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IL MIO
VIAGGIO II^ PARTE "STATI UNITI"
A BUFFALO
DAI CUGINI CANNIZZARO
La mattina di martedì 27 ottobre,
prima di partire saluto Lisa e le bambine, Michele mi accompagna
dalle cugine Cannizzaro a Buffalo, Maria è sua suocera. Per
strada mi avverte delle difficoltà che potrò incontrare, nessuno
parla italiano o almeno tutti dicono di non saper parlare! Al
confine con gli Stati Uniti bisogna rispettare le procedure di
sicurezza adottate. Il primo controllo dei documenti avviene
proprio alla sbarra che divide i due paesi, poi ci danno un
biglietto con sopra il numero 6, bisogna presentarsi allo
sportello con questo numero, Michele mi fa da interprete, anche
se non è strettamente necessario, poche domande in inglese,
quale è lo scopo del mio viaggio e l’indirizzo delle persone che
vado a trovare. Compilo un questionario, in perfetta lingua
italiana, dove devo dichiarare:
1.
Se ho malattie cardiache;
2.
Se faccio uso di droga;
3.
Se ho avuto problemi con la giustizia italiana
per pedofilia;
4.
Quanto dura la mia visita;
5.
Se sono in grado economicamente di mantenermi
durante la mia visita, ecc. ecc.
Il poliziotto dopo un veloce
controllo allega al mio passaporto un foglietto verde, il visto
per un soggiorno di mesi tre che devo consegnare alle autorità
aeroportuali nel momento in cui lascerò gli Stati Uniti,
indispensabile se no non mi verrà rilasciato ulteriore visto di
ingresso.
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Per la seconda volta in vita mia
sono in territorio americano, era già accaduto nel 1992 quando
son venuto a trovare il fratello di mio padre, mio zio e compare
Frank Pellicano. Una leggera emozione mi sfiora la pelle, ma è
solo questione di qualche attimo, poi è tutto normale.
Imbocchiamo un’autostrada simile alle nostre, solo la distanza
tra le località è espressa in miglia, il resto tutto uguale, un
po’ di traffico pesante e nulla più. Un’ora di viaggio e siamo a
Buffalo, periferia nord/ovest nei pressi di una Università abita
mia cugina Maria. Una casa in stile americano, in legno, verde
tutto intorno e colori autunnali. Pioviggina ma nel giro di un
pomeriggio il tempo si rasserena. Per la prima volta incontro
Maria, Joh suo marito e Carlo il figlio che abita con loro. C’è
abbastanza emozione nei saluti di benvenuto. Quando spiego il
motivo del mio viaggio restano meravigliati, non succede tutti i
giorni che qualcuno venga dall’Italia. Per farli parlare in
italiano, comunque dialetto appreso dai loro genitori, preciso
che di inglese non capisco una parola e li costringo a sforzare
la memoria. A seguire arrivano Nancy ed Antonietta le altre
cugine e poi Linda la figlia più grande. Carlo aveva attrezzato
la sua linea internet con il Wireless per darmi l’opportunità di
collegarmi alla rete con il mio computer. Nel giro di qualche
minuto le operazioni sono finite e tutto funziona. Entro subito
e faccio vedere il mio lavoro sull’albero genealogico della
famiglia, sapevano della grandezza della nostra famiglia, ma non
si aspettavano che fosse così numerosa. Quando faccio vedere che
si estende fino alla 11^ generazione e che comprende circa 500
discendenti in linea diretta restano sbalorditi. Restiamo
d’accordo che avremmo aggiornato il tutto nei giorni successivi.
La tavola è già apparecchiata e ci sediamo a mangiare, il sole
ancora non è tramontato, ma bisogna rispettare gli orari
americani. Dopo cena con Carlo, con il quale ho raggiunto una
buona intesa usciamo fuori in giardino per fare una veloce
“telefonata” una sigaretta, quasi divorata tutta d’un fiato. Mi
sono adeguato, qui in casa non si fuma, così ho ridotto ad un
terzo la necessità di nicotina (appena una diecina di sigarette
al giorno), non posso continuamente andare fuori e fumare! La
serata passa in fretta e andiamo a riposare.
