) gonfiore di una
parte del corpo dovuto a probabile ascesso. (c) escrescenza cutanea, talvolta
anche vistosa che veniva curata (dando sempre per scontato non si trattasse...mai...
di tumori maligni) in maniera...artigianale: legata strettamente alla
base con fil di seta...la si lasciava morire e quindi...cadere. Mai sentito
dire di conseguenze dannose. Una qualsiasi protuberanza di colore scuro
anche negli oggetti o utensili.
Murga: (dal greco amoùrges, sedimento di olio) morchia, olio
non ancora sedimentato; i resti della separazione dell'olio dalle scorie.
Est ogghiu bbonu, non è murga: è olio scelto, già
limpido, non è morchia. E' una persona di grandi qualità,
di carattere.
A murga puzza: la morchia emana cattivo odore; chi ha un caratteraccio
si distingue subito.
Murìa: morìa. Mortalità diffusa di animali, dovuta
ad epidemie, talvolta di origine sconosciuta. Il termine era usato più
propriamente per indicare la mortalità del baco da seta.
Murmuriari: mormorare. E' quasi sempre il blà blà delle
comari; un parlottio continuo e di molta gente; giudizio negativo e maligno
su un determinato argomento da parte ...delle comari. Sparlare, gracidare.
Murmuru: dir male, sparlare. Sussurrare cose sgradevoli.
E...si mmi cacciu u luttu... nc'è sempri u murmuru: (una vedova
ancora vestita a lutto, nonostante siano passati tanti anni) ho paura
di lasciare il lutto, certamente ci sarà qualcuno che potrà
sparlare...
Murra: (dal greco mòra, moltitudine), moltitudine di uomini,
di animali.
A murra: propriamente per indicare un gregge...abbastanza numeroso.
Per ovini si diceva così . Per bovini si diceva mandra.
Murra: (dal greco mòron, gioco che si fa con le dita) Morra,
gioco che si fa con le dita: si tratta di indovinare un numero, naturalmente
entro il 20, istantaneamente mentre si calano una o tutt'e due le mani
e si aprono le dita.....più o meno nello stesso istante.
Murtuni: chi non ha proprio nulla e vive di elemosina; chi chiede,
anzi cerca con insistenza, qualcosa pur non avendo estrema necessità.
I ragazzi, spesso, ricevevano questo attributo: proprio perché
erano soliti chiedere o accettare qualsiasi cosa, da mangiare, per giocare....
Murtuniari: chiedere per necessità (elemosina), chiedere per
il piacere di avere.
Muru: (murettu, muriceddu) muro; normalmente costruito con pietre tenute
insieme da malta di calce impastata con sabbia. In senso lato qualsiasi
mezzo che riesce a far parete; a sostenere e proteggere.
Est nu muru i petra e caggi : è un muro di pietra e calce; è
una persona forte.
Mi cadiu nu muru d'ancoddu: m'è caduto addosso un muro; m'è
giunta una cattiva notizia.
Luntantu di me' mura: lungi da me (ite procul!) da casa mia, dalla
mia famiglia, dalle mie conoscenze, dalla mia Patria.
Si usava il termine murettu in ragione all'altezza, mentre muriceddu,
in ragione allo spessore e relativamente anche all'altezza.
Muscagghiuni: moscerino, insetto fastidioso; piccolissima cosa; omettino.
Ancora è mustu, ndavi i muscagghiuni: il vino non è ancora
maturo (è ancora mosto) ci sono i moscerini. Durante la fermentazione
al di sopra delle botti volano miriadi di moscerini.
Mi ju nu muascagghiuni nda ll'occhiu: m'entrato un moscerino in un
occhio.
Non si poti durmiri pi muascagghiuni: non si può dormire a causa
dei moscerini, zanzare comprese.
Muscia: (pron. ancora più leggero del ch francese di chose):
gatta o gatto. Da questo termine viene l'onomatopeico musci, musci per
chiamare il gatto o la gatta e, quindi il dim. musciaredda....
Muscìa: viene umido; cambia temperatura.
Musciagghia: tempo molto umido, con nebbia bassa e penetrante. Si dice
anche di persona molto lenta di riflessi e piuttosto in carne.
Mussalata: manrovescio ; uno schiaffo, violento , conil retro della
mano direttamente sul "muso"
Mussiari: (dal greco muosonizo, torcere il muso) Torcere il muso, manifestare
disgusto; non accettare....
Mussu: muso, labbro, orlo, taglio. Organo dal quale fuoriesce la voce
ed attraverso il quale entra il cibo.
Mi cugghia mussu e culu: mi sono ridotto talmente piegato su me stesso...che
quasi con il muso tocco il ....; giù di corda, sconvolto, raggomitolato,
ferito nell'anima.
