"FUSSATOTI RITORNATE VIRTUALMENTE ALLE VOSTRE ORIGINI"

LE PALUDI NELL’AREA IONICA REGGINA

  

 La costa  ionica di Reggio Calabria, città compresa, si trova in una situazione dinamica  e da molto tempo oggetto di attenzione  (vedi gli studi di E. Cortese , sulla descrizione geologica della Calabria).

Una interessante risorsa ambientale che è stata consumata dalla cementificazione edilizia, è quella delle  paludi nella costa ionica. Esse rappresentano un processo di equilibrio idrogeologico nell’ambiente, mediante gli ecosistemi integri che fungevano naturalmente come serbatoi per le acque di precipitazione, dolci o salmastre. Un esempio evidente nella costa ionica reggina è il laghetto di Saline I. dove vi sono residenti stanziali degli uccelli migratori (aironi, starne, ecc.) provenienti dall’Africa in primavera, a dimostrazione delle nobili condizioni del sistema ecologico naturale  tuttora conservato,  sebbene vi siano stati già dagli settanta insediamenti industriali senza possibilità di sbocco culturale od economico.  Su questa premessa si basa l’articolo che vuole  proporre lo studio dell’ambiente biologico  delle paludi costiere  sotto l’aspetto medico idrogeologico, attraverso gli indicatori dell‘inquinamento dell’aria , dell’acqua e del suolo.

La formazione delle paludi  è dovuta all’annullamento dell’attrito tra le piccolissime particelle di limi e sabbie fini, a causa dell’acqua che occupa così gli interstizi tra i granuli di sabbia e materiali limosi . La formazione delle aree paludose nella  costiera ionica reggina è un fenomeno particolare e va approfondito in quanto, i materiali eluviali che sono apportati dalle fiumare determinano delle condizioni eterogenee e apparentemente  stabili nei terreni. I vari movimenti  eustatici di sollevamenti ed abbassamento delle aree marine, con successivi ingressi da parte del mare , durante i periodi mio – pliocenici  hanno formato degli arcipelaghi, con delle insule  che erano delle vere e proprie zattere galleggianti. Le successive sedimentazioni con il ritiro del mare, creavano delle lingue sottili continentali che univano queste isole, creando dei delta a zampa d’oca. Su di essi, vivevano le civiltà  litiche  e dei metalli  con  i tipici villaggi di palafitte. L‘ambiente insediato  comunque dal punto di vista geologico, è stato sempre  sollevato da dei cuscinetti interstiziali che in realtà ancor oggi, esistono sotto le aree urbane, sollevandosi o ritirandosi in dipendenza dalle azioni di piena e magra delle acque. Oggi possiamo osservare degli  ambienti residui di tali condizioni, con uno sviluppo della flora palustre papiro, canne e fauna di invertebrati e vertebrati. L‘interesse per conservare questa aree deriva dalla necessità di avere delle finestre di studio su questo mondo sedimentario. Dal punto di vista biologico è importante riferire degli effetti di depurazione delle acque mediante le piante con le radici a rizomi , canne palustri ed altre piante erbacee . Gli effetti depurativi in realtà sono noti, ricordiamo lo studio dei prati a marcite, come depurazione delle acque nere nella Città di Milano da parte di Leonardo da Vinci, sotto la nobiltà sforzesca.

Un fenomeno che s’innesta dal punto  di vista geologico alle condizioni instabili dei terreni della costa marina è il bradisismo, lento abbassamento del terreno a causa degli effetti gravitativi delle rocce e delle leggi isostatiche. Naturalmente lo sviluppo di tali perturbazioni di equilibrio avviene in tempi geologici, tuttavia fenomeni di subsidenza improvvisa, ci possono indicare qualcosa di tali eventi. Le spinte idrostatiche che si creano, riescono a compensare gli effetti dello squilibrio  gravitativo, così ci possiamo rendere conto dei complessi fenomeni fisici che ed isostatici che stanno alla base della formazione delle paludi. E‘ quindi affascinante studiare le condizioni e gli ambienti biologici in un campo puramente sperimentale per poter acquisire dei dati scientifici che ci possono indicare le origini del nostro ambiente e che ci diano una risposta riguardo la nostra stessa relazione con l’ambiente naturale.

