DIZIONARIO FOSSATESE LETTERA "R"Rais: (dall'arabo ras, capo): capo. Chi guida e governa. Rambali: (o più facilmente rrambali) buono a nulla, fannullone, incapace, inetto. Ma è anche un atteggiamento d'inettitudine e/o incapacità. E' una persona, insomma, che anche nei movimenti si distingue per la poca grazia o l'assenza d'eleganza! Ranciu (*): granchio di palude, di terra. Ranciuddu: cucciolo di granchio. La tipica forma del granchio...si distinguevano, però, gli esemplari giovani sia per le "chele" di un colore chiarissimo che per a tabacchera, la schiena e relativa copertura, di un colore dorato, mentre per gli adulti un colore marrone/nero molto denso. Potrebbe essere una derivazione dal tardo latino crancus, granchio. La caccia: nelle zone ricche d'acquitrini ve n'erano in abbondanza. S'individuava la buca nel terreno, si attendeva un Po per vedere di che si tratta: esemplare giovane - in ogni caso da risparmiare - esemplare adulto. Sapevamo distinguere anche il sesso ed avevamo imparato a risparmiare le femmine in stato di gravidanza... Si preparava, quindi, u chiaccu, il cappio, con un sottile filo di giovane avena selvatica adattandolo proprio a "nodo scorsoio" e si attendeva che l'animale iniziasse l'uscita dalla tana....uscita che si annunciava con una delle due robuste "chele" tinagghia o pinza (tenaglia o pinza) indi s'infilava il nodo scorsoio in una delle due tenaglie e si strattonava violentemente tirandolo fuori e tenendolo appeso....le tenaglie facevano paura...! i loro morsi producevano ferite spesso molto importanti. Con molta attenzione si rompeva una lama di ognuna delle chele...rendendolo innocuo....e, dopo abbondante caccia...un bel fuocherello e...profumati arrosti...sullo stesso luogo di caccia ! Per amor di verità bisogna dire che non tutti gradivano il sapore o il profumo d'arrosto che si estendeva per i campi...quindi con molta cautela ci si guardava intorno per evitare sgradite sgridate Rangiara: arancio,albero che produce arance .- Rangiu (*): arancia - Rangiu sanguignu: arancia sanguinella. Vedi. anche arangiu. Si diceva facilmente purtuvallu o purtuallu (vedi). (*) La pronuncia quasi identica potrebbe indurre a confusione. Certamente nel linguaggio autentico si sente la differenza tra "c" e "g"...più difficile è, invece, per coloro che mantengono una forma "pronunciale" tipicamente isolana, messinese, particolarmente. Rangiuddu: arancia piccolissima; s'indicava di solito il frutto che cadeva subito appena nato della grossezza di circa una nocciola e abbastanza consistente. Raccolte in abbondanza tra settembre ed ottobre e sapientemente messe a seccare all'ombra queste piccole sfere sostituivano egregiamente le nocciole e con esse si giocava nel periodo natalizio...le nocciole costavano! Da ciò è nato il modo di dire: "va joca a rangiuddi": vai a giocare ad arancette... non hai nemmeno i soldi per le nocciole, non sei capace, sei debole, inutile. Ranu: grano, frumento. Se ne coltivava in abbondanza, tanto da rendere il paese autonomo; col tempo, però, la manodopera costava sempre più cara e....quindi c'è stata una vera rivoluzione agricola: si è passati dalla coltivazione del terreno a granaglie a quella dell'alberatura soprattutto con uliveti ingrandendo quelli esistenti ed impiantando di nuovi e più estesi, soprattutto nelle cime collinari. Ora non esiste più la coltura del grano a campo esteso né delle granaglie per foraggio tanto non c'è l'esigenza: mancano proprio le bestie che dovrebbero utilizzarlo come foraggio. Per il pane quotidiano?....c'è il supermercato che ne ha sempre di fresco....ma non caldo di forno: addio romanticherie ?! Ranu Santu: si produceva soltanto per le funzioni sacre del giovedì santo. Circa venti giorni prima, scelto uno dei migliori piatti dalla "cristalliera" si riempiva il fondo con della bambagia inumidendola quindi si seminava il grano senza ricoprirlo e si metteva al chiuso: umido e caldo senza luce ; germogliava e cresceva bene mantenendo un colore verdino chiarissimo, quasi bianco. Raggiungeva circa 20 cm. d'altezza ed era già pronto per l'uso. Le "ragazzine" un po' s'incaricavano di portarlo in Chiesa nelle prime ore del pomeriggio del Giovedì santo ( quando una buona parte della gioventù maschile era sulla strada ad assistere alla "sfilata" facendosi anche qualche idea.... ) e, in Chiesa, assieme a quelle ....maggiormente interessate badavano a preparare il S. Sepolcro sistemando tutti i piatti con grano, e, talvolta anche altri cereali, purché più o meno della stessa altezza e dal colore bianco, in bell'ordine secondo la chioma, volume e...nastrino di colore che lo avvolgeva; le interessate, spesso, restavano ad assistere per assicurarsi che venisse sistemato in bell'evidenza il frutto del proprio lavoro...spesso della propria spavalderia ed arroganza . L'Altarino restava fino a Sabato pomeriggio ( ora notte di Sabato Santo ) , quindi si disfaceva ed ognuno provvedeva a ritirare il proprio piatto....facendo la sfilata di ritorno ed offrendo ancora possibilità di "riflessione" a qualche eventuale interessante partito. Raspari: (dal tedesco raspon, grattare): grattare, strofinare, lisciare. levigare. Raspa, raspa undi ti mangia: gratta, gratta dove hai prurito.... Rasta: (anche grasta) vaso di terracotta per piantine e fiori da balcone, da appartamento. Alcuni di questi vasi, veramente enormi, venivano usati per la semina di piantine ornamentali o per ortaggi. Dal greco gàstra, vaso (panciuto) da fiori. Rasticedda: piccolo vaso di terracotta. Rasta e rasticedda: i termni venivano usati per indicare la condotta limpida (o, talvolta in senso ironico) di una donna o giovane. Vostra soru è na rasta: vostra sorella è ineccepibile. A...signurina....è na rasticedda: la....tale....è ...un peperoncino!
