Giorni fa un amico
mi chiese la stampa di una fotografia pubblicata sul sito. Per la
precisione, quella degli
insegnanti della Direzione Didattica di
Montebello che risale a meta degli Anni Sessanta. Un
anziano zio vedendosi ritratto aveva chiesto al nipote di
procurargliela. Incuriosito gli domandai chi era e con grande
stupore seppi che si trattava del professore Nino Pizzichemi (U
Figghjiolu), nostro compaesano, ex insegnante ed ex sindaco di
Montebello negli Anni Settanta. In pochi minuti consegnai all’amico
la stampa della foto.
Il giorno appresso,
con i ringraziamenti del professore, mi giunse l’invito ad andarlo a
trovare. Qualche sera dopo mi presentai alla sua porta. Mi ricordavo
perfettamente di lui, per giunta lontano parente, ma non pensavo che
mi riconoscesse. Accogliendomi insieme alla moglie, emozionato fin
quasi alle lacrime, mi abbracciò e mi si rivolse convinto con il
nome di mio padre, Peppino.
“ Non so il tuo
nome, non mi ricordo di te, ma sei la copia perfetta di tuo papà e
non ho avuto dubbi su chi appartieni”.
Francamente durante
l’incontro mi sentii subito a mio agio e il vecchio professore si
dimostrò tra l’altro bene informato del sito internet elogiando il
nostro lavoro.
La visita aveva
anche lo scopo di farmi raccontare fatti di almeno sessanta o
settanta anni fa, di cui avevo sentito parlare vagamente, ma che non
potevano avere conferma se non da chi li aveva vissuti. Chiesi
quindi di alcuni
soldati fossatesi mandati in
Africa, in Russia, in Grecia e che non fecero più ritorno, chi
disperso e chi morto. Gli proposi un nome:
Domenico Mercurio. Gli
occhi del professore si inumidirono.
“Era un mio
carissimo amico”, disse con le parole spezzate dalla commozione.
“Aveva qualche anno più di me. Abitava in via dei Martiri, nella
casa accanto al forno dei miei genitori. Faceva il sarto e lavorava
con il fratello Bruno in una bottega della piazza della chiesa. Era
un giovane alto e robusto, di carattere molto sanguigno... Disperso
nella Campagna di Russia”.
Poi parlò di sé e mi
raccontò di quando, soldato non ancora ventenne, andò in guerra.
L’avviso della partenza gli aveva dato appena il tempo di salutare i
familiari. Ventiquattro ore dopo era già imbarcato a Messina,
destinazione
Tripolitania. Il ventesimo compleanno lo festeggiò a Tobruk, il ventunesimo a El Alamein, il ventiduesimo a Bengasi. Dopo
quattro anni tornò finalmente a casa, mise su famiglia e intraprese
la carriera di insegnante. Si diede anche alla politica, fu uno dei
rappresentanti di spicco del Partito Socialista a Fossato e fu pure
sindaco per un breve periodo.
Parlammo anche
d’altro e mi raccontò di quando Garibaldi passò dal paese. Sbarcato
nel 1862 tra l’abitato di Annà e quello di S. Elia, proseguì per
l’Aspromonte lungo la fiumara di S. Elia. Si fermò una notte a
Calamaci, ospite di nostri paesani (i fratelli Calabrò?) che erano
garibaldini e avevano ingaggiato una furiosa battaglia - numerosi i
feriti e forse un morto - con una facoltosa famiglia di estrazione
borbonica e avversa a Garibaldi (i Gullì?).
Raccontò poi delle
origini di Fossato e della sua importanza strategico-militare in
epoca romana. Qualche decennio prima della nascita di Cristo, dopo
l’uccisione di Cesare in Senato, le legioni di Ottaviano
combattevano in Africa, in Grecia, in Asia Minore e in Sicilia
contro l’esercito di Marco Antonio. Il luogo prescelto per l’imbarco
e lo sbarco delle truppe era Leucòpetra, l’antica città greca che si
trovava alle Rocche del Capo, l’attuale Capo d’Armi. A quel tempo
gli spostamenti via terra non avvenivano lungo la costa, ma passando
per le montagne. Si percorreva una strada che partiva da Rheghion,
l’antica Reggio, e raggiungeva la Locride attraversando i luoghi
degli attuali Rosario di Valanidi, Fossato, Bagaladi, S. Lorenzo,
Roccaforte, Bova. L’utilizzo di questa strada interna era obbligato
perché
la costa era paludosa e malarica
e soggetta a improvvisi e
pericolosissimi attacchi nemici dal mare. Così come le altre
località, Fossato era una stazione di posta, ultima sosta prima
dello scollinamento della montagna di Sant’Antoni e la discesa alla
fiumara di Valanidi passando per Allai e Musieti.
Secondo il racconto del professore, la
stazione di posta di Fossato fu attiva fino a tutto il XVIII secolo.
Con molta probabilità si trovava a Gurgori o a Sant’Anna, in una
posizione difendibile militarmente e riparata dalle avversità
atmosferiche. Fu attorno alla stazione che si sviluppò nel tempo il
primo nucleo del paese.
Nel lasciarci con la promessa di futuri
incontri, il professore Pizzichemi mi diede un libro che trattava
del censimento onciario di metà del Settecento.