 Reggio Calabria 27/01/2005                 Leonardo Tripodi    

   

Il problema idrico  nel terzo millennio

    Emerge nel terzo millennio il problema idrico che ogni nazione dovrà affrontare , da adesso  fino ai   prossimi decenni.  L ‘umanità secondo lo scienziato   R..P. AMBROGGI  già consigliere della FAO, altrimenti  verrà condotta in guerre per l’acqua. In questo quadro emerge in maniera netta la necessità di gestire il ciclo dell’acqua in modo tale da impedire le calamità siccitose o le prolungate precipitazioni, conseguenze delle modifiche climatiche globali.  E‘ un esempio a riguardo il vortice  circumpolare nordico, calotta dei venti che ruotano intorno al Polo N ad alta quota, da ovest verso est. Il bordo inferiore del vortice si  sposta verso sud e in conseguenza le aree ad alta pressione si spostano verso sud impedendo alle piogge monsoniche di avvicinarsi a quelle regioni in cui esse sono vitali per la sopravvivenza di centinaia di milioni di persone.  India, sud est asiatico ecc.  Esse cadono  sugli oceani o su aree che hanno già a sufficienza piogge  I grossi vortici ciclonici che si abbattono frequentemente sulle coste pacifiche ed indiane risultano alimentati da queste modificazioni, anche se ancora vi sono studi in corso per poter comprendere la complessità di questi fenomeni .  Secondo studi particolari per i regimi idrici, la Natura mette nel ciclo idrico circa 12000 chilometri cubi di acqua attraverso i serbatoi del sottosuolo, per formare la portata base dei fiumi.  La prevenzione di crisi alimentari richiederà in futuro una gestione dell’acqua su una scala molto più vasta di quella praticata dalle varie nazioni finora. E’ possibile prevedere [1]  la necessità di un grande aumento dell’irrigazione e del trasferimento d’acqua tra bacini fluviali e perfino tra continenti.  I responsabili che si occupano della gestione delle risorse idriche , fanno una netta distinzione tra risorse rinnovabili e risorse non rinnovabili . Il ciclo convenzionale si riferisce alle risorse rinnovabili che ammontano a circa 500.000 mila chilometri cubici l’anno . Le risorse non rinnovabili    hanno un volume di 1,5 miliardi di metri cubi. Esse sono immagazzinate in tre serbatoi:  1 – gli oceani  97,3 %,  2 -  i continenti  2l7 % , 3 – l’atmosfera  0.0001 per cento .  La differenza in realtà tra risorse rinnovabili e non rinnovabili, consiste nella velocità con la quale l’acqua  si muove attraverso il ciclo in questione. Le risorse definite rinnovabili  hanno un transito piuttosto rapido, mentre quelle non rinnovabili scorrono con lentezza estrema. Nella profondità degli oceani ad esempio il  tempo  di residenza di una massa d’acqua può superare 1000 anni. L‘acqua presente nel serbatoio costituito dall’atmosfera può avere un tempo di residenza di  10 giorni. Su scala mondiale il problema che si pone all’umanità non è la mancanza  d’acqua dolce, bensì la mancanza di sistemi efficienti per utilizzare l’acqua disponibile.  L' esigenza di  produrre  una quantità maggiori di beni alimentari continuerà sempre a farsi sentire e potrà essere soddisfatta soltanto  assicurando l’approvvigionamento di acqua alle zone agricole. L’umanità potrà risolvere il problema dell’acqua se le autorità governative saranno disposte ad impegnarsi nell’appropriata gestione delle loro risorse idriche e in particolare delle loro riserve di acqua freatica. 

L. Tripodi


[1]  Cfr   Serbatoi sotterranei  Le Scienze A   sett  77  numero 109  .