R A T U (ARNESE AGRICOLO) Arnese agricolo composto da :
juvu (giogo), misuddiru (snodo a otto), virga (verga), dintali (dentale), paricchjali (corda lunga), mpajuli (corde corte), ...e accessorio bastuni (bastone). Per l'aratura dei terreni collinosi normalmente veniva utilizzato l'aratro a trazione animale , un paio di buoi o di vacche, a paricchja , opportunamente addestrati, ndomitati , legati al giogo .- juvu: giogo. Asse di legno (fusto di giovane castagno) lungo circa due metri, lavorato a mano. Verso le due estremità vengono ricavati due archi di circa 60 cm. che poggiano, poi, sul collo degli animali trattori, cosiddette juvari: giogaie; per ogni estremità vengono praticati due fori tali da consentire il facile passaggio di una corda , mpajula; al centro viene praticato altro spacco con bordi rettilinei per l'alloggiamento del misuddiru , snodo a otto. mpajula: corda corta, di circa 120 cm. per due di sezione che serve a legare al giogo il collo dell'animale. L'etimologia parrebbe derivarsi dal verbo appaiare che in dialetto diventa: mpajari. misuddiru: sorta di snodo a otto realizzato con strisce di cuoio crudo attorcigliato. Serve per collegare "virga e juvu", per mezzo di un chiodo, chiovu, di legno a testa molto larga che si fa passare in un foro nella parte terminale della virga, dovendo realizzare una specie di uncino con la verga, il foro, in quest'ultima, non è mai perfettamente ortogonale all'asse della verga, risultando leggermente inclinato verso la parte lunga della stessa. virga: asse di legno lungo circa 4 mt., diritto e perfettamente levigato, collega il giogo, juvu per mezzo dello snodo ad otto, misuddiru ,al dentale, dintali ,anteriormente per mezzo del chiodo (chiavi) e posteriormente per mezzo di cunei che fissano in uno spacco di forma rettangolare alla parte alta del dentale verso la manetta, manitta; nella parte caudale, a circa 60/80 cm. dal collegamento con la manetta, è praticato un foro per il passaggio della vite, viti o ntigghja. dintali: dentale, asse di legno di forma vagamente ad esse; vi si distinguono: una parte superiore curvata ad arco con un rilievo nella faccia inferiore per legare la corda lunga, detta manitta - vi si poggiava la mano e si tenevano le corde: u paricchjali; una parte centrale con uno spacco di forma rettangolare, di traverso rispetto alla posizione della verga, nel quale trova posto un asse che regge lateralmente le orecchiette, i ricchjoli, ed un foro circolare, quasi in corrispondenza a quello praticato sulla verga, nel quale alloggia la vite, viti o ntigghja; la parte terminale, a forma vagamente di triangolo isoscele, porta nella punta il vomere, gombira . L'asse traverso (burduni o burzuni) della parte centrale regge lateralmente le orecchiette, i ricchjoli ,e può essere di varia lunghezza secondo la larghezza del solco che si vuole ottenere. Alle due estremità sono praticate almeno, due per parte, delle tacche per l'alloggiamento delle orecchiette per consentire di variare la profondità e la larghezza del solco. Le orecchiette, ricchjoli, vengono fissate alla parte alta del predetto asse e dalla parte terminale infisse nel vomere, gombira. Si usava dire japriri u ratu, chiudiri u ratu per indicare l'operazione che consentiva di allargare i ricchioli, passando il foro quadrato nella seconda "tacca" in modo da realizzare dei solchi molto larghi e poco profondi (japriri), o viceversa per ottenere solchi profondi ma poco larghi. viti o ntigghja: vite di ferro che collega il dentale, dintali, alla verga, virga, della lunghezza di circa 60/80 cm. leggermente curvata.- Ntigghja e ricchjoli opportunamente allungati ed allargati possono determinare maggiore profondità e larghezza del solco. gombira o gombera: vomere, forma tipica di ferro acciaiato. paricchjali: corda lunga circa 10 mt. che serve per la guida dei buoi; ripiegata in due e legata dalla parte doppia alla manetta e ciascuno dei due terminali al giogo o alle corna (talvolta anche ad un'orecchia) dei buoi. Succedeva delle volte, che alcuni buoi, non completamente addomesticati, domiti o ndomitati, non obbedivano volentieri ai comandi del contadino né agli stimoli con il pungolo, pungigghjuni, ed allora si realizzava un cappio nella parte terminale della corda lunga, u paricchjali, e si stringeva l'orecchia, generalmente quella dalla parte interna. Questa operazione si denomina: pigghjari a ricchj...nci piggjau a ricchj.- bastuni: (accessorio necessario), bastone di legno molto sottile alla cui estremità è infisso un chiodo che serve da pungolo, pungiggjuni, utilizzato per guidare e stimolare i buoi.-
MODI DI DIRE:
'na mpajula 'i corda: una corda qualsiasi lunga circa 120/150 cm.; 'na mpajula d'omu: un uomo piuttosto bassino e di personalità dubbia, cedevole (come la corda che per stare tesa deve essere bloccata alle due estremità); pari nu misuddiru: persona tendente all'obesità, con spalle e bacino molto larghi, quasi a numero otto; 'na virga 'i ratu: misura di circa 4 mt., uomo molto alto; 'na ntigghja 'i ratu: persona molto magra ; gombira lucenti: vomere lucido, persona attiva, lucida, di buona volontà ; gombira rruggiata: vomere arrugginito, persona che, pur avendo capacità, non ha volontà, svogliata ,non esplica quello spirito d'intraprendenza che possiede; ratu chi non faci massiria: aratro che non fa rendere il terreno tanto per arricchire la masseria.
'nci pigghjau a ricchj o 'nci desi na stringiuta 'i ricchj: persona disordinata, un po' svampita, moralmente fragile, indotta (costretta) a rigare dritto; comu nu paricchjali: lungo circa 10 mt., molto alto, snello, ma anche di personalità cedevole (vedi na mpajula d'omu); u sintiu u pungigghjuni: ha sentito il pungolo; sintiri u pungigghjuni: essere costretti a soggiacere agli stimoli, più propriamente ad obbedire
T E C N I C H E D ' A R A T U R A
1) Paesaggio: colline, talvolta scoscese, tra i 350 e i 900/1000 metri s.l.m.. 2) Terreno: argilloso pietroso spesso con presenza notevole di minerali di ferro (terra rossa: made), di piombo (terra grigia e ghiaiosa: gghjara). Evidentemente ogni tipo di coltura ha bisogno di cure differenziate. 3) Colture legnose : essenzialmente oliveti (vedi) e frutteti a coltura mista legnoso - erbacea . Fino agli anni 50 venivano coltivati a terreno esteso anche cereali, grano (frumentu, furmentu, ranu);orzo (orgiu); segale (jurmanu), (vedi). 4) Concimazione: era sempre naturale, si praticava il sovescio (vedi) e talvolta arricchita con escrementi d'animali: ovini/caprini, stazionanti sul posto nelle ore notturne. 5) surcu: solco, adattando, opportunamente a ntigghja e i ricchjoli du dintali, si ottenevano solchi larghi e/o profondi. ARATURA: avveniva normalmente tre volte l'anno : 1) maisi: (maggese) di solito tra aprile e maggio con solchi larghi e profondi, sia per dissodare che per sotterrare le erbacce e/o le leguminose (tipo lupinella, lupino, lenticchie etc.) ,le quali provvedevano all'arricchimento del terreno d'azoto nel "rizobium radiciculae" Queste ultime venivano normalmente seminate in ottobre/novembre e, poi, tra aprile e maggio una parte veniva falciata per la fienagione e quella meno rigogliosa assieme a parte dei fusti e radici di quella falciata veniva sotterrata ;questa era la fase tecnicamente detta del sovescio che in dialetto locale si dice : ssuttirrari, sotterrare. 2) passatina: veniva effettuata nel periodo settembre/ottobre, consisteva in una aratura leggera, con solchi stretti e bassi atti a spappolare le conche ed ossigenare il terreno. 3) sporu o semina: tra ottobre e novembre in dipendenza delle piogge, con solchi mediamente larghi e non molto profondi, sufficienti a sotterrare le sementi e/o il concime, normalmente stabbio, u fumeri. La giornata del contadino, u massaru .All'inizio di giornata il contadino suddivide il terreno con solchi leggeri, longitudinali, distanti circa 10 mt. l'uno dall'altro, a spuriia, (vedi). La giornata è intervallata da due soste: tra le 9 e le 9,30 per la colazione, a cullazzioni, e tra le 12,30 e le 13,30 per il pranzo, u menzijornu; durante queste soste vengono anche foraggiati gli animali. Il lavoro di un'intera giornata di un paio di buoi si dice na paricchjata (vedi), il terreno necessario e sufficiente per seminare nu tuminu, circa 35/50 kg. di seme, si dice na tuminata. (vedi). I cereali venivano seminati a spaglio, in maniera che il seme cadesse sparso ma uniformemente, compiendo larghi gesti della mano e lasciando cadere il seme tra le dita. Le fave venivano spandute (da spandere: goccia a goccia) due tre per volta nel solco già aperto a distanza di circa 30/40 cm.; il solco successivo copriva il seme di circa 8/10 cm di terra. I piselli chiantati a zzotta (vedi) I Ceci ed alcuni tipi di fagioli venivano lasciati cadere a gruppi di 5/6 unità alla distanza di circa 40/50 cm come per le fave, per consentire un certo spazio vitale nel senso piano - montagna, si utilizzava la pratica di un solco pieno ed uno vuoto: nu surcu chinu e unu vacanti.