Avi nu mussu!: ha un ...bel...modo di parlare, di criticare tutti e
tutto.
Mussu pittatu: labbra dipinte di rossetto; persona evoluta, attenta
alla moda...ma piuttosto sciocca o leggerina.
Nci teni u mussu. (oppure nd'avi u mussu) tiene il broncio; ha il broncio;
è seccato, urtato, nervoso.
Torci u mussu: non gli (le) va giù; non accetta; commenta negativamente;
oppone resistenza; assume posizione critica.
Mustarda: mostarda, insieme di diversi generi alimentari triturati,
impastati e trattati in cucina ci quali, comunque, hanno gusto di mosto
, di vino.
Pari na mustarda: non ha gusto proprio, sa di vino; sembra mostarda.
La mostarda, però, ha un ottimo sapore: veniva preparata facendo
bollire il mosto e mettendovi dentro mandorle, noci, nocciole, fichi secchi,
castagne secche, triturati....e quant'altro la fantasia delle nonne e/o
mamme riusciva a trovare per casa.... si lasciava bollire fino a quando
si riduceva di circa un quarto, indi si aggiungeva un po' di farina per
aggregare bene e si lasciava raffreddare (sarebbe meglio farina di fecola
....ma non esisteva!); fredda era di una certa consistenza e dall'ottimo
sapore.... servita come dolce, dessert, o a completamento della prima
colazione o della merenda.
Mustazzu: mustacchi, baffi. Era il segno della maturità dell'uomo!
Omini chi mustazza: uomini con i baffi, con ...la saggezza dei capelli
canuti!
Mustranzolu: (o mastranzolu) mostacciolo; sorta di dolce di farina,
miele, mosto uva passa...., niente, cosa da nulla.
Ddu mustranzola: niente o pochissima cosa. Il linguaggio moderno volgare
direbbe: ddu cazzi!
Ti dassau ddu mustranzola: non ti ha lasciato...proprio nulla.
Mustranzolu: ha anche il significato di organo genitale maschile e, proprio,
nel linguaggio figurato significava cazzo, nel senso di ...niente.
Musulinaru: venditore ambulante, o stazionario, di stoffe: da mussola
(musulina).
Si passa u musulinaru ti ccattu: se passa il venditore...ti compro...
U musulinaru passa!...u musulinaru passa!: si annunciava così,
con voce talvolta in sordina e spesso aiutato da una trombettina dal suono
piuttosto flebile, il venditore ambulante che girava per il paese. Mezzo
di trasporto il silente asino, rare volte il mulo, alla cui somma erano
legate due cassette di legno (tavolette molto levigate) con cinque facce
perfettamente chiuse ed una, in senso longitudinale che guarda verso l'esterno
protetta con una tendina scorrevole...che consentiva di "vedere"
la mercanzia. I compratori, più frequentemente le compratrici avvicinavano,
osservavano, sceglievano, compravano...ma spesso non potendo pagare in
denaro liquido davano il corrispettivo in olio d'oliva che veniva trasportato
in apposito recipiente legato alla soma e pendente sul davanti.
I musulinari: erano, per antonomasia, i commercianti.
Palora i musulinaru: parola di commerciante...da valutare attentamente,
spesso ingannevole, senz'altro adatta a vendere guadagnando...parecchio.
Musulinu: (esiste come cognome ed è abbastanza diffuso), si
voleva indicare, per antonomasia, il bandito Musolino. (vedi. anche la
voce tagghiuni), sul quale si dicono tante cose.
Sul finire del secolo scorso.....si racconta che la giovane figlia di
un pastore, una mattina molto di buon'ora, recandosi dal padrone del gregge
per portargli delle ricotte fresche (ancora calde), al valico du serru
d'Atò, abbia incontrato proprio lui: il bandito Musolino che sembrava
proprio affamato. La ragazza assume di non averlo riconosciuto ma di esser
rimasta terrorizzata lo stesso avendo notato le armi: fucile, scure, coltello....
Egli, invece, avvicinandosi le ha chiesto a chi stesse portando le ricotte
e quando ha saputo il nome del destinatario ha preso dal paniere alcune
ricotte mettendo al loro posto dei denari e dicendo alla giovane: "saluta
don...(padrone), da parte mia". " Ma voi chi siete?" Non
aver paura sono Peppino Musolino e don.... mi conosce. La pastorella ha
continuato il suo cammino guardinga ed attenta; ma quale la sua sorpresa,
quando, giungendo a casa del padrone s'è sentita dire: "stai
tranquilla, Peppino è già passato qualche momento fa".
Musolino avendo compreso che la ragazza era rimasta terrorizzata dall'incontro
l'ha preceduta per impervi viottoli, sorvegliandola e giungendo a destino
prima di lei per preavvisare don....e, logicamente chiedere la sua protezione
ed il suo silenzio pregandolo di non infierire con la ragazzina per il
ritardo o per la mancanza di alcune ricotte, d'altra parte, già
retribuite.!
