"FUSSATOTI" RITORNATE VIRTUALMENTE ALLE VOSTRE ORIGINI"

 

 

 

LA PALESTRA A FOSSATO IONICO

Capitò anche che, successivamente, venne anche Giovanni (purtedha), anche lui palestrato, e gli attrezzi furono trasferiti a casa sua, “e mancusi”, oltre il torrente  San Pietro  solo per qualche settimana, perché anche Giovanni voleva mantenere la forma. In tutti questi spostamenti diversi ragazzi della nostra età, ed anche più grandi ci seguivano più per la curiosità di vedere Giovanni, che abbastanza allenato sollevava i pesi come fossero fuscelli. Quando poi la palestra ritornò al Casaluccio ci rendemmo conto di essere abbastanza forti, tanto che i pesi a nostra disposizione non erano più sufficienti se volevamo ottenere migliori risultati. Nino si era molto irrobustito, e qualcuno, constatando la sua forza e la sua grinta si lasciò scappare la frase: “Guardatelo sembra un Gorilla”. Appellativo che gli rimase, tanto che per individuarlo, veniva chiamato Nino “u Gorilla”,. Nino non si offese  allora, né si offende ora, dato il suo buon carattere. Anch’io ebbi il mio soprannome. Me lo appioppò il nostro amico Leonardo Tripodi (Dinu du medicu Tripodi da chiazza). Mi soprannominò niente di meno che “Maciste”, mitico eroe cinematografico dell’epoca. Anche perché, contemporaneamente, ci iscrivemmo insieme alla gloriosa palestra reggina “Fortitudo 903”, a fare lotta greco-romana, senza però abbandonare la nostra dilettantistica palestra a Fossato. Nel frattempo fortificati dagli allenamenti i pesi che avevamo a disposizione non furono più sufficienti ed allora Nino Giardiniera detto Gorilla, ma per me Conte De Giarden, da figlio unico ottenne dal padre l’acquisto di  attrezzi più specifici per gli allenamenti: 2 manubri, un’asta metallica da 10 kg  per il bilanciere, dischi in ferro verniciato di varie dimensioni e peso ( per un totale di 130 kg), 2  scarpe di ferro (ed anche un'automobile sportiva 124 Abarth Sport Spider). Per  le panche e le panchette ci arrangiavamo con i banchi e i “bancaredhi” di casa. Riviste e libri più appropriati per la guida agli allenamenti. Palestra aperta a tutti  nelle sue varie sedi, da quella in via IV Novembre nell’ex sede del PSI accanto al bar di  compare don Nato Morabito, a quella di via Uliveto nella casa disabitata di commare Catedha Morabito (i munghò), a quella di via Fossatello nella casa du cuginu Mico Zampaglione (u ciolu), a quella della mia vecchia casa du casalucciu. La nostra era un a palestra mobile, ma era la nostra palestra. I nostri allenamenti ci aiutarono a forgiare non solo il fisico ma anche il carattere , la volontà, e la consapevolezza di non doverci e di non dover mai fare del male.

Tanti amici (palestranti) ci  seguirono, il più tenace fu Bruno Tripodi, “Brucculà”, anche per lui senza offesa. In tre era un faticare e divertirsi, anche a fare scommesse. Sapevamo che Nino era il più forte, ma quando facevamo le alzate massime ogni settimana adottavamo il metodo della proporzione, cioè rapporto peso corporeo per peso alzato, e qui Bruno ci fregava sempre, anche se sollevava meno di noi, perché era più leggero di due kg. E Nino ed io a pagare il the ogni settimana al bar di “don Nato”.

Quanti ricordi riaffiorano. L’impegno di far dimagrire Melino Morabito, ora Dottore a Roma,  imbottendolo di tute per farlo sudare. Impresa impossibile, perdeva un paio di kg in qualche settimana, e ne riprendeva tre in quella successiva. I gelati che faceva suo padre, cumpari don Nato, erano troppo buoni e lui non doveva certo pagarli e non pagava neanche quando andava a bottega da sua madre, lì, sotto il bar.

Chiunque veniva voleva cimentarsi con i pesi, e noi consentivamo un’alzata massima uguale al peso di ognuno, se ce la facevano, per evitare strappi. Senza allenamenti, in pochi ci riuscivano, anzi più di uno che credeva di avere molta forza, ne usciva ridimensionato. Qualche ricordo: Mimmo, il Ragionere Ficara, volle provare i 60 kg ma non ce la fece, perché era a corto di ossigeno, sosteneva. Ebbene si ossigenò con una “nazionale senza filtro”,  e poi con grande sforzo e tremore di pancia ce la fece. Grande volontà.

Peppe Spizzica, Pepè, riteneva che se una persona alza 65 kg, può alzare anche 70, contrariamente a quanto dicevamo noi esperti, che ognuno di noi ha un limite massimo oltre il quale non si riesce ad andare. Ha voluto provare lo stesso. Risultato: 65 sì, 66 no,  nonostante diversi tentativi, come volevasi dimostrare e amici come prima.

Mimmo Tripodi, “Nitti” per gli amici, venne a trovarci mentre facevamo distensione su panca. Fatemi provare che alzo 70 kg. Ma no, Mimmo, non ce la fai neanche con 20 sulla panca. Scommise il the per tutti. Steso sulla panca gli preparammo il bilanciere: asta da 10kg più 2 dischi da 5 per un totale di 20. Steso a braccia alzate, gli porgemmo il peso raccomandandogli di tenere le mani  accostate l’una all’altra.                                    

 

 

 

 

"I palestranti"

 

Ciccio - Paolo

Bruno - Melino

 

 

 

 


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