Fermo restando e confermando tutto quanto detto in questa voce
( nella mattinata del 25 giugno 2000: occasionale e simpatica chiacchierata con gente d'ottanta ed oltre che ha vissuto una vita tra campi, aratro, buoi da lavoro... E’ bastato appena dar “la miccia”... ed hanno cominciato, tra di loro, riprendendosi, rintuzzandosi....e, via via il termini ) Per passar dal solco largo e piatto a quello stretto e profondo, di solito, si cambiava u burduni, quell’asse traverso che regge i ricchioli: da uno più lungo - solco piatto - ad uno più corto - solco profondo. Era un’operazione delicata che richiedeva qualche tempo. L’artificio delle tacche nel burduni che consentiva di allargare o stringere la base del triangolo: ricchioli - gombira, non era molto onesta, rimuoveva molto terreno in superficie, perché la parte terminale eccedente, sfiorava appena la superficie, ma dissodava molto poco. Alcuni, più accorti, invece sostituivano tutto u dintali, la parte posteriore: quella legata alla verga e che porta il vomere. Per l’occasione quando la coppia di bboi (usavano il termine al maschile anche se poi al giogo erano vacche!) si spostava per cambiar zona di lavoro, portava anche l’occorrente ricambio. Per poter arare con onesta capacità le zone avvallate : si provvedeva a far dei solchi verticali strufei (o strufee’) molto accosto ai lievi avvallamenti ...quindi il terreno veniva arato, poi...si passava con i solchi orizzontali...ma in quegli avvallamenti il vomere non toccava....; d’altra parte, era già stato dissodato. Questi solchi: strufei venivano fatti ad inizio lavori, ogni mattina, circa dieci per ogni lato lungo - piano montagna del terreno - e subito dopo si facevano i solchi spurii uno ogni circa dieci metri. Sia quelli verticali che quelli orizzontali servivano per “misurare” il lavoro già fatto, quanto restava da fare.... coprire il già seminato ...e...- cosa molto più importante - far “scaldare i muscoli“ dei pazienti animali al giogo .... Quei solchi lievi e poco profondi servivano soprattutto per sotterrare la semente . Per leguminose e cereali da foraggio non ci si badava tanto, perché attecchivano facilmente ed erano utili anche mescolate ad altre erbe. Mentre ci si stava molto attenti per la semina dei cereali da...alimentazione umana: grano, orzo, segale. Il terreno arato a solchi stretti e profondi sul finir della primavera: majsi (aratura maggese: di maggio) si ossigenava e seccava al sole canicolare...bruciando le radicicole delle...infestanti; si faceva a passatina subito dopo le prime acque di settembre, con solchi stretti e profondi consentendo un’altra abbondante ossigenazione e quindi.....dopo le abbondanti piogge d'ottobre-novembre si provvedeva alla semina passando con solchi larghi e leggeri..., ma con l’accortezza che...sul seminato vi ci andasse almeno circa dieci centimetri di terra ...” frolla”, già dissodata e ri - dissodata. Rauseu: avaro, usuraio. Molto raro ed usato soprattutto da persone …già…molto anziane. Regna: fascio di 7/10 mascalari (vedi), covoni di cereali, legati per il trasporto del peso di circa 35/50 kg..
carriari i regni all'aria: trasportare i fasci di cereali all'aia; il trasporto avveniva per mezzo d'operai: le donne con i fasci in testa e gli uomini con i fasci a tracolla, arretu cascia. Renga: vedi arenga Ribbambitu: (o rrimbambitu): ribambito, stupido, vecchio, idiota. Riddu: (secondo alcuni ariddu o griddu) grillo. Ringia: (dal tedesco grimming, smorfia) smorfia; grido di dolore.. Rnisca: (o arnisca o lastra) caprettina o agnellina ancora giovane; non ancora " violentata". Si diceva, in senso un po' spregiativo, anche di ragazza che dava ad intendere d'essere ancora "vergine". Rossu: (a): grosso, grasso, importante; riferito a donna anche incinta, in stato di gravidanza. Si u rossu mangia pocu, u minutu crepa i fami: tempo di grave carestia: se il grassone ha poco da mangiare, il segaligno... non trova nulla; la carestia sarebbe in proporzione alle necessità di nutrimento. Rrabbia: ira, nervosismo, stizza rabbia. (si diceva anche rraggia, vedi), Rrabbia: malattia dei cani....arrabbiati. Rracchia. (difficilmente al maschile rracchiu) povera, brutta, misera, sgraziata; senza pregio, malfatta. Rracimuliari: saper metter da parte; raccogliere; accumulare; risparmiare...con sacrifici ed attenzioni. Rracina: (dal francese raicin, uva) uva, da tavola, da vino, da essiccare (per vino greco o per uva passa). [vedi vigna, viti]. Si riportano, soltanto, i nomi di alcune qualità di uve, quasi completamente estinte:
Da vino, coltivate a vigna: jancu rrussu cori i cani (a forma di cuore ) Bbordò
(da innesti francesi, su vitigno locale) janca
(di color bianco, comune) Campota ( innesto importato da Campo Calabro) Muscateddu ( moscatello) Castigghiuni
(molto grossa: ricca d'acqua) Zzibbibbu Fragula
zibibbo (uva fragolina) Nireddu (nera, piccolina, molto dolce) Rritundedda (rotonda, un po' più grossa della nera)
Da tavola (i mangiari Quasi sempre coltivata a pergula e/o sipala (vedi voci)
Janca Rrussa cori i cani Cardinali ( porpora, come quella del Cardinale) Curniola ( acini a cornetti ritorti) Fragula Muscateddu Minni i vacca
Moscatello (come i capezzoli della mucca) Zzibbibbu Rruggia
Zibibbo (color ruggine) La differenza tra la coltivazione a vigna e le altre sta nel fatto che la vigna vien potata molto corta e si ottiene vinu i pedi (vino prodotto da tralci molto vicini al tronco), più robusto, le altre coltivazioni necessitano di una potatura lunga, quindi vinu i spadda (vino da spalla, da tralci molto lontani dal fusto), perciò molto più leggero, con bassa gradazione alcoolica. Per essiccare (uva passa, uva sultanina...) si preferiva : cori i cani. (vedi passuli) Alcuni usavano produrre piccole quantità di "vino greco", utilizzando l'uva moscatello raccolta a maturazione e messa ad essiccare al sole protetta dalle vespe ed altri insetti; ogni mattina era necessario eliminare gli acini imputriditi, dopo qualche mesetto di provvedeva alla pigiatura dei soli acini, con metodi casalinghi: si otteneva un vino (sembra, proprio il nettare di memoria...greca) molto dolce, quasi mieloso ... solo qualche bottiglia, per le grandi occasioni. Ora questa pratica è stata dimenticata, evidentemente .. richiedeva troppa fatica! Facile acquistare il "vino greco" bell'e imbottigliato direttamente ai supermercati. Rracinaru: una vasca in cemento, ma anticamente realizzata anche con assi di legno opportunamente incollate , di una dimensione adeguata alla quantità , nella quale si provvedeva alla prima premitura dell'uva da vino: schiacciando con i piedi, saltellandovici sopra per ore ed ore. Il mosto colava da un'apertura verso u fundeddu. vedi voce parmentu. Rracchiu (a), racchiu: misero, brutto, malfatto...soprattutto per una donna ! ! Radda: sporco, unto molto indurito. Rradica: radice. La radice o, piuttosto, la parte del fusto attaccata alla terra di arbusti delle vallate umide simili a piccoli cipressi, con bacche quasi uguali. Da questo legno si ricavavano ottimi pezzi, materia prima per la produzione delle pipe da fumo.