Altre persone raccontavano, intorno agli anni 1940-46, quando già
Musolino era già presso l'Ospedale Psichiatrico di Reggio, dopo
avere scontato tantissimi anni di carcere duro, (non esclusi i bagni penali),
di averlo più volte incontrato nei boschi o per viottoli sconosciuti,
ma nessuno riusciva a ricordare dettagli; pensabile, quindi, che il mito
avesse prodotto una specie di allucinazione collettiva. In ogni caso è
certo che molti hanno avuto occasione di proteggerlo ed aiutarlo. Il popolino
si sentiva molto più vicino a quest'uomo certamente la prima volta
condannato ingiustamente che alle Autorità.
Sembra che la revisione di alcuni processi pendenti a suo carico, "post
mortem" abbia riscontrato diversi motivi di abusi, prevaricazioni....ed
applicazione delle leggi penali.... "come Cesare vuole". Tutto
ciò il popolino lo aveva già intuito e solidarizzava con
...il povero condannato innocente. I successivi delitti che gli si attribuiscono
saranno stati provocati da un medioevale atteggiamento di vendetta.
Musumia: rassomiglianza, vaga rassomiglianza ad una persona ; anche
atteggiamento tendente a rassomigliare a qualcuno Spesso usato nel senso
spregiativo.
Ndavi a musumia i so' patri : ha una rassomiglianza al padre: rassomiglia
a suo padre.
Musumia i porcu: faccia di porco! Ha un carattere laido tanto da rassomigliare
ad un maiale.
Mutanti: (oggi mutandi) mutande, capo di biancheria intima. E' sinonimo
di cazzunetti (pron. zeta dolce, vedi voce)
Nc'i mmustra i mutanti!: donna leggera che fa vedere le gambe, le cosce,
fino alle mutande ed oltre.
Mutari: cambiare, mutare. Si usava soprattutto per il cambio della
biancheria, sia personale sia da letto.
Mutai u lettu puseri: ho cambiato la biancheria da letto avant'ieri.
Non nsi muta mai: non cambia mai la biancheria personale: sporcone,
puzzolente. Non ha la possibilità di cambiare d'abito, poveraccio.
Non cambia mai carattere, è irremovibile.
Mutari a casa: (vutari) si diceva anche per un'operazione ricorrente,
ogni ...tanti anni che era quella di riordinare i tetti delle case; tetti
di tegole (ciaramiti) su supporti di legno. Era necessario di tanto in
tanto provvedere alle pulizie dei canali di scolo e alla sostituzione
di eventuali tegole rotte, in quell'occasione si rigiravano le tegole
in modo da essere esposte al sole ed alle intemperie alternativamente
con periodi di ...riposo; quest'operazione di inversione era vutari, mutari.
Mutria: broncio, cattivo umore. Viso scuro, talvolta naturale.
Ndaviti na' mutria!: avete un atteggiamento cosi scontroso...
A ccu ncia tiniti ssa mutria?: a chi tenete il broncio?
Mutuperiu: (potrebbe essere una ortografia "errata" di vituperiu
: cosa molto sporca che provoca e produce disdoro; fanghiglia puzzolente.
Si usava, talvolta, come epiteto temporaneo, indirizzato a persone che
hanno agito o che agiscono in maniera assolutamente inaccettabile.
Muzzicata - muzzicatedda: un morso; uno spuntino; una piccola quantità.
Era anche un soprannome per persone dalla personalità particolare...un
po' contorta.
Secondo alcuni aveva anche il significato di misura agraria, in questo
senso: muzzicata, può significare anche la prima colazione che
si serviva agli operai agricoli intorno alle 8,30 del mattino (quando
si cominciava a lavorare "allo spuntare del dì"), quindi
la il lavoro fatto dall'inizio fino a quell'ora, diventava la misura del
terreno .
Muzzicari: dare un morso, mordere.
Si muzzicau a lingua: ha detto qualcosa che non doveva dire; ormai
l'ha detto, gli è sfuggito qualche segreto.
Muzzicuni: un morso ben grosso. Una piccola quantità di qualcosa…che
ci si attendeva grande.
Muzzicata: un morso; un tanti. Si indicava così anche la prima
colazione, con breve sosta, che veniva fornita ai lavoratori dei campi:
soprattutto per la semina, la mietitura, la vendemmia...
Muzzu: (sinonimo di murcu) chi ha perso l'una o tutt'e due le mani
e quindi ha uno o tutt'e due le braccia più corte. Si diceva di
persona di bassa statura fisica e d'animo.
Muzzuni: mozzicone di sigaretta, di sigaro. La parte restante di ciò
che è stato tagliato, spezzato, tolto via.
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