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LA FIERA DI S. FILOMENA
Da piccoli, per farci stare buoni i nostri nonni ed i nostri genitori ci promettevano solennemente che:
"si faciti i bravi a fera 'i Santafilumena vi ccattamu u camiedhu". La fiera, in tempi remoti,
istituita da quel che si può sapere nel lontano 1864, ed era la più
importante del cincondario, era un vero e proprio mercato di bestiame di grande importanza nel circondario, poi divenne con il passare degli anni
un appuntamento dove si poteva comprare di tutto, un gran bazaar
all'aperto dove la merce esposta sembrava invitasse l'acquirente a
comprare, comprare, accaparrarsi tante di quelle cose, tante volte non
sempre necessarie. Gli articoli in vendita, tutto e un pò di tutto. A mio ricordo le bancarelle venivano piazzate a partire dal cancello d'ingresso della torre lungo il greto del torrente Iovani fino oltre l'asilo. In ordine le prime esponevano i giocattoli, per il godimento dei nostri occhi e per la fantasia dei nostri desideri di maschietti, la prima bancarella era quasi sempre quella di Sarbu (Chivulitta), camiedhi, pistoli a tubetti i carta, pistoli chi capissedhi, rumbuli, dischi volanti e qualche bambola di varie fattezze e grandezza destinate alle piccole acquirenti. A seguire c'era quella di Paulina e Mastrhu Cunsigghiu, stessi articoli ma, magari a prezzo leggermente più basso. Poi altri espositori che venivano da fuori. Ancora più sotto i tessuti, le scarpe, gli attrezzi agricoli, ecc. Ogni tre o quattro bancarelle c'era quella dei dolciumi (i nzudhi i Siminara), le noccioline, i ciciri, caramelle di diversi tipi e gusti. Poi all'altezza du Trappitu S. Michele, la figura elegante del Conte Palumbo che vendeva granite e gelati. E' rimasta famosa la sua voce stridula che ci esortava nel seguente modo: "ciangiti figghijoli ca mamma vi ccatta u gelatu". Accanto al ui il venditore di meloni, di bibite fresche tenute in fusti pieni d'acqua e balle di ghiaccio. E poi ancora bancarelle con cannistri, gisthredhi, cofini, cofinedhi di varia grandezza, brascieri, machinetti pi pumadora, tappi pi bbuttigghji, tinagghji, pinzi, chiavi 'ngrisi. Per finire gli stands
scoperti con attrezzi di lavoro: zappi, macai, tridenti, runchi, sciuni, martedhi, serri a manu. Ma la cosa più spettacolosa era la fiera del bestiame. A partire da bbasciu i ll'asilu e fina o muro i Vitetta, quasi a mità hjumara du serru erano mandrie di vacche, murra i capri e pecuri, jadhini, puricini, scecchi, muli, qualche cavallo destinato ai benestanti, purcedha, trojie. Era un continuo mercanteggiare, litigare sul prezzo e raggiungere improvvisamente all'accordo dell'affare con un gesto impercettibile degli occhi e l'acquisto o la vendita era perfezionata con la soddisfazione del venditore e dell'acquirente. Ogni anno si ripete questa ricorrenza, ormai una dozzina di bancarelle in buona parte gestite da extra comunitari che vendono CD musicali, tappeti, utensili in minutaglia, scarpe cinesi, stoffe indiane, d'altro ben poco. I figgjioli non ciangiunu cchiù, u gilatu, u camiedhu, a pistola chi tubbetti i carta o i capissedhi non sono più desideri attesi un anno intero come capitava a noi!
La Foto della fiera anno 1954
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EDIZIONE 2005
La Fiera di S. Filomena (foto d.p. ed. 2005)
La Fiera di S. Filomena (foto d.p. ed. 2005)
EDIZIONE 2006
La Fiera di S. Filomena (foto g.c. ed. 2006)
La Fiera di S. Filomena (foto g.c. ed. 2006)
La Fiera di S. Filomena (foto gc ed. 2006)
EDIZIONE 2007
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EDIZIONE 2008
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