Rradicuni: la radice più importante; la parte centrale delle radici a festone. Ma anche per indicare una radice molto lunga e robusta. Da ciò l'uso del termine per indicare "parte importante", "quintessenza" , intelligenza, raziocinio. Rraffiuni: qualità di ciliege: duroni. Rraggia: rabbia, ira, nervosismo. Rragu: (o rrahu, con acca aspirata) stanchezza, sfinimento.
Rragu': ragù, modo di cucinare la carne. Tradizione: IN UNA TERRINA, si faceva imbiondire la cipolla, quindi si mettevano i pezzetti di carne lasciandoveli fino a quando cambiavano colore; si tiravano fuori e si metteva la salsa di pomodoro - pomodoro fresco schiacciato, ma con le bucce - vi si rimetteva la carne e si lasciava a lento, lentissimo fuoco, per molte ore . Si dice dovesse cominciare appena a sfridere - non a bollire - dall'avemaria di sabato all'uscita della Messa grande di Domenica....Aromatizzato con foglie di basilico e di alloro. Rrahari: (pron. acca molto aspirata): stancarsi, stancare; affaticarsi...tanto da avere il fiatone: rrahiddu. Rrahiatu: (pron. acca molto aspirata): stanco, ben stanco; affaticato ma anche seccato. Rrahaddiari: (pron. acca molto aspirata) avere il fiatone; respirare velocemente a causa della fatica. Rahiddu: (pron. acca aspirata) fiatone; respiro veloce e profondo causato dalla stanchezza. Rahu: (acca aspirata) il fiatone, la stanchezza per debito di ossigeno. Rantolo, asma, difficoltà respiratoria. Rrajetta: semilavorato di ferro di varie larghezze e di spessore di circa 2/3 mm. con il quale si ricavavano i cerchi per le botti, (vedi butti). si ncirca comu na rajetta: si piega a cerchio facilmente, ma anche incapace di sopportare dolori fisici e pressioni morali. Rramaceddu: (voce importata... probabilmente siciliana) uccellino; piccolino. Rrama: un ramo, una parte di albero e/o di piantina. Diramazione, via di minore importanza rispetto alla principale. Rrama i suli: uno squarcio di cielo con un po' di sole limpido, sereno, dopo una tempesta. Tanto atteso quell'attimo di sereno che il termine si usava anche per indicare una ragazza bellissima
Rrama storta: sia il ramo contorto degli alberi che,...una persona di un certo carattere. Rramagghjia - rramagghedda: rametti, ramettini. Però...se diretto ad un uomo, un uomo, era molto offensivo perché significava che quella persona cedeva a tutti i venti così come i ramettini al primo "soffiar dei zefiri". Rramaliva: i rami d'olivo benedetti il giorno delle Palme. Rramazzari: battere con dei lunghissimi bastoni.
Rrambali: vedi rambali.
Rramida: verga e/o bastone di varia lunghezza e per vari usi; il più importante era per l'abbacchiatura delle olive e/o di frutti come castagne, noci, mandorle... Rramidata: colpo di verga o di bastone. Ndi rristaru quattru rramidati: a fine giornata (abbacchiatura delle olive) è rimasto ancora un po' di lavoro...ma qualcosina. Rramidi. i rami degli alberi per far cadere i frutti già quasi tutti maturi; proprio della raccolta delle olive da olio. Negli ultimi tempi, a causa della mancanza di mano d'opera, quest'operazione non si effettua...e le olive cadono per maturità ed in conseguenza del vento...vengono raccolte su delle reti di plastica sistemate per terra all'inizio di stagione. Per meglio garantire l'integrità delle olive, le reti, da qualche tempo, vengono sistemate ad una certa altezza da terra, in modo da non essere raggiunte dalle erbacce: così le olive possono restare anche qualche settimana, separate dalla terra umida e ben arieggiate. Nota: l'urto violento dei bastoni contro i rametti durante l'operazione di "abbacchiatura" delle olive provocava la caduta di un'abbondante quantità di rametti e ramoscelli stimolando gli alberi a produrre nuove gemme e rametti...etc.; quest'operazione, giovava molto sia per consentire un biennale riposo all'albero che per le sua successiva ricrescita Rrampinu: rampino: la parte terminale, rialzata, di uno dei due lati del ferro di cavallo, quasi servisse da "tacco". Rrancari: (dal tedesco rank, camminare in fretta zoppicando); camminar zoppicando; sforzarsi di fare; tentar di fare. Rranciari: ( esiste anche il riflessivo rranciarsi) arrangiarsi, adattarsi alle varie situazioni. Far qualcosa alla men peggio, senza molto impegno e...con i risultati conseguenti. Rranciddata: recinto o barriera in assi di legno assicurati tra di loro, di solito, con fil di ferro. Rannali: (d'importazione siciliana...entrato ormai nell'uso corrente), stupidotto, un po' idiota...o, che si atteggia a tale. Di personalità piuttosto...contorta, inaffidabile, ragazzotto. Sinonimo di candali o kandali. Rannulu: (d'importazione siciliana, entrato nell'uso corrente): ragazzotto, ancor giovane...quasi ancora un "rametto", ma semplice e genuino. Oggi lo si usa, in maniera dispregiativa, per indicare chi ha tendenze....gay. Rrapari: vedi arrapari Rrapinu: uccello rapace diurno o notturno. Si usava come qualificativo spregiativo per persone, dedite all'usura, o che, in genere, approfittavano ....dell ' altrui debolezza; ma anche per indicar persona rotta alla fatica e, quasi insensibile alla stanchezza. Indicava una persona molto magra...quasi "pelle e osa". Al plurale rrapini significava proprio rapaci, rapaci di affetti e di denaro! Rrapista: esagerazione del significato di organo sessuale maschile. Che si presume possegga una tal dimensione di organo. Alcune donne, piuttosto vogliose, pronunciavano con molta enfasi altre, quasi bigotte (ipocrite) fingevano di non capire il significato! Rrappatu: (dal greco raptòs, ruga) pieno di rughe .....perché ormai...già vecchio! Rrapuliari: rubacchiare, frodare. Rraschiu: (Rraskiu) senso dell'olfatto; più propriamente quello dei cani, soprattutto da caccia. Vinni o rraschiu: (non sapendo come fare) son venuto seguendo l'odorato, a senso; secondo il mio modo di ragionare.... Ndaju mnu cani i rraschiu: ho un cane da caccia che, quanto, ad olfatto....a scovar la selvaggina. Rrasola: (vedi anche la voce pani) sottile lastra metallica, con un manico, per raschiare parti dell'impasto del pane dalla madia. Rrasolu: rasoio . Rrassari: vedi arrassari. Rrassusia: vedi arrassusia. Rrasula: parte di un appezzamento di terreno, generalmente, coltivato ad orto. A seconda degli spazi, dalla larghezza di circa 3 mt. per la lunghezza consentita, essa poi è suddivisa in caseddi: solchi robusti ai lati, tenendo conto che, di solito, deve contenere una certa quantità di semente . La suddivisione nasce dalla necessità di consentire un'irrigazione razionale e per la diversificazione delle colture. Dal latino rasus. Rrattiari: cercar con insistenza il compagno o la compagna...di letto. Rrattu: (rrattusu) libidinoso. Detto anche di animali facilmente eccitabili dal punto di vista sessuale. Rrazza: ravanello selvatico. Rrazza: razza, qualità, specie. Rrecita: si riferiva, soprattutto, ai piccoli o piccolissimi tentativi di recitazione teatrale da parte di ragazzini o bimbetti.....istruiti dalle Suore. La recita della preghiere si diceva: diri i Così' i Ddiu: dire le cose di Dio. Rrecitari: recitare in teatro. Rre d'aceddi: re degli uccelli, aquila. Soprannome frequente per persone molto...molto perspicaci e/o al contrario. Rrefulu: fucile automatico a sei colpi ad una sola canna. Era uno status simbol: il fucile costava veramente tanto e soltanto pochissimi potevano permetterselo; spesso non erano veri cacciatori appassionati...ma soltanto esibivano l'arma. Rregula: (rrevula, rrevuluni) la regola, la norma; quanto stabilito, indispensabile per l'ordine. E' anche un asse di legno di varie dimensioni indispensabile al muratore per regolare gli intonaci, dare cioè una linea uniforme e più o meno levigata. Deve avere assolutamente spigoli regolari e lati levigati e dritti; prodotta in legno duro ....anche se oggi è più facile usare una lista di alluminio o analogo metallo leggero. Dal latino, regula, assicella. Rregulari: regolare, ordinato; in ordine; secondo la norma. Rrenditura, renditura: la scesa più importante del latte di tutti i mammiferi (donna compresa), di solito, dopo aver allattato il piccolo. Rrepici: (oppure rrepaci) si usava con qualificativo di un cavallo molto irrequieto, quindi anche di persona
Rrestu: resto; quello che supera; ciò che avanza. Il resto era, di solito, quei pochissimi soldini che avanzavano dall'acquisto di una qualsiasi cosa.