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La mattina del giorno dopo, le
mie cugine Maria e Nancy devono andare dal parrucchiere,
originario di S. Stefano d’Aspromonte, mi chiedono se voglio
andare a conoscerlo. Ci vado e appena giunto nel salone mi viene
incontro Pino Caserta, mi parla in italiano e subito si lamenta
che la maggior parte della sua clientela, nonostante sia di
origine italiana, non parla italiano per paura di sbagliare. Mi
offre un fiasco di buon vino “Chianti”, mi parla della sua
famiglia e dei suoi parenti in Italia e scopro che tanti li
conosco anch’io. Mi racconta che ogni anno viene a Reggio per la
festa della Madonna e da 20 anni non ne perde una. Intanto ad
ogni cliente che entra mi presenta come il suo amico che è
venuto dall’Italia a trovarlo. Mi promette che si farà sentire
per passare qualche ora insieme, ha intenzione di tornare a S.
Stefano per farsi una mangiata di frittole nel mese di febbraio.
Si torna a casa per ora di pranzo. Il pomeriggio chiacchiero con
Joh il marito di Maria, fa uno sforzo enorme, è nato in America,
ma riesce a parlare un siciliano antico ma comprensibile. Carl,
puntuale come un orologio svizzero ma fa spesso segno che il
caffè è pronto, italiano naturalmente e caffetteria con l’omino.
Poi mi fa il gesto del telefono, per farmi capire di andare nel
giardino a fumare, su questo c’è un’ottima intesa, ma non riesce
a dire altro eccetto: caffè e telefono. Verso ora di cena
arrivano Marc, Angela e Giuseppe il loro figlio, Antonietta,
Nancy e Linda. Mangiamo prima del tramonto. Intanto il tempo si
mette al bello ed il sole tiepido riscalda l’autunno americano.
Una curiosità, dovunque sono stato, sono arrivato con la pioggia
e nel giro di un giorno, due il tempo cambiava e splendeva il
sole. In tanti me lo hanno fatto notare e la mia risposta è
stata sempre la stessa, rispondevo che è il sole italiano che mi
accompagna nel mio viaggio. Giovedì arrivano dalla la cugina
Angela Calabrò, le sue figlie Francesca e Virginia, il marito di
Francesca e suo figlio Giovanni, hanno fatto più di tre ore di
viaggio per darmi il benvenuto (andrò anche a casa loro fra due
settimane). La cugina Angela ha giovane età di 102 anni e passa,
credo che sia la persona vivente nata a Fossato nel 1907. E’
fantastico sentirla parlare di fatti vecchi accaduti più di 90
anni addietro nel nostro paese. Parla in dialetto fussatotu DOC
intervallato ogni tanto da un inglese con accento nostrano. Un
pranzo lunghissimo con abbondanza di dolci e gelato e caffè
finale. Nel primo pomeriggio arrivano altre persone, le amiche
delle mie cugine e faccio fatica a rispondere a tutte le domande
che mi fanno, l’argomento è l’Italia e la Calabria in
particolare. Mi fanno anche qualche domanda sul nostro Premier
Berlusconi ma preferisco non rispondere. Con Carl abbiamo preso
l’abitudine di concludere con un’ottima grappa ogni nostro
pasto. Mi aveva portato presso una bottiglieria autorizzata a
vendere anche alcoolici e mi ha chiesto quale fosse il miglior
vino e la migliore grappa italiani esposte sugli scaffali. Dopo
un rapido sguardo gli indico le bottiglie: un ottimo “Brunello
di Montalcino” ed una magnifica grappa di moscato. Se le fa
incartare e paga alla cassa. Riesco a vedere l’importo pagato,
supera abbondantemente i 100 dollari americani, ce le berremo
insieme! Avevo deciso di partire il sabato pomeriggio e
raggiungere in treno il mio amico Totò Iannò a Syracuse, 150
miglia ad est di Buffalo, poco più di due ore di macchina, ma le
mie cugine mi convincono a stare ancora altri tre giorni, il
martedì mi avrebbero accompagnato loro. Avviso Totò e decido di
rimanere ancora qualche giorno. La domenica mattina, di buon’ora
mettiamo sui fornelli il sugo all’italiana che mi sono offerto
di cucinare, poi verso le 9.30 andiamo a messa con i cugini
Nancy Maria e Carl. La chiesa e quasi dall’altra parte della
città e le cugine continuano a frequentarla perché è stata
sempre la loro parrocchia e lì hanno lavorato e ancora lavorano.
Dopo la messa è abitudine consumare caffè, bevande calde e
assaggi di dolci che ogni parrocchiano porta tutti insieme nella
sala parrocchiale. Vengo presentato a tantissimi amici e
conoscenti, parlo in diverse lingue, un poco di inglese, un poco
di francese e tanto spagnolo, con il parroco riesco a formare
qualche frase in latino, nel complesso non è stato un problema.