Secondo i dati di questo censimento, Fossato
contava all’epoca circa 150 fuochi. Per fuochi si intendevano le
famiglie e le loro abitazioni. Facendo un po’ di conti, conteggiando
quattro persone a fuoco, tra famigliari e conviventi, la popolazione
di allora poteva contare circa seicento persone. Gli abitanti erano
suddivisi in base allo stato sociale in tre categorie:
-
miglioribus,
appartenenti allo strato più alto, in genere i grossi
proprietari terrieri, gli appartenenti al clero e i proprietari
delle filande;
-
mediocribus,
i proprietari di greggi, di mandrie, ancora meglio definiti come
massari, che gestivano le proprietà dei miglioribus servendosi
della manodopera degli inferioribus;
-
inferioribus, i braccianti agricoli, i contadini senza
proprietà e casa propria, a servitù presso i massari.
Si registrava
inoltre la categoria dei piccoli artigiani, quali ferraioli,
falegnami, conciatori di pellami, che si industriavano nella
costruzione di attrezzi agricoli, finimenti per le cavalcature,
cordami vari.
Non ci sono notizie
circa l’esistenza di piccole officine o botteghe.
Una curiosità: le
figlie femmine, dall’età di circa dieci anni fino a che non venivano
maritate, venivano definite “de capillis”.
Solo pochissimi avevano accesso
all’istruzione, per lo più i primogeniti dei miglioribus, i quali
coadiuvavano i padri nella gestione delle proprietà e ne erano gli
unici eredi. Gli altri figli venivano avviati alla vita clericale o
alla carriera militare. Le femmine erano destinate a vantaggiosi
matrimoni con i rampolli di facoltose famiglie o avviate alla vita
monastica.
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IL PROFESSORE NINO STILLITTANO
Dopo il Professore Pizzichemi,
l'altra sera sono stato a trovare il Professore Nino Stillittano. In
verità era stato lui in persona un anno fa a contattarmi. Suo figlio
gli aveva fatto vedere su internet alcune pagine del sito e
compiaciuto di quello che stavamo iniziando a fare mi ha telefonato.
All'inizio mi aveva scambiato per mio fratello maggiore, poi
forzando la memoria si è ricordato anche di me, perchè negli anni
'60, studente di liceo abitavo in una casa a circa cinquanta metri
dalla sua e passavo il tempo libero a giocare al pallone sulla
strada davanti casa anche con suo figlio mio coetaneo. L'ho chiamato
al telefono ed anche lui mi ha invitato a casa sua. Rivederlo dopo
circa 37 anni è stato emozionante, il mio scopo era di farmi
raccontare, riferire della sua gioventù, delle sue lotte politiche,
dei suoi impegni per la provincia di Reggio e di Fossato in
particolare. Anche a lui ho chiesto di tanti giovani fossatesi
dispersi o morti in guerra, suoi coetanei e magari anche vicini di
casa. Oltre che a confermare quanto mi aveva detto su Mercurio
Domenico il Prof. Pizzichemi, mi ha raccontato di un altro giovane
disperso in guerra, non ricorda bene se in Albania o in Grecia.
Questo giovane si chiamava Domenico Scaramozzino figlio di Salvatore
Scaramozzino e di Caterina ??, fratello di Carmelo Scaramozzino
(cognato di cumpari Peppi 'i Micheli), emigrato in Francia subito
dopo la guerra. Nel ricordare i numerosi impegni e le lotte della
sua gioventù, le infinite candidature come capolista del P.C.I. al
Comune di Montebello ed in tantissimi altri comuni, ha avuto modo di dirmi
con nostalgia che ormai le cose sono
cambiate, non sono più quelle di una volta, la politica è diventata
convenienza. Mi ha riferito delle inimicizie politiche tra paesani,
che finivano solo con la politica e che poi tra di loro (anche se
magari si guardavano di traverso) si
rispettavano, e si stimavano reciprocamente nonostante fossero avversari. Ha
ricordato i nomi dei suoi compagni di lotta e di partito come Sarbu
Billari, Peppi Nesci, dei suoi avversari come Il Prof. Scaramozzino,
il Medico Gullì, e tanti altri che negli anni 50/60 fecero la storia
di Fossato. Anche lui insegnante, nell'immediato dopoguerra si
trasferì a Reggio dove tuttora vive. Ci siamo lasciati con l'impegno
di rivederci e che ci avrebbe procurato altro materiale molto utile
al sito. Ritengo doveroso ricordare il suo impegno e la sua
militanza politica, la sua carriera e le sue opere.
Nato a Fossato Ionico il 16/02/1919,
Insegnante in pensione, ex Combattente in Africa e Grecia e Partigiano in
Albania. Dirigente del P.C.I. più volte Consigliere Comunale a Montebello,
Reggio Calabria, Rosarno, Consigliere Provinciale per quindici anni eletto nella
lista del P.C.I.. Vicepresidente e Presidente f.f. del Co.Re.Co. per oltre
dieci anni autore di numerose pubblicazioni di carattere politico e di
due libri:
"Era l'anno del sole non quieto" (2002) e Reggio Capoluogo: Fu vero
scippo? (2005)
editi da "Citta del Sole".
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