N o t a: per i piccoli acquisti: sale, pane quotidiano, petrolio etc. venivano utilizzati i "servigi" dei ragazzini: figli, nipoti, vicini da casa, ai quali, però, si concedeva il beneficio di tener per sé i rari e limitati resti di monetine ....che venivano immediatamente trasformati in merce utile: a seconda del periodo dell'anno: nocciole, qualche birilllo, un po' di spago particolare per "lazzati" (vedi rrumbula), e, raramente, molto raramente in caramelle o dolcettini vari . Rrevulu: (rrevuluni) violento improvviso acquazzone non di rado vero temporale. Rribba: spiaggia, riva. Va caca a rribba: si dice a chi non ha voglia di far niente e racconta... parecchie delle sue balle. Rribbata: angolo, angolino; strettoia; posto riparato dalle intemperie. V'erano alcune contrade così chiamate a ragione della loro esposizione. Rricattari: contraccambiare; scambiar merce. Rriccippari: (dal sostantivo cippu: ceppo) tagliar di nuovo i ceppi. Un bosco dopo tanti anni raggiunge la maturità: il legname è in condizioni di buona lavorazione per gli usi commerciali quindi viene tagliato, quasi raso al suolo, ripulito e lasciato riposare qualche anno. Subito comincia la crescita, un po' disordinata, di varie verghe e sottili "nuovi getti" (novi jettiti). Per qualche anno si lascia tutto poi si comincia a far la selezione: le verghe utili per la produzione di oggetti e contenitori: ceste, cestini.....(cofini, cufineddi, ggistri) quei fusti un po' più grossi e ben dritti per la produzione di materiale utile per le coperture delle case (sbarretti, ciauruni) ed infine fra tutti scelti alcuni fusti, i migliori sotto tutti gli aspetti, e si lasciavano crescere per molti anni diventando, poi, utili per la produzione di solai, coperture e travi in genere. Ma di tanto in tanto era necessario ripulire la base di questi fusti (venivano detti comunemente muli ; perché mulu vuole anche dire robusto, forte....ed in questo senso si individuavano) tagliando, ancora una volta, tutte le verghe e piccolissimi fusticini che crescendo attorno ai muli davano fastidio: proprio questa operazione di "ri -pulizia" veniva detta rriccippari: far di nuovo ceppi, cioè tagli bassi, quasi a fior di terra. Tradizione: Il giovane pretendente colloca nelle notte di S.Silvestro (31-12) un grosso ceppo al limitar dell'uscio della giovinetta desiderata; se l'indomani, informata la mamma, il grosso ceppo vien tirato dentro significa che la richiesta può essere accettata...diversamente.....diversamente...ci si intendeva, poi, con la ragazza. Rriccippatu: bosco e/o sottobosco tagliato ancora una volta per "pulizia" e selezione dei ceppi migliori: vedi rriccippari
Rricciulari: (anche rrizzulari) cilari (vedi) più volte. Lasciar cadere qualcosa che cadendo rotola....rotola producendo un movimento quasi circolare .Più precisamente s'intendeva quel movimento necessario, indispensabile, almeno quotidiano degli asini e muli che si sdraiavano per terra quindi si strofinavano in maniera da far cadere i peli superflui e pulirsi da eventuali parassiti : Per gli equini superiori (cavalli) ci pensava lo stalliere usando una particolare raspa: strigghia (vedi). C'erano delle zone dal terreno particolarmente sabbioso ma abbastanza consistente che venivano dette, appunto, rrizzolaturi, perché scelti con particolare cura da questi quadrupedi, per i loro bisogni particolari. Rrichiantari: piantar di nuovo; erbette e piantine da giardino messe a dimora la prima volta non hanno vissuto... ed allora si provvede a rimetterne altre. Rrichiantatu: messo a dimora definitiva una seconda volta perché la prima non aveva attecchito. Rricivu: qualsiasi ricevuta . Più propriamente la ricevuta del pagamento delle tasse fondiarie (fino agli anni '60). Rridiri. (pron. le prime due i brevi) ridere, scherzare, far facezie ed organizzare ilarità ...mostrare i denti sganasciandosi dalle risate. Rridiri: (pron. la seconda i lunga) ridire, dir di nuovo, ripetere . Rrifusu: una delle operazioni commerciali di compra -vendita; si da una caparra al venditore, ma se, poi, uno dei contraenti si pente e non intende effettuare la compera gli viene restituita la caparra, spesso raddoppiata....se così era stato stabilito. Ma il termine veniva usato, spesso in maniera ironica per indicare un qualcosa che vien data ...senza averne diritto. Eh...ora chi vvoi? u rrifusu?: ora cosa pretendi? ..vorresti anche la doppia caparra...cioè tutta una serie di ...botte . Apoi nciu tornu u rrifusu: che aspetti...con mio comodo (cioè mai) gli restituisco quanto dovuto. Rriggettu: la posa del caffè. Rriggistrari: registrare presso.... mettere in ordine.....rassettare.... dargliene di santa ragione..... Ti rriggistru eu....ampena pozzu. ti do una buona dose....appena posso. Ma anche provvedo a sistemare le tue cose, secondo logica. Rriggittari: riposare, fermarsi un attimo...posare . Rrijnu: (alcuni dicono, meglio, rrighinu) erbetta spontanea aromatica dell'area mediterranea. Utilissima, quasi indispensabile, nella cucina tipica regionale, ma ora ben gradito come aroma un po' dovunque, soprattutto come aromatizzante di pizze e manicaretti, indispensabile su una buona insalata di pomodori.....
