UNA STORIA FANTASTICA, SENZA PRETESE, MA VEROSIMILE
Cap. 5 Il XX secolo e la profonda crisi del mondo greco-calabro
Il più qualitativo interesse del mondo scientifico e culturale verso i greci di Calabria che si generò soprattutto nella seconda metà del ‘900, non riuscì ad incidere socialmente intervenendo sull’irreversibile crisi della lingua grecanica. “Grecanico” (“Piccolo” greco, greco “minore” a rilevare il carattere dialettale della lingua locale differenziandola dal greco della Madrepatria, il Neogreco) è in ogni modo un’espressione di origine colta. I greci di Calabria definiscono sé stessi greki, taluni considerano l’espressione “grecanico” addirittura offensiva preferendo altre dizioni quali: greco di Calabria, greco-calabro, etc.. Il XX secolo portò con sé la crisi del grecanico per le enormi trasformazioni sociali ed economiche che la cosiddetta “modernità” aveva ingenerato nell’area, prime fra le altre le scelte antimeridionaliste dello stato unitario, l’emigrazione e lo spopolamento delle aree interne. Non sono da trascurare inoltre fattori psico-sociali importanti. Difatti già dal ventennio fascista in poi la lingua ed il mondo greco-calabro erano identificati come tratti di arretratezza e di sottosviluppo da “dimenticare” al più presto. I maestri infliggevano umilianti punizioni agli alunni sorpresi a parlare una lingua “straniera” in classe e varie testimonianze confermano che una delle più comuni espressioni, utilizzata per dare dell’idiota a qualcuno nella stessa Bova degli anni ‘30-‘40, era “mi pari nu grecu”. Sicuramente da quel momento storico in poi il grecanico venne identificato dalle stesse popolazioni locali con il sottosviluppo economico e l’emarginazione sociale. Nel frattempo una serie di frane e di alluvioni che dagli anni ‘50 in poi colpirono le comunità dell’interno finirono per disperdere materialmente le comunità medesime e con esse la lingua. I borghi pastorali e contadini venivano “ricostruiti” in anonimi paesi dormitorio sulla costa a decine di chilometri dal sito originario, gli abitanti trasferiti in massa. Questa sorte toccò ad Africo nel 1951 ed a Roghudi nel 1972. Ma sia pressoché contemporaneamente Gallicianò che anni dopo la stessa Bova (frane nel 1972/73 e terremoto nel 1978) non furono esenti da tentativi di trasferimento completo dell’abitato più o meno fondati su disastri naturali o appoggiati da speculazioni politiche. E’ da considerarsi miracolosa la resistenza degli abitanti nei pochi borghi ellenofoni che oggi sopravvivono nell’interno in particolare per le difficili condizioni logistiche (oltrechè economiche): ancora senza strada asfaltata è Gallicianò, la stessa “capitale morale”, i Chora tu Vùa, Bova è collegata da un impervio tracciato di primo ‘900. Attorno al 1920 il greco di Calabria scompariva da Cardeto per poi limitarsi a cavallo delle due guerre ad Amendolèa (Amiddalia), Bova (Vua), Gallicianò (Gaddicianò), Condofuri (Condochuri), Roccaforte del Greco (Vunì), Roghudi (Richùdi).Sicuramente scomparve ancor prima dall’uso quotidiano anche a Pentedattilo, Palizzi, Staiti, Brancaleone e la stessa Africo fra XIX e XX secolo anche se dati precisi in tal senso non sono a nostra conoscenza. Oggi il greco di Calabria è parlato dalle fasce generazionali anziane di Bova, in modo più diffuso ma frammentato e quasi mai pubblico a Gallicianò ed a Roghudi Nuovo. In casi oramai isolati a Condofuri ed Amendolèa. Si può considerare scomparso da Roccaforte. Si deve comunque alla fondamentale attività del grande filologo tedesco Gerhard Rohlfs (Berlino 1982 – Tubinga 1986) ed alla sua capillare ricerca “sul campo” se molto del patrimonio linguistico ellenofono è stato salvato. La sua attività già a partire dagli anni ‘20 finì, in particolare dopo la guerra, per aggregare intorno a sé ed ai suoi fondamentali scritti tutta una serie di giovani entusiasti sia in Italia che all’estero. Sin dagli anni ‘60 assolutamente rilevante fu l’attività di ricerca e di animazione di un gruppo di giovani storici e filologi calabresi che diede successivamente vita sia all’Associazione Culturale “Calavrìa” (1986) che al periodico “La Jonica” (edito dal 1969 al 1980), in particolare Domenico Minuto, Franco Mosino e Velia Critelli. Gli anni ‘50 rappresentarono un autentico momento di fioritura degli studi sui greci di Calabria, da Rossi Taibbi e Caracausi a Benito Spano al greco Karanastasis che con i cinque volumi del suo “Vocabolario Storico dei Dialetti Greci dell’Italia Meridionale” contribuì alla sistemazione del prezioso bagaglio linguistico dei greci di Calabria e di Puglia. Gli anni ‘60 e ‘70 furono comunque decisivi per la nascita di una coscienza collettiva da parte dei greci di Calabria circa l’importanza del proprio patrimonio linguistico. Iniziarono così a nascere una serie di associazioni culturali che saranno poi più o meno attive nel sostenere il recupero e la salvaguardia delle radici culturali. Fra le varie associazioni culturali nate nel tempo segnaliamo come particolarmente attive “Kum.el.ka” di Gallicianò e “Ialò tu Vùa” di Bova Marina. La legge di tutela delle minoranze etniche (15 dic. 99 n. 482) apre nuove prospettive per i greci di Calabria. Fra gli altri progetti ci si augura che prenda ufficialmente l’avvio l’attività dell’I.R.S.S.E.C. (Istituto Regionale Superiore Studi Elleno Calabria) di cui per il momento esiste già la struttura a Bova Marina. (Riferimenti: www.ntacalabria.it)
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