L’amicizia dimostratami da tante persone sconosciute mi lascia
meravigliato, tutti vogliono conoscere la mia storia e il motivo
del mio viaggio, e una volta venuti a conoscenza si
complimentano con me con abbracci e pacche sulle spalle. E’
abitudine americana consumare il pasto principale verso le sei
del pomeriggio, a mezzogiorno un piccolo break. Si comincia a
preparare la tavola con abbondante anticipo, me ne accorgo che i
coperti sono tanti. Alla spicciolata arrivano tutti i figli e
le relative famiglie. Paula con il marito Randall, Marc con la
moglie Angela e il figlio Giuseppe, i genitori di Angela, Linda
e Carl, Nancy e Antonietta e poi poco prima di cena quattro loro
amiche, tutte orgogliosamente di origine italiana, sono venute a
salutarmi ed augurarmi buon viaggio. La cordialità e la
semplicità di tutte queste persone, parenti e non, è disarmante.
Resto imbambolato ed emozionato per tutta la serata. Il lunedì
andiamo prima al cimitero a vedere dove sono sepolti zio Nunzio
e zia Caterina e poi passiamo da casa di Paula. La giornata
passa velocemente e preparo la valigia per la partenza.
Martedì mattina alle 9,30 si
parte direzione Syracuse, mi accompagnano Maria, Carl e Nancy.
Verso mezzogiorno arriviamo a destinazione e chiamo Totò, arriva
al punto di incontro in meno di cinque minuti, gli presento i
miei cugini e li invita a casa. Dopo un caffè, qualche biscotto
e prima di andar via, Maria mi confessa di essere preoccupata
per me; ha paura che mi perda negli aeroporti o nelle stazioni
ferroviarie dal momento che non capisco e non parlo l’inglese.
La tranquillizzo e le confesso che capisco abbastanza la lingua
se il mio interlocutore parla piano e che le frasi
indispensabili per chiedere all’occorrenza informazioni riesco a
dirle. Con Totò prepariamo una veloce spaghettata, la moglie
Maria è a scuola, insegna musica e ritornerà sul tardi. Mi
racconta del suo lavoro e mi chiede quale è il mio itinerario
nel proseguo del viaggio. Gli espongo il mio programma e appena
sente che farò tappa a Los Angeles, mi invita a Las Vegas dove
andrà a passare le vacanze fino a poco prima natale. Arriva
Maria ed è una festa, avevo avuto occasione di conoscerla e
vederla in Italia due o tre volte. Totò ogni tanto torna in
Calabria e ci incontriamo. Da giovani abbiamo lavorato insieme
presso un Istituto di Reggio, facevamo gli assistenti a dei
ragazzi disadattati e la nostra amicizia è rimasta salda e viva
nel tempo. Per non intralciare la sua occupazione mi offro a
dargli una mano nei giorni in cui sono suo ospite e mi porta al
lavoro con lui. Una mattina chiamo un amico comune in Italia e
senza dirgli niente faccio parlare direttamente Totò con lui,
dopo le prime parole lo riconosce nonostante siano passati quasi
30 anni, è Peppe Spizzica compagno di lavoro per qualche mese in
quell’Istituto di Reggio. La sera di giovedì andiamo a mangiare
presso un ristorante italiano e mi fa fare un giro turistico per
la città. La colonia italiana è molto numerosa e me ne accorgo
dalle insegne dei negozi e dall’immancabile tricolore esposto
all’esterno degli stessi. Venerdì si parte alla volta di Albany,
mi aspetta Frank Sainato, altro amico nato a Gioiosa Ionica e
conosciuto tramite internet. Dopo due ore di viaggio siamo
davanti alla casa di Frank, ci accoglie all’italiana prendiamo
il caffè insieme a Totò e dopo riparte per ritornare a casa. In
attesa della moglie che lavora facciamo un giro per la città mi
fa conoscere i suoi fratelli che hanno un ristorante in centro e
rientriamo a casa che è quasi buio. Mentre ceniamo mi racconta
la sua storia italiana e americana. La nostalgia per la terra
natia è molto forte e lo dimostra la cornice della targa della
sua macchina su cui è scritto Gioiosa Ionica. E’ sempre una
bella storia, le prime difficoltà in terra straniera, poi
l’adeguamento alla nuova società, il lavoro, la famiglia, i
figli i nipoti. Tutto splendido nel racconto e nei fatti. La
mattina dopo con la moglie mi accompagna fino a a metà strada,
nello stato di New York dove verrà a prendermi Virginia dalla
Pennsylvania.
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