Rrimasticari: tipico degli animali ruminanti: in periodo ...di siesta rigurgito di cibo dall'abomaso in bocca per essere....ben masticato ed insalivato. Nel linguaggio corrente assume il significato di ripetere, ridire, precisare, ma anche far finta di non capire scherzandoci sopra.
Rrimazzari: battere i rametti degli alberi (olivi, querce) con una lunga pertica per far cadere i frutti...maturi o ancora no. Ribattere; sbattere per terra, o, fare in modo che sbatta per terra.... Rrimburgu: un posto umido e con poca luce....un po' in disordine . Rriminari: vedi arriminari (termine non indigeno....importato, probabilmente da dialetti siciliani) Rrimundari: pulire, tagliare rami, rametti e foglie superflue dando forma ed orientando il volume di sviluppo di un albero, di una pianta (piantina). L'operazione è necessaria periodicamente per consentire sviluppi di nuovi rami e rametti e quindi produzione migliore e più abbondante. Assume anche il significato di "pulire da scorie.....cafonesche" rendendo attuale ed accettabile .
U rrimundammu nui: l'abbiamo ben pulito, ma anche ben educato...noi Rrimundatu: pulito, ripulito, ...quasi rinato. Albero o pianta al qual sono stati tolti rami, rametti, foglie...superflui; quindi agile, rinnovato... Rrinali: comunissimo vaso da notte......ora non più in uso. Ma chi non ricorda, almeno per sentito dire, aneddoti, barzellette....relativi a vasi da notte? Talvolta anche miracolosi, almeno perché hanno consentito di ...liberarsi da un "grosso peso".... senza sporcare all'intorno, ma lasciando...talvolta graditi profumi...per olfatti esigenti. Di solito di forma quasi cilindrica con una sola base: di latta smalta o di terracotta....alcuni anche, (i più pregiati...per le classi nobili, di finissima porcellana....con vari disegni ed affreschi sul fusto....avvolgenti, lunghi, allegri, vivaci....e, perché no! anche con i più sottili significati). Rringari: vedi arringari Rriparari: riparare un guasto in qualsiasi condizione; riparare ai propri peccati; proteggere e proteggersi; adattare a nuove esigenze, riempire Nel linguaggio parlato poteva assumere anche altri significati; eccone uno: s'incontrano due signore, una di esse torna dalla Messa serale; dopo il saluto, le vien chiesto "nd'aviva crischiani, stasira ch'esti notti e faci friddu? … "non c'esti mali, a cresia era riparatedda" (c'era gente in Chiesa, stasera ch'è ormai buio ed è abbastanza freddo? - sottinteso che gli anziani e i vecchi, normali frequentatori della Messa serale, erano assenti - "non c'è male, ve n'era abbastanza, - sottinteso, ma facile da capirsi, "anche se le panche non erano tutte occupate"). Intanto, però, accanto passa una giovane signora, - giovane, giovane, quindi di un altro modo di parlare - e, meravigliata interferisce: "pirchì, era sfasciata, chi a rripararu? " Rriparu: potrebbe essere una contrazione del francese abri, riparo, rifugio, ricovero, asilo temporaneo, aiuto . Indicava spesso anche delle contrade o della zone particolari della campagna, dove, evidentemente, era possibile trovar rifugio . Indicava anche un santuario: ve ne son tanti sparsi in tutto il mondo a Madonna du rriparu : la madonna dell'aiuto, del rifugio.... Rripitiri: ripetere; dire o fare di nuovo. Particolare attenzione a questo verbo da parte dei ragazzini con poca buona volontà di studiare: si ripeteva facilmente l'anno scolastico, anche alle elementari, per ...impreparazione! Rripitu: (rrepitu) pianto funebre, grido lamentoso. Dal latino repetere. Rrisagghiri: perdere per un attimo il respiro, avere un fremito di freddo, paura; avre un tentennamento su una decisione da prendere. Ti rrisagghisti?: hai avuto paura, i sei tirato indietro? Hai negato quanto già avevi affermato? Eu non mmi rrisagghiu mai?: Non ho paura! Non torno mai sulle mie decisioni! Rristari: restare, fermarsi; non muoversi; attendere. Rristuccia: la parte verso le radici dei cereali (grano, orzo, segale) che restava dopo la mietitura a mano (vedi anche pani). Ebbene quei fusticini tagliati a pochi centimetri dal suolo ed attaccati ancora alla terra....erano un ottimo foraggio per gli animali domestici dalle vaccine alle capre che non disdegnavano pascolare durante i mesi di giugno luglio; e, non era difficile, in quei periodi, trovarvi davanti a spicalora. (vedi) Sarebbe diminutivo di resta, spiga di cereali e di altre graminacee; si ricorda na resta i paniculu: una "spiga" di gran turco. Può anche significare persona di poco conto, proprio terra terra. Rrisulari: mettere, per la seconda volta, le suole alle scarpe. Era normale in periodi di carestia: prima, durante e dopo le guerre. Ma significava anche tentativo (spesso ben riuscito) di rimettere in funzione, in ordine, un congegno o un'attività umana....già in disuso. Rrisulutu: risoluto, attento, pronto. Rrisunari: risuonare…suonare almeno due volte ! Risunanza: risuonanza. Rritirari: ritirare, riprendere, non permettere
Rritiratu: ritirato, ripreso. Rritrattari: fotografare. Ti fazzu u rritrattu: significa anche ti faccio la foto, gli hanno fatto la foto; spesso, però, si usa per dire che ... gli hanno fatto la pelle. Rritrattu: ritratto, fotografia di persona o gruppo, di un ambiente piccolo. Rrivelari: dichiarare, la nascita di un figlio, il possesso di un'arma da fuoco. Rrivelu: il documento che attesta di aver dichiarato all'Arma dei Carabinieri il possesso di un'arma da fuoco. Rrivettu: rivetto, piccolo chiodo a doppia punta. Usato anche soprannome per persona con queste caratteristiche. Rrivulizzu: (rrigulizzu) estratto delle radici di una piantina aromatica: liquirizia. Per antonomasia assumeva il significato di qualsiasi cosa, dolce o appetitosa, ma anche di ciò che ci si attende come ricompensa per un certo lavoro. E ora chi vvoi? u rrivulizzu?: Cosa pretendi ora ? Cosa manca che ancora non hai avuto? Rrizzolaturi: zone di terreno, quasi sempre fondo valle o greto di torrenti, al secco, particolarmente sabbiosi e consistenti, scelti da asini e muli per un esercizio indispensabile quotidiano di pulizia. Venivano accompagnati in questi posti, senza soma o bardature. Cominciavano ad odorare il terreno quindi si sdraiavano facendo dei movimenti quasi circolari per potersi appoggiare a terra ed allora iniziavano dei movimenti di torsione, stiramento, rotazione sulla schiena, strofinandosi a terra sia per pulizia che per eliminazione di parassiti, peli superflui..... Rrizzu: riccio, sia animaletto che persona con capelli riccioluti, naturalmente. Ma si usava per indicare, piuttosto, persona dal carattere irsuto e poco socievole o riccioluto di capelli. Rizzu di friddu: brivido di freddo...effettivamente la pelle d'oca diventa tutta a palline ...e sembra propria riccia. Rizzu i friddu: un rischio ...che bisogna correre o che s'è dovuto correre. Rrizzulari: (si dice pure rricciulari) rotolarsi per terra: azione tipica e necessariamente giornaliera per asini e muli. Ricordo: da ragazzini si attendeva con ansia il periodo della trebbia e quindi della separazione paglia grano...per potercisi veramente "rizzulari " sulla paglia.. Rrizzulatu: che si è già rotolato per terra. Rrizzulaturi: vedi rrizzolaturi Rrobba: roba, nel significato di a) stoffa; b) proprietà. Rrobba bbona: a) stoffa di buona qualità; b) gente, oggetto, cosa di qualità riconosciuta; c) proprietà terriera di eccellenti caratteristiche: vicinanza, buona coltivabilità, ottime produzioni. Non dovrebbe sfuggire una novella tipicamente mediterranea di G.Verga a rrobba"! Rrobbi: panni, vestiti. Non capiva nde me' rrobbi: (talmente contento o scoraggiato) da aver l'impressione di ingrassare (o dimagrire violentemente) perdendo la normale sagoma. Rrocca: roccia, ma anche rocca: castello, punto molto ben difeso da elementi naturali. Na rrocca!: (persona, cosa, oggetto, animale) particolarmente duro, ossuto, ma anche tipicamente e fermamente convinto delle proprie idee. Rroina: arnese del maniscalco: specie di scalpello a lama molto larga ed affilata per tagliare e lisciare le unghie agli equini. Rroina: epiteto, certamente poco cortese, per una donna di facili costumi (quasi sempre in calore) e dal linguaggio ....piuttosto fiorito di termini triviali. Rronzu: soprannome attribuito ad una persona che, al contrario, fa tutto con precisione e con molto attaccamento al proprio lavoro di: fabbro, meccanico. Rrospiari: sgridare, rimproverare con molto mal garbo....come un rospo. Rrosula: "geloni" dei piedi e delle mani . Deriva dal latino, rosa, color della pelle arrossata a causa del freddo. Rrota: ruota. La Sacra Rota. Ggià ca eu i pigghiai nda rrota i me figghi!: come se i miei figli li avessi presi al brefotrofio; cioè, come se non fossero carne della mia carne! Nota: possedere una ruota o delle ruote in materiale pesante, robusto (legno, metallo)era una particolare ricchezza che solo pochissimi possedevano. Eh si! con le ruote di realizzavano le carrozzine, s'immaginava di costruire il treno (e chi lo aveva mai visto!), insomma erano la base per le nostre "invenzioni" costruzioni ed utilizzazione di idee altrui....mah, in mancanza di ruote di legno ci si adattava a farle con le pale di fichi d'india: materiale facilmente reperibile ed abbastanza comodo per l'uso...un solo coltellino era sufficiente per realizzare i sognati mezzi di locomozione: vetture, camions, treni ed anche rotelle per l'atterraggio degli aerei. Rrotulu: a) peso, circa un Kg.; normalmente era una pietra rotondeggiante che era stata ridotta al peso corrispondente a circa 850 grammi, ....circa... b) soprannome adatto a persona piuttosto tarchiata e abbastanza robusta. Da analoga misura araba. Può significare persona di poco conto, robetta, cosa da nulla. A ggiunta è cchiu du rrotulu: Fino agli anni 50/60 si comprava nei negozi e nelle botteghe alimentari a ...peso: le confezioni venivano fatte dai buoni negozianti i quali prendevano un pezzo intero dell'oggetto da vendere che però, spesso, non raggiungeva il peso richiesto quindi dovevano aggiungere qualcosa (a ggiunta) per raggiungere peso e/o dimensione richiesta. Talvolta, però, il pezzo intero era....inferiore al pezzo aggiunto! Nel senso morale significa che chi sta cercando di parlare, di entrare in discorso forse non è ben gradito oppure ha già parlato troppo ...dimenticando il fatto fondamentale ( rrotulu) l'educazione, le buone maniere! Rrozzulascecchi: zona o parte di terreno non produttiva utile soltanto per fare rotolare per terra gli asini; si usava anche per indicar persona o oggetto inutile e che arreca fastidi. Rrua, rruva o rruga: spiazzo antistante la propria abitazione; cortiletto, ancorché interno. Di evidente derivazione francese rue, via; ma potrebbe anche essere una derivazione dal latino Eruta, spianata: appunto la spianata davanti alla casa di campagna. Rrubbetta: l'abito (talare) dei pret . Rruca: rucola, erbetta aromatica profumatissima. Vedi anche arruca. Rruggia: ruggine; ossidazione di un metallo. Dal latino rubea, rossa. Tra nnui nc'è 'mpoch'i rruggia: abbiamo litigato, c'è della ruggine tra noi. Rruggiari: arrugginire, perder lo smalto, la lucentezza. edi anche arruggiari. Sugnu zzappa usata, no zzappa rruggiata: sono un arnese...usato, vecchiotto, giammai arrugginito. Rruggiatu (a): arrugginito (a). Era arrugginito chi non voleva lavorare e si lasciava prendere dall'umidità dell'inedia... con il tempo perdeva ogni volontà e capacità... diventando sempre più imbelle. Rrugna: scabbia, malattia della pelle delle piegature delle dita delle mani dovuta ad un acaro che provocava delle vere e proprie ferite sanguinolente di una certa consistenza Si curava con un impasto di sugna e zolfo...ma molto meglio, man mano che le condizioni igieniche e l'uso del sapone si sono diffuse e migliorate. La pomata ottenuta con l'impasto di zolfo giallo e strutto si poteva "trasportare" anche in dosi molto piccole in dei gusci legnosi di noce, opportunamente svuotati ed usata man mano che le croste sulle ferite si rompevano occasionalmente. Rrugna: malattia, dovuta ad un parassita, degli alberi di fico; sui rametti in produzione (taddi) si annidava il parassita come un vermiciattolo incapsulato in forme quasi sferiche le quali, schiacciate, davano un liquido mieloso che provocava un forte prurito sugli arti , soprattutto sulle piegature delle mani.
Rrugnuni: rene, solitamente in animali da macello. Rrugnusu: un tale affetto dalla scabbia. Si diceva di un bambino piuttosto discolo ed...indigesto, ma anche di un adulto dal particolare carattere...rognoso, appunto. Rrumbula: trottola . Giocattolo di legno di forma conica con la base convessa ed un chiodo infisso nella punta, eseguito artigianalmente.- Il gioco della trottola: (singolo o a squadre) si svolgeva soprattutto nei mesi invernali e consisteva nell' avvolgere il giocattolo con un laccio, lazzata, lungo circa 120 cm. a seconda dello spessore della trottola , e poi lanciarlo con violenza, a ccorpu, o con dolcezza, a suttamanu, in modo che cadendo girasse sul chiodo e per un certo tempo: abilità del giocatore e venisse preso infilando la mano a dita aperte a palmo in su', al di sotto della trottola . Il gioco cominciava così : si tracciava un cerchio del diametro variabile, a turno i giocatori effettuavano il loro lancio cercando di far cadere a rumbula il più vicino possibile al centro e, cosa importante in modo che girasse, perché se ciò non accedesse sarebbe, na panzata, ed automaticamente l'autore del lancio iva sutta, pagava il pegno, così come ,a trottole in movimento sul chiodo, iva sutta chi con il suo lancio atterrava il più lontano del cerchio .Allora si tracciavano sul terreno due linee orizzontali ,distanti tra loro da 6 ad 8 mt., e si stabiliva il numero dei passaggi che la trottola di cui iva sutta, spinta dalle altre accostate mentre giravano sulle mani, e scaricate in modo che la spingessero verso la linea opposta a quella che si utilizzava per la partenza fino che non si stutava. Accadeva che giocatori abili colpissero direttamente la trottola per terra ed allora non importava se non riusciva a prenderla e farla girare sulla mano seguendo il ritmo normale di gioco. Si stabiliva anche il pegno che la trottola, e non il giocatore, che alla conclusione del numero di giri stabiliti era per terra, esso consisteva nell'infliggere con il chiodo delle trottole dei colpi, minari i cuzzi, sul suo dorso.Cuzzu, infatti, significava colpo (vedi). Accadeva qualche volta che i cuzzi erunu 'nchiuvati ca petra, cioè si batteva con più violenza utilizzando una pietra a mo' di martello e facilmente la trottola si spaccava in due con rammarico e rabbia del giocatore proprietario. Rrumbula (u): epiteto o soprannome attribuito a persone di forme tipiche e particolari, appunto, come una trottola, ma anche a chi non sta mai fermo, è molto attivo. Frequentemente l'appellativo era attribuito anche ad un albero di forma tipica e che produceva dei frutti tipici . Rrumbagghiu: un tizio molto basso e molto grosso... a forma di A, un po' lento di comprendonio. Il termine era usato anche per indicare una quantità o una dimensione molto generica. Nu rrumbagghiu i liva: una piccola quantità di olive :circa 5-6 kg.
Rrumbuliari: giocare a trottola , cadere in malo modo, camminare trotterellando.- Rrumpiri: rompere, fracassare, far a pezzi anche nel senso figurato. Ti rrumpu i mussa: ti rompo il muso....te ne do.... Rrumputu: rotto, spezzato, crepato, fatto a pezzi. Rrunca: (arnese) roncola, arnese agricolo una lama lunga e ricurva adatta a tagliare ed a spezzare: soprattutto se munita di un manico lungo, a tagliare siepi di rovi e di spini...mantenendosi a debita distanza. (soprannome) si usava come soprannome per una persona alta, dinoccolata e falso - magra. Rruncari: tagliar siepi con la roncola. Rrunfari: anche rruncari, dal greco rochalizo, russare - russare...rumorosamente. Rrunchiari: (meglio al riflessivo si...rrunchia) qualcosa che si accorcia....con il tempo e con il calore....un maglione di lana....che....va stretto, si è ristretto....si è accorciato in seguito ai lavaggi.... Fare spallucce,....fra finta di non sapere. Vedi anche arrunchiari Si rrunnchiau nde so' spaddi: non ha saputo cosa dire o fare...ha fatto spallucce. Rruncigghiu: arnese agricolo simile alla rrunca e con una piccola accetta nella parte superiore della lama; si usava con manico corto, soprattutto, per tagliare rami e rametti di alberi da utilizzare sia per foraggio che per ...il fuocherello Rrunzari: vedi arrunzari Rrunzatu vedi arrunzatu Rrunziari: ronzare, girare attorno... è un po' come il ronzio delle vibrazione delle alucce di api...dicono tanta musica, ma non realizzano, almeno immediatamente, alcunché. Rrunzuni: maldestro, scostumato, volgare, incompetente. Rrusicari: masticare con molta forza e producendo i rumori tipici. Onomatopeico...come se fossero gusci di noci o mandorle che si rompono l'un l'altro. Rrusignola: nome che dava alle vacche con mantello variegato tendente al rosato o rosso. Rrusignolu: (anche rrisignolu) usignolo; più spesso qualsiasi uccellino da brughiera. Rrussa: malattia del grano dovuta ad un parassita (oidio) che appariva in caso di abbondanti piogge nel mese di maggio. Sulla spiga appena nascente si annidava questo parassita a colonie apparendo come delle piccole coccinelle; il danno era provocato dall'enorme quantità che soffocava il naturale sviluppo. Rrussaina: rosolia; malattia esantematica dell'infanzia che provoca pustolette rosate su tutto il corpo ed è, di solito, per diversi giorni , preceduta da febbre alta . Ricordo: Da ragazzini venivamo del tutto imballati nelle coperte di lana - di quelle tessute a telaio e molto ispide - e tenuti , rigidamente , a letto per evitar conseguenze più serie. Queste coperte, poi, venivano subito lavate ..per evitare infezioni. Non era raro, in caso di epidemia, notare appese nei balconi, ad asciugare questi drappi colorati e, quindi supporre e quantificare l'entità dell'epidemia. Rrussicari: vedi arrussicari Rrussu (a): rosso; di colorito roseo intenso; dai capelli rossicci (pilu rrussu). I pilu rrussu mancu i ciavureddi: di pelo rosso nemmeno i caprettini... son buoni. Si pensava che le persone di colorito rossiccio, o, con capelli rossicci, fossero traditori, pavidi, svogliati.
Rrussura: vergogna, onta.
Ca non ndaviti rrussura, a vostra età?: non vi vergognate, alla vostra età. Rrutiliu: un soprannome, e, anche un cognome. (Rotilio). Rrutuliari: è tipico del masticare molto lentamente, quando il cibo lo si rigira in bocca. Era anche usato per qualsiasi atteggiamento che aveva l'idea del girare, girarsi. Rruttu: rutto. L'eruttare era tipico del bambino, ma non raro anche dell'adulto....si giudicava la qualità e l'accettazione del cibo a seconda del...la grandiosità del rutto....spesso molto rumoroso ad arte. Rruva (o rrua): cortile di casa. Termine di etimologia francese e/o greca (rouga, strada, vicinato); stradina che unisce due o più cortili. nda me' rua non vogghju jaddini strani : nel mio cortile non voglio vedere galline di estranei non ricevo chi non conosco. Rruvulu: quercia, albero che produce ghiande, alimento essenziale per i maiali. Albero di esistenza più che secolare e di enorme chioma ed altezza v'è tradizione che alcune querce, (qualcuna ancora esistente), abbiano offerto riparo dalle intemperie ai Crociati di passaggio verso il mare!
Rruvula randi e rruvuleddi: differenza tra querce annose, solide, robuste e piccoli alberi . Un uomo anziano e di indubbia forza morale veniva spesso indicato come rruvulu, per le sue doti e capacità; mentre un ragazzo, con le stesse doti, ma ancora in via di sviluppo... era piuttosto nu rruvuleddu! u rruvulu randi faci umbra pi tutti: la quercia grande , annosa, può proteggere molte persone questa frase veniva frequentemente pronunciata da chi aveva un gran senso di se e... probabilmente apparteneva a cosche mafioseggianti....con poteri di protezione!; testa i rruvulu: testa dura...proprio dura!; ligna i rruvulu: legna da ardere di quercia, produceva braci molto resistenti e durature ; tagghiamu i rruvuleddi e chiantamu i livari: tagliamo le giovani querce e mettiamo a dimora gli olivi; ma anche togliamo ciò che superfluo o dannoso ed utilizziamo ciò che, immediatamente, è essenziale. Ciò nasceva dal fatto che le ghiande sono indispensabili per l'alimentazione animale , mentre l'olio (olivi), non solo è indispensabile all'uomo ma è anche fonte di guadagni immediati. Rteticu (a): irrequieto; atletico (ma non robusto); mai fermo. Si usava soprattutto al femminile per indicare persona poco affidabile.
Ruttu: rutto .... ruttino, per i bimbetti . Ruvaci, nu bbumbuleddu senza manichi: un orciolo di terracotta senza maniche, al quale sono state rotte le maniche per incidente o di proposito, o in doghe di legno, ma sempre senza manico. Si usava come soprannome per persona con ...epa...molto prominente. Di recente è stato introdotto il significato di misura per le uve pigiate o per le olive da frantoio, per altro materiale polveroso e per liquidi...dovrebbe esser di circa 20 Kg. Con questo significato è in uso nelle campagne molto vicine a Reggio, una volta coltivate a vigneti. Ora, in definitiva, ha il significato di contenitore...ancorché di plastica, ma anche misura di capacità che potrebbe esser la quarta parte del "tomolo", cioè circa 10-12 